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Aiuto svizzero all’Est sulla strada giusta

Analogamente a questa sarta in Bulgaria, anche la Svizzera tenta di "ricucire gli strappi" nell'Europa dell'est. Keystone

La Svizzera ha tracciato il bilancio intermedio del suo contributo all'allargamento dell'Unione europea (Ue). Nonostante la crisi, la scelta definitiva dei progetti sarà terminata come previsto a metà 2012, ha assicurato il ministro dell'economia Johann N. Schneider-Amman.

«La Svizzera è stato il primo paese a sostenere la Polonia dopo la caduta della cortina di ferro. I 489 milioni di franchi messi a disposizione per eliminare le disparità tra il mio paese e gli altri membri dell’Ue consentiranno anche di ridurre le disuguaglianze all’interno della stessa Polonia», ha dichiarato Elzbieta Bienkowska, ministro polacco dello sviluppo regionale, intervenendo alla conferenza annuale della cooperazione svizzera con l’Europa dell’est.

Nel corso dell’incontro di venerdì ad Aarau, nel canton Argovia, la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) e la Direzione per lo sviluppo e la cooperazione (DSC) hanno constatato i «risultati soddisfacenti» dell’aiuto svizzero ai dieci nuovi membri dell’Ue: Polonia, Ungheria, Slovenia, Slovacchia, Repubblica ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Cipro e Malta.

È inoltre stato presentato il nuovo contributo all’allargamento versato in favore di Bulgaria (76 milioni di franchi) e Romania (181), nell’Ue dal 2007.

Scambi in crescita

Alla fine di ottobre 2010, ha rilevato il consigliere federale Johann N. Schneider-Amman, sono state approvate 74 proposte e 84 richieste definitive di progetti. L’importo complessivo è di circa 756 milioni di franchi, ovvero l’80% del budget approvato dal popolo svizzero nel 2006.

Il ministro dell’economia ha aggiunto con soddisfazione che nel 2009 il volume degli scambi commerciali con gli Stati dell’Ue allargata ha superato i 10 miliardi di franchi, una cifra che corrisponde al flusso commerciale con la Cina. A incidere positivamente è stato in particolare l’aumento degli scambi con la Polonia (3 miliardi).

La Svizzera segue la sua strada

C’è però da dire che rispetto ai maxi programmi dell’Ue (67 miliardi di euro per il periodo 2007-2013, senza contare gli aiuti all’agricoltura), il contributo svizzero non va oltre… lo 0,5%.

Attraverso la sua solidarietà, la Svizzera – tra i pochi paesi del continente a non far parte dell’Ue – ha la possibilità di coltivare i legami con i suoi nuovi partner nell’ambito di accordi quadro bilaterali. Per questa ragione Berna preferisce parlare di “contributo all’allargamento” piuttosto che di “fondo di coesione”, un fondo gestito dall’Ue.

Dopo aver sottoscritto un memorandum d’intesa con Bruxelles, nel quale sono state definite le linee principali, Berna segue dunque la sua strada, completando comunque i progetti e programmi dell’Ue e dello Spazio economico europeo. Solitamente le proposte sono presentate da organi pubblici, da istituzioni nazionali o internazionali, oppure da organizzazioni non governative.

Al momento di scegliere i progetti, ha spiegato Martin Dahinden, a capo della DSC, la Svizzera cerca di impegnarsi nei campi in cui dispone di una certa conoscenza. Tra questi vi sono ad esempio la sicurezza e il sostegno alla società civile, l’ambiente, la ricerca e la formazione oppure la promozione del settore privato.

Questo, ha detto Dahinden, «aumenta le possibilità delle aziende svizzere di ottenere dei contratti».

Verifiche sul terreno

La messa in atto dei progetti è seguita sul terreno dalla SECO e dalla DSC. I due organi della Confederazione per la cooperazione hanno per questo aperto degli uffici a Varsavia, Riga, Praga, Budapest e Bucarest.

