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Romanzo provocatore di un ticinese al Cairo

Marco Alloni risiede da ormai una quindicina d'anni Al Cairo tsr

Shaitan (Satana) l'ultimo romanzo del ticinese Marco Alloni, residente al Cairo da 15 anni, è in vendita dallo scorso febbraio. In un'intervista a swissinfo.ch, evoca i rischi di finire nel mirino degli integralisti e non risparmia le critiche all'Egitto del nuovo presidente Mohamed Morsi.

Ambientata al Cairo, la storia inizia nel 1972 e si svolge sull’arco di una ventina di anni. Due famiglie, una francese, l’altra egiziana, si confrontano in nome della scienza e della fede. Principale figura del racconto, Satana diventa l’unico detentore della Verità, sostituendosi in qualche modo ad Allah. Il libro dello scrittore e giornalista Marco Alloni può sembrare un atto di coraggio, ma anche una provocazione.

swissinfo.ch: Si parla del suo libro come di una sorta di blasfemo contro l’islam. Lei vive al Cairo da quindici anni con la famiglia. Teme delle ritorsioni?

M. A.: Il rischio esiste e so che, presto o tardi, i musulmani reagiranno al mio romanzo. Ho già avuto qualche avvisaglia negativa, specialmente attraverso Facebook. Bisogna sapere distinguere tra la religione da una parte, la letteratura e la filosofia dall’altra. Sia pure emessa una fatwa per apostasia, ma non si ritenga con questo di aver messo a tacere l’opera. I Versi satanici sopravviveranno alla scomunica di Rushdie: lo stesso mi auguro accada con Shaitan.

È nato il 31 luglio 1967 a Mendrisio (Ticino). Giornalista e scrittore, è direttore della collana “Dialoghi” per Aliberti Editore. Il suo primo romanzo, “La luna nella Senna”, pubblicato nel 1990, gli è valso il “Premio Grinzane Cavour Opera Prima”. È l’autore di una collana pubblicata da Aliberti dal titolo “I dialoghi di Marco Alloni”. Ha anche pubblicato in questi ultimi anni i saggi Lettere sull’ambizione e Ho vissuto la rivoluzione, mentre il saggio L’impertinenza della gelosia e il pamphlet Parla di ciò che sai usciranno a breve. Sono attesi anche i due altri volumi della Trilogia di Dio e del suo contrario, di cui Shaitan è il primo, ossia Aqui estamos e Il libraio di Addis Abeba. Lavora attualmente su un libro di memorie egiziane, Alfabeto cairota, e un lungo romanzo dal titolo I viandanti. Collabora con la rivista “MicroMega” e con la Radiotelevisione svizzera (RSI). Marco Alloni pur essendosi convertito all’Islam per sposare una musulmana, si professa ateo. Da una quindicina di anni risiede al Cairo con la moglie e i due figli.

swissinfo.ch: La paura di eventuali rappresaglie porta a credere che nell’Egitto del dopo Mubarak non vige affatto la libertà di religione o di culto. È così?

M. A.: L’Egitto di Mohamed Morsi presenta i chiari caratteri del dispotismo. Perché pregiudica a priori il fondamento della democrazia, che pone la dialettica, il relativismo come capisaldi della convivenza civile. Ora, nulla è cosi poco compatibile con la globalizzazione come il monolitismo culturale e religioso. Shaitan è una scelta deliberata di dissenso da tale monolitismo.

swissinfo.ch: Da svizzero che, pur professandosi ateo, ha dovuto abbracciare l’islam per potere sposare una musulmana, come vive i cambiamenti in atto nel suo paese di adozione? Quale potrà essere la situazione degli stranieri, non musulmani, in un paese guidato dai Fratelli musulmani?

M. A.: La situazione è preoccupante. Ho cercato più volte di spiegare, nei miei servizi giornalistici, che quella attualmente in atto in Egitto è una situazione di spaccatura sociale e politica che può essere preludio ad una guerra civile. Certo, si può praticare un giornalismo politically correct e descrivere la situazione come effetto di elezioni liberamente concordate. Ma è un approccio fuorviante. Una democrazia non si esaurisce nelle urne, ma deve essere trasversale. E le manovre anticostituzionali di Morsi vanno nel senso opposto. Una ricomposizione sociale sarà quindi possibile solo quando il governo Morsi abbandonerà gli automatismi di regime ereditati da Mubarak.

swissinfo.ch: Oggi gli egiziani rimpiangono Mubarak?

