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La moglie della spia che mise D-Day a rischio

Una donna e la sua nostalgia per la Spagna, alimentata dal clima e dal cibo insopportabili dell'Inghilterra, misero a repentaglio il D-Day. KEYSTONE/EPA/CARL OSMOND / ROYAL NAVY / MOD sda-ats

(Keystone-ATS) Una donna e la sua nostalgia per la Spagna, alimentata dal clima e dal cibo insopportabili dell’Inghilterra, misero a repentaglio il D-Day: lo sbarco in Normandia, evento chiave della Seconda guerra mondiale sul fronte occidentale.

A svelarlo sono documenti degli archivi britannici appena declassificati dall’MI5 e consultati dal Guardian nel database rilasciato dei servizi di Sua Maestà.

Protagonista di questa storia è la moglie del leggendario agente doppio Garbo, all’anagrafe Jordi Pujol Garcia: figlio d’un allevatore di polli catalano dal coraggio e dal sangue freddo rari, reclutato dapprima dall’Abwher, l’intelligence militare tedesca dell’ammiraglio Wilhelm Canaris, nel 1941; e quindi – alle spalle di questa – dallo stesso MI5.

Una volpe capace di fiutare tutte le trappole, ma che si ritrovò di fronte al pericolo più grave quando fu la sua consorte in persona a minacciare di spiattellarne l’attività di spia. Per ripicca.

Inviato all’epoca dagli 007 britannici a Lisbona, da dove simulando di continuare a collaborare con la Germania fu in grado di raccogliere e trasmettere oltre Manica preziosi segreti su piani bellici nazisti, Pujol fu costretto a lasciare dietro di sé la famiglia, nascosta in una casa protetta (e sorvegliata) presso Londra.

Una prigione soffocante per la moglie, Araceli Gonzalez de Pujol, giovane e graziosa, che ben presto decise di non poterne più. Disperatamente sola, disgustata dal tempo e dalla cucina locale (tanto peggio in tempo di guerra), prese a lamentarsi col marito: “troppe patate, troppi maccheroni, poco pesce”, scriveva in una lettera debitamente intercettata. La preghiera era unica e ossessiva: tornare in Spagna.

Un azzardo impossibile, rispondeva Jordi, impegnato in quei mesi a tenere insieme una rete di 27 false spie, creata d’intesa con il suo referente nell’MI5, Tomas Harris, e destinata a seguitare a menare per il naso a lungo i tedeschi, senza essere scoperta sino alla fine della guerra. Finché Araceli, dopo essere arrivata a progettare un tentato suicidio, giocò la carta della minaccia suprema: se non mi lasci partire, rivelerò ogni cosa su di te.

Un dramma familiare, ma anche un pericolo potenzialmente micidiale per Jordi, come per le trame in cui era coinvolto: compresa la raccolta di informazioni in vista della ciclopica operazione anglo-americana in Normandia.

Per fermare la donna l’MI5 era pronto a tutto. “Il suo desiderio di tornare nel Paese natale e di rivedere la madre – si legge in un rapporto dai toni allarmati fra le carte desecretate – la spinge a comportarsi talvolta in modo squilibrato… Ora minaccia anche di lasciare il marito” e se necessario “di mandare in malora il suo lavoro”.

Alla fine l’idea buona per disinnescare la bomba coniugale venne proprio al vulcanico Pujol. Che, rientrato di nascosto, sceneggiò con la complicità di Harris un finto arresto da parte dei servizi di Londra a causa delle minacce di lei: Araceli fu convocata a visitarlo in una spaventosa cella per interrogatori del campo di prigionia 020. Ne rimase così sconvolta da promettere di quietarsi e rinunciare a ogni proposito minatorio.

Il matrimonio sarebbe comunque finito qualche anno più tardi, mentre dalle carte dell’MI5 si scopre che dopo la guerra il cospiratore spagnolo continuò a rendere i suoi servigi ai britannici e venne riciclato a spiare l’Unione Sovietica.

Ma intanto, in Normandia, lo sbarco andò come andò.

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