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Jihadisti di ritorno: mancano regole per gestirli

André Duvillard, delegato della Confederazione e dei Cantoni per la Rete integrata Svizzera per la sicurezza KEYSTONE/LUKAS LEHMANN sda-ats

(Keystone-ATS) Mancano in Svizzera regole generali per affrontare il problema dei jihadisti di ritorno nel paese.

Queste persone “non possono essere lasciate sole e abbandonate a sé stesse”, afferma André Duvillard, delegato della Confederazione e dei Cantoni per la Rete integrata Svizzera per la sicurezza (RSS) in una intervista a “Le Temps”.

“Un inquadramento o l’obbligo a seguire norme di condotta specifiche è assolutamente indispensabile”, “bisogna limitare il massimo il rischio di un passaggio all’atto”, aggiunge Duvillard, 56enne ex comandante della polizia cantonale neocastellana ed ex segretario delle commissioni di sicurezza delle Camere federali, nominato nel 2012 per rappresentare Confederazione e Cantoni nella neocostituita RSS.

Il delegato ammette che la Svizzera è in ritardo al riguardo. Ma “ci stiamo lavorando con l’elaborazione di un piano d’azione nazionale contro la radicalizzazione”, aggiunge. Nell’intervista al giornale romando Duvillard preconizza un approccio multidisciplinare che combini misure di sicurezza come la sorveglianza e provvedimenti socioeducativi. Quest’ultimo aspetto deve iscriversi “in una prospettiva di riabilitazione e di prevenzione”, spiega. A suo avviso “l’approccio ‘hard security’ non può essere il solo, perché “comporta costi e richiede mezzi che non abbiamo necessariamente”.

Almeno 77 partiti per la jihad

Il Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC) aveva indicato lo scorso 22 luglio, nel suo ultimo rapporto, di aver individuato fino ad allora 77 persone partite dalla Svizzera per la “guerra santa” islamica dal 2001: 63 per Siria e Iraq, il resto per Somalia, Afghanistan e Pakistan. Di queste 29 hanno o avevano la nazionalità svizzera e 17 la doppia cittadinanza. Alla stessa data l’intelligence federale aveva parlato di 21 persone decedute (14 confermate) e 13 rientrate in Svizzera (10 confermate).

Il 9 agosto un altro presunto jihaista svizzero-tunisino residente nel canton Ginevra, 29enne, è stato arrestato all’aeroporto di Zurigo su un volo proveniente dalla Turchia. Sarebbe partito per combattere la jihad assieme ad un 21enne, egli pure ginevrino, che era già rientrato in Svizzera l’8 luglio ed è stato a suo volta arrestato.

Il 21 agosto si è poi avuto notizia di un 17enne vodese fermato a fine luglio perché sospettato di “partecipazione a un’organizzazione criminale legata al movimento jihadista”. Il giovane si sarebbe recato almeno una volta in Turchia e avrebbe frequentato la moschea del quartiere Petit-Saconnex a Ginevra come gli altri due presunti jihadisti romandi.

La RSS e il suo delegato

Nella RSS, “elemento fondamentale del Rapporto del Consiglio federale sulla politica di sicurezza della Svizzera 2010” (così si legge sulla sua pagina web), sono rappresentati in modo paritetico autorità federali e cantonali. Si trattava in origine di un progetto pilota limitato alla fine del 2015 ma si è poi deciso di portarlo avanti.

Al delegato Duvillard – aveva spiegato l’allora ministro della difesa Ueli Maurer al momento della sua nomina nel 2012 – spetta fra l’altro il compito di esaminare la sicurezza delle strade, delle ferrovie, delle centrali nucleari, nonché le necessità di informazioni e di formazione. Inoltre deve occuparsi della gestione delle catastrofi, delle manifestazioni di massa e della valutazione delle minacce.

All’inizio di settembre Confederazione e Cantoni hanno adottato un mandato comune nell’ambito della RSS per un piano d’azione nazionale contro la radicalizzazione e l’estremismo violento d’ispirazione religiosa. Esso mira a coinvolgere tutti gli attori importanti dei tre livelli dello Stato federale e garantire lo scambio di informazioni.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

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