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Scambio informazioni, la musica del futuro che diventa realtà

Anche lo scambio automatico di informazioni in materia fiscale lascia ancora degli spiragli agli evasori. Keystone

Meno di tre anni fa solo ipotizzarlo era bastato a scatenare un putiferio. Ora la Svizzera ha deciso che lo scambio automatico di informazioni in ambito fiscale deve diventare la norma. Un principio avallato dalla Camera del popolo a larga maggioranza. La Camera dei Cantoni molto probabilmente darà il suo beneplacito nella sessione invernale. Non tutti i nodi sono però così sciolti.

“Sono positivamente sorpreso dalla rapidità. Da circa due anni, le banche svizzere e anche i politici hanno capito che bisogna cambiare i paradigmi”, dice a swissinfo.ch Sergio RossiCollegamento esterno, professore di economia presso l’università di Friburgo.

Già vari anni fa Rossi aveva definito lo scambio automatico di informazioni “la musica del futuro” e affermato che le altre soluzioni allora preferite dalla Svizzera sarebbero servite nel migliore dei casi solo a “guadagnare tempo”.

A quel tempo, la Svizzera puntava tutto sull’imposta liberatoria “rubik”, prelevata alla fonte in forma anonima sui clienti esteri degli istituti elvetici, garantendo il segreto bancario. Nella sua strategia sulla piazza finanziaria, nel dicembre 2012, il governo svizzero sottolineava la determinazione a impegnarsi “con tutte le forze” contro lo scambio automatico di informazioni e a concludere degli accordi fiscali bilaterali con gli altri Stati improntati sul modello di riscossione dell’imposta alla fonte con effetto liberatorio.

Svizzera sotto esame OCSE

Nel marzo 2015 l’OCSE ha ammesso la Svizzera alla seconda fase della valutazione dei pari. È così finito un periodo di incertezza durante il quale, a causa di lacune nell’assistenza amministrativa in campo fiscale, sulla Svizzera gravava la minaccia di finire nella lista nera dei paradisi fiscali, con conseguenti danni di reputazione.

Il Forum globale dell’OCSE nella prima fase ha esaminato se le basi legislative della Svizzera erano conformi agli standard OCSE per l’assistenza amministrativa fiscale.

Nella seconda fase il Forum valuterà il funzionamento pratico dell’assistenza amministrativa nel periodo che va dalla metà del 2012 alla metà del 2015. L’esame è appena iniziato e si concluderà verosimilmente nell’estate 2016.

Inversione di rotta borghese

All’indomani dell’adozione della strategia sulla piazza finanziaria, la ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf dichiarava che si doveva riflettere