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Pardo d’oro: la Svizzera in lizza con un giallo

Un giallo che mette a confronto due generazioni

Complices, del regista vallesano Frédéric Mermoud, è l'unico film elvetico in competizione al Festival del Film di Locarno. Una coproduzione franco-svizzera che si contende il Pardo d'oro con altri 17 lungometraggi.

«Ritengo che la finzione debba essere trasgressiva, confrontarsi con i nostri limiti, le nostre norme, anche solo per interrogare il mondo e noi stessi», confessa Frédéric Mermoud nel dossier che accompagna l’uscita di Complices.

Un film che guarda alla Francia, come accade spesso ai giovani registi romandi in cerca di maggiore visibilità. Coproduzione franco-svizzera, il suo primo lungometraggio è l’unico a rappresentare la Confederazione nella competizione per il Pardo d’oro.

Dopo la coppia Isabelle Huppert e Olivier Gourmet in Home di Ursula Meier, è sul duo Emmanuelle Devos e Gilbert Melki che punta quest’anno Complices.

La trama? Un’inchiesta poliziesca attorno alla morte del giovane Vincent, il cui corpo viene ripescato dalle acque del Rodano. La sua ragazza Rebecca, conosciuta qualche mese prima in un cyber-café, è data per dispersa. Spetterà al commissario Hervé Cagan e alla collega Karin Mangin ricostruire il percorso di questi due adolescenti e risolvere il mistero che li accompagna.

Amori adolescenziali

Passione, prostituzione, crimine e suspense: Tutti gli ingredienti classici di un film poliziesco si ritrovano in Complices. Frédéric Mermoud sottolinea però anche il lato umano della sua opera, quella riscoperta dell’amore adolescenziale che in passato aveva già caratterizzato alcune sue pellicole.

Uscito nel 2003, L’Escalier racconta infatti la storia di due giovani che vivono la loro storia d’amore sui pianerottoli di un condominio. A Locarno, il cortometraggio aveva ottenuto un Pardino d’oro ed era stato premiato in una quindicina di altri festival.

Tre anni dopo Rachel – dal nome della protagonista di L’Escalier – era stato proiettato in Piazza grande, offrendo al pubblico la storia di una serata di baby-sitting trasformata in una festa improvvisata.

Volto di un’adolescente innamorata in questi due cortometraggi, la giovane attrice francese Nina Meurisse recita questa volta la parte della misteriosa Rebecca in Complices. Il colpo di fulmine per Vincent, oltre al suo tragico epilogo, serve da pretesto al regista per affrontare il tema del conflitto generazionale.

Collisione di mondi

«Mentre tra i giovani la coppia è vissuta come fusione e godimento, tra gli adulti i personaggi di Gilbert Melki e Emmanuelle Devos rappresentano una specie di non-coppia, attraversata forse dal desiderio, ma che resta insoddisfatto, frustrato», spiega il regista vallesano.

Due mondi che coesistono nel quotidiano, senza conoscersi, e soprattutto senza comprendersi. E mettendoli uno di fronte all’altro, Complices, come ogni giallo che si rispetti, esplora di fatto i limiti psicologici dei personaggi.

«Più l’inchiesta avanza e più Cagan si rende conto di non avere le chiavi per comprendere ciò che è successo. Progressivamente, apprende così a mollare la presa e a sospendere ogni giudizio», prosegue Mermoud.

Altri svizzeri in competizione

Oltre a Complices, il Festival del film di Locarno accoglie anche altre pellicole svizzere. Nella sezione Cinéastes du présent, Richard Dindo presenta The Marsdreamers, un documentario consacrato a quegli americani convinti che l’essere umano debba – un giorno o l’altro – fondare una nuova civiltà sul pianeta Marte.

Nella stessa categoria, Ivul, di Andrew Kötting con Jean-Luc Bideau racconta la storia di un giovane che, accusato dal padre di aver abusato della sorella, decide di andare a vivere sul tetto della sua casa, rifiutandosi di scendere.

Nella sezione Ici et Ailleurs, Wolfgang Panzer presenta Baba’s Song. Questo lungometraggio narra la storia di un bambino di dieci anni, muto sin dalla morte dei genitori, che fuggito dall’orfanotrofio si rifugia per le strade di una città del Malawi. La musica è l’unica cosa che riesca a sottrarlo al suo mutismo e che gli permetterà di farsi scoprire da una delle star del paese, Ben Michael Mankhamba.

Infine, il documentario Dirty Paradise del regista svizzero Daniel Schweizer tratta la catastrofe ecologica e umana che ha colpito i wayana, gli indiani francesi dell’Amazzonia. Le risorse naturali della loro regione sono minacciate dallo sfruttamento intensivo dell’oro, che inquina i fiumi con il mercurio. Un film che ci rivela una morte annunciata, ma non ineluttabile.

Carole Wälti, Locarno, swissinfo.ch
(Traduzione dal francese di Stefania Summermatter)

Origini: Frédéric Mermoud è nato nel 1969 a Sion

Studi: Laureato in lettere all’Università di Ginevra nel 1994

Formazione: Tra il 1995 e il 1999 segue degli studi alla Scuola cantonale d’arte di Losanna (ECAL) e ottiene un diploma di regista audiovisivo.

Riconoscimenti: Nel 2004 riceve il Premio del cinema svizzero per il miglior cortometragggio con «L’escalier».

Filmografia: Frédéric Mermoud ha realizzato finora essenzialmente dei cortometraggi e dei documentari.

2008 – «Parque Vía» di Enrique Rivero, Messico.
2007 – «Ai no yokan» di Masahiro Kobayashi, Giappone.
2006 – «Das Fräulein» di Andrea Staka, Svizzera.
2005 – «Nine lives» di Rodrigo Garcia, Stati Uniti.
2004 – «Private» di Saverio Costanzo, Italia.

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