«Abbiamo dovuto trovare dei compromessi e la messa in atto prevede l’approvazione di ogni progetto da parte dei due partner», ha puntualizzato a swissinfo.ch Heinz Kaufmann, responsabile dell’ufficio di Varsavia.

La Svizzera, aggiunge l’esperto, ha optato per un sistema in due tappe. «Chiediamo dapprima una breve descrizione del progetto. In seguito ci rechiamo sistematicamente sul posto per decidere cosa fare. Poi invitiamo i partner a formalizzare la proposta finale».

Questo sistema, riconosce Kaufmann, comporta un certo rallentamento delle procedure. «È però un approccio molto solido che responsabilizza i partner».

Polonia privilegiata

Il maggior beneficiario del contributo svizzero è la Polonia, alla quale va circa il 40% del budget previsto per l’allargamento. «Con i suoi 40 milioni di abitanti è il paese più importante», spiega Heinz Kaufmann.

«Ci siamo ispirati dai metodi e dai criteri adottati dalla Norvegia, anch’essa un partner privilegiato della Polonia. La nostra filosofia è simile, soprattutto per ciò che concerne l’alto livello dei criteri di qualità e il monitoraggio».

Da parte sua, il responsabile della DSC ha insistito sull’importanza delle verifiche. Per evitare i problemi di corruzione, ha detto Dahinden, bisogna applicare un buon sistema di controlli e di monitoraggio.

La cooperazione della Svizzera con l’Europa dell’est è stata lanciata nel 1989.

Nel 2006 il popolo svizzero ha approvato la Legge federale sulla cooperazione con gli Stati dell’Europa dell’est.

Su questa base legale, il parlamento nazionale ha approvato il credito quadro corrispondente di un miliardo di franchi.

Questi soldi permettono di finanziare progetti che si prefiggono di ridurre le disparità socio-economiche nei dieci Stati che hanno aderito all’Unione europea nel 2004 (Polonia, Ungheria, Slovenia, Slovacchia, Repubblica ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Cipro e Malta).

Per la Romania e la Bulgaria, nell’Ue dal 2007, Berna ha sbloccato un credito supplementare di 257 milioni di franchi fino al 2014.

I progetti saranno approvati dagli Stati partner e dalla Confederazione entro il giugno 2012 (dicembre 2012 per Bulgaria e Romania).

Il contributo elvetico si concentra in quattro ambiti principali: sicurezza; stabilità e sostegno alle riforme; ambiente e infrastrutture; promozione del settore privato e dello sviluppo umano e sociale.

Al momento, comunica il Dipartimento federale degli affari esteri, non è chiaro se l’Ue richiederà alla Svizzera un ulteriore contributo.

1989: caduta del muro di Berlino e prima operazione umanitaria in Romania e Bulgaria.

1990: il parlamento svizzero approva un primo credito quadro di 250 milioni di franchi (Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia).

1991: la cooperazione svizzera si estende all’Albania, agli Stati baltici, alla Romania e alla Bulgaria. Il governo chiede un secondo credito quadro di 800 milioni.

1993: il parlamento approva un credito aggiuntivo di 600 milioni (collaborazione con Russia, Kirghizistan, Ucraina e Tadjikistan).

1995: le camere adottano la Legge sulla cooperazione con l’Europa dell’est.

1996: dopo la guerra in Bosnia (1992-1995) Berna offre 365 milioni per l’aiuto d’urgenza e la ricostruzione. La Svizzera accoglie fino a 340’000 migranti dell’Europa sud-orientale.

1998: approvato il terzo credito quadro di 900 milioni (70% per l’Europa sud-orientale).

2006: il popolo svizzero approva (con il 53,4% dei voti) la Legge federale sulla cooperazione con l’Europa dell’est.

2007: il parlamento accoglie il credito quadro di un miliardo di franchi per la riduzione delle disparità nei dieci nuovi Stati dell’Ue, così come il quarto credito quadro di 730 milioni per il sostegno alla transizione nei Balcani e nella Comunità degli Stati indipendenti.

Traduzione di Luigi Jorio

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