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Guadagnino indaga nell’Inconscio italiano

Lo storico Angelo Del Bocale denuncia le atrocità commesse dall'Italia in Etiopia e Libia. pardo.ch

Dopo il successo di "Io sono l'amore", Luca Guadagnino torna con un film sull'occupazione fascista in Etiopia, a metà tra il documentario e il saggio. "Inconscio italiano" è stato presentato in prima mondiale – fuori concorso – alla 64esima edizione del Festival del film di Locarno.

Lo storico Angelo Del Bocale denuncia le atrocità commesse dall’Italia in Etiopia e Libia. pardo.ch
Il 3 ottobre del 1935 l’Italia di Benito Mussolini invade l’Etiopia senza una dichiarazione ufficiale di guerra. L’occupazione dell’Abissinia è un capitolo oscuro della storia coloniale italiana e il punto di partenza che il regista Luca Guadagnino ha scelto per indagare sulle origini stesse dell’identità nazionale.

«La genesi di Inconscio italiano è legata a due circostanze particolari», racconta il regista napoletano. «La prima è di natura biografica: da ragazzino ho vissuto per diversi anni in Etiopia, dove mio padre lavorava come maestro, e ho mantenuto un legame molto particolare con questo paese. La seconda invece è di natura documentaristica: ho infatti avuto l’opportunità di accedere agli archivi cinematografici dell’Istituto Luce, nei quali ho trovato documenti incredibili».

Con la collaborazione di Giuppy D’Aura (sceneggiatura) e di Ferninando Cito Filomarino (montaggio), Luca Guadagnino ha così costruito la sua indagine sul passato coloniale dell’Italia fascista, dando spazio alle immagini d’epoca ma anche alle voci di eminenti storici, filosofi e antropologi.

Il documentario è infatti diviso in due parti. La prima si apre con le analisi di sei intellettuali, una sorta di manuale sulla storia del colonialismo che spinge a un parallelismo tra passato e presente. Nella seconda parte, invece, le parole lasciano spazio ad immagini sconcertanti, tratte per l’appunto dagli archivi dell’istituto Luce, ma anche da quelli russi e inglesi. Si ritrovano così i corpi sfigurati dalle bombe a gas – censurati nei cinegiornali italiani – o il sorriso del generale e viceré Rodolfo Graziani, l’uomo dal pugno di ferro che ordinò la strage dei monaci a Debra Libanos.

Con questo taglio radicale, ispirato a Full metal jacket di Stanley Kubrick, Guadagnino fa una scelta coraggiosa, ma mette anche a dura prova l’attenzione dello spettatore. «Sulla base di quanto emerso nelle interviste, abbiamo selezionato una trentina di minuti di immagini e le abbiamo montate sulle note di Harmonium, di John Adams», racconta il giovane Ferninando Cito Filomarino. La musica disturba, le immagini sconvolgono, i discorsi fanno paura e l’Inconscio italiano riemerge, anche se solo per una manciata di minuti.

Il sogno africano

In Italia l’invasione dell’Etiopia ha rappresentato una gigantesca operazione di propaganda fascista, spiega nel documentario lo storico Angelo Del Boca. «L’aspirazione del duce era quella di ridare lustro al regime attraverso la conquista di un paese ricco di risorse naturali, dove gli oltre due milioni di italiani senza terra avrebbero potuto rifarsi una vita. Era il suo regalo all’Italia e al suo popolo».

Regista, sceneggiatore e produttore Luca Guadagnino, nasce a Palermo nel 1971 ma

trascorre l’infanzia in Etiopia. Nel 1998 gira il suo primo lungometraggio The Protagonists. 

Nel 2003 Mundo Civilizado è presentato al Festival di Locarno; seguono Cuoco contadino (2004) e il controverso Melissa P. (2005).

Nel 2009 dirige Io sono l’amore, candidato ai Golden Globe, al BAFTA come miglior film in lingua straniera e agli Oscar per i migliori costumi.

Almeno 500’000 uomini rispondono all’appello di Benito Mussolini, inseguendo il sogno di un nuovo impero coloniale, la creazione di un’Africa orientale tutta italiana. «La guerra d’Etiopia è stata un prodotto di Mussolini. Se ne assunse la piena responsabilità politica. Eppure, finora non c’è stato un tentativo di riesaminare le sue responsabilità», prosegue Del Boca.

Il sogno africano durerà sei anni e sarà difeso con una guerra feroce che, secondo lo storico costerà la vita a 300’000 persone. «Lo Stato italiano ha sempre negato che la guerra in Etiopia sia stata portata avanti con mezzi illeciti e ha messo l’accento sulle opere pubbliche avviate dal regime fascista. In realtà sono state utilizzate tra le 350 e le 400 tonnellate di gas in Etiopia e le strade non sono certo state costruite per buonismo ma perché servivano ai soldati italiani per muoversi e conquistare il paese».

Un razzismo rimosso

Con Inconscio italiano, Luca Guadagnino cerca di restituire l’immagine di una guerra senza omissioni e sottolinea «l’influenza che questa esperienza coloniale – e il razzismo ad essa connesso – ha avuto sulla formazione dell’identità italiana».

Un razzismo che, secondo il regista, rivive oggi nei discorsi dell’estrema destra, nei rapporti tra il Nord e il Sud del paese, nella stigmatizzazione degli immigrati, nel rapporto con l’altro.  «Era impressionante vedere come le osservazioni proposte dai nostri intellettuali fossero visibili nelle immagini d’archivio e come nel passato ci fossero i segni visibili del nostro presente», spiega Guadagnino. «Le immagini dichiaravano questioni di razza, di sesso, di classe e una violenza nascosta nei dettagli… ma il senso di queste immagini, per anni, è sprofondato nell’invisibile, intrappolato nell’inconscio».

La conquista dell’Etiopia è rimasta impressa a lungo nella memoria collettiva, ma l’Italia non sembra ancora riuscita a rielaborare questo triste capitolo della sua storia. Questa almeno è la tesi di Inconscio italiano, un documentario che non avrà certo vita facile in Italia e che Olivier Père ha voluto presentare – in prima mondiale – al Festival del film di Locarno.

Diviso in due parti il film dà voce a sei intellettuali: gli storici Angelo Del Boca e Lucia Ceci, gli antropologi Iain Chambers e Michela Fusaschi e i filosofi Alberto Burgio e Ida Dominijanni.

Ognuno dei protagonisti analizza il passato coloniale dell’Italia fascista slittando nel percorso delle loro riflessioni verso il presente italiano.

Nella seconda parte lo schermo si apre ad una serie di immagini dell’esperienza coloniale italiana in Etiopia, custodine in gran parte negli archivi dell’Istituto Luce.

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