M. A.: Ci sono i nostalgici, come ci sono i nostalgici di Pinochet e quelli di Mussolini. Ma c’è anche quello che viene chiamato hezb el-canaba, il partito del divano: la maggioranza silenziosa che rimpiange, non tanto Mubarak, quanto lo status quo di relativa stabilità e ordine che regnavano sotto l’ex rais. È un atteggiamento tipico in rivoluzione: laddove stenta a produrre i propri frutti si torna a rimpiangere l’ancien régime. Per fortuna a questo qualunquismo di massa si oppone un’avanguardia solida nei suoi propositi e un fronte progressista determinato a non cedere. I governi occidentali dovrebbero sostenerla e incoraggiarla, questa avanguardia, diffonderne le aspirazioni, invece di parlare – con cinismo insopportabile – di “autunno arabo”.

swissinfo.ch: Lei è un intellettuale straniero e ateo in quel paese. Ci sono difficoltà nella sua vita quotidiana?

M. A.: Infinite. Ma sono le difficoltà di chi vive nel Terzo Mondo, non di chi vive in un paese islamico. Bisogna convivere con il caos, l’inefficienza, l’anarchia, la povertà, la disorganizzazione, la burocrazia. È un disagio, ma non lo è l’Islam. La mentalità musulmana non mi hai posto problemi di sorta. Succederà forse adesso, con la pubblicazione di Shaitan, o la sua traduzione in arabo. Ma in 15 anni posso dire di aver convissuto con i musulmani egiziani senza alcun tipo di attrito. Diverso il discorso sul Terzo Mondo. Questo, per chi proviene dalla Svizzera, può portare sull’orlo di una crisi di nervi. Ma per capire questo aspetto bisognerebbe davvero trascorrere qui qualche anno e non accontentarsi della classica crociera sul Nilo!

“Romanzo scandalo sull’Islam, una bestemmia quasi” come recita la scheda di presentazione della casa editrice Imprimatur Editore, è definito da Claudio Magris (Il Corriere della Sera), “un romanzo notevole, uno stile accattivante”. I suoi protagonisti possono sembrare atipici, ma questo scaturisce dal “tono caricaturale del racconto”, dalla “malizia” e dall’“ironia” dell’autore che dà ai membri della famiglia francese dei nomi ambigui, come Aaran, di chiara impronta ebrea, Layos di origine greca, tutti nomi che hanno un’assonanza voluta con i nomi della famiglia egiziana.

swissinfo.ch: Per ora il suo romanzo è in vendita in Ticino e in Italia. Sono previste traduzioni in francese e/o arabo?

M. A.: Devo parlarne con  il mio editore. Sono contento che mi abbia chiesto se sono previste traduzioni in queste due lingue e non in inglese. Arabo e francese sono infatti i destinatari naturali di una traduzione del mio romanzo. L’arabo per ovvi motivi. Il francese perché la comunità islamica francofona è la più consistente in Europa e, in ogni caso, i rapporti fra Francia e Maghreb sono, anche storicamente, fondamentali. In Francia il dibattito culturale sull’Islam è molto più solido e significativo che in Italia.

swissinfo.ch: A parte la famiglia, cosa trattiene Marco Alloni al Cairo?

M. A.: Tutto quello che mi ha spinto a lasciare la Svizzera. Poter fare la spesa alle 3 di notte, poter  uscire a fumare una shisha alle 4 di mattina, godere del sole dieci mesi all’anno, vivere tra una popolazione allegra, riconoscere il mio privilegio e rispettare la povertà, avere il più bel mare e il più bel deserto del mondo a portata di mano… Ma soprattutto: scrivere lontano da tutti, essere libero. Almeno finché i salafiti me lo permetteranno. E adesso essere vicino a chi sta cambiando la storia…

swissinfo.ch: E invece cosa rimpiange della Svizzera?

M. A.: Le comodità. La Svizzera è un paese efficiente, funzionante: qualità che le valgono una posizione invidiabile per tutto ciò che attiene ai rapporti lavorativi. Ogni volta che rientro in Ticino apprezzo la rapidità e la professionalità con cui operano il settore pubblico e quello privato. Un fax che non funziona in Svizzera potrebbe causare un putiferio, in Egitto invece è la norma. Ecco, questo rigore e questa serietà mi mancano, anche se talvolta pregiudicano quella capacità – che ha l’Egitto – di saper improvvisare.

La “rivoluzione egiziana del 2011” o “rivoluzione del Nilo” è stata provocata da un ampio movimento di protesta e contestazione al regime trentennale del presidente Hosni Mubarak, messe in atto in Egitto a partire dal 25 gennaio 2011. Inizialmente la protesta, ispirata a quelle della “primavera araba” era pacifica. Ha poi assunto toni violenti, sfociando in scontri che hanno provocato numerose vittime, civili e militari.

L’11 febbraio 2011, dopo tanti tentennamenti, Hosni Mubarak ha rassegnato le dimissioni, ponendo termine alla Rivoluzione del Nilo.

Il 24 giugno 2012, è stato eletto il suo successore, Mohamed Morsi, 61 anni, membro dei Fratelli Musulmani. In queste ultime settimane sono ricominciate le proteste di piazza contro la sua politica che professa una “ricostruzione” dell’Egitto basata sulla Sharia, la legge coranica.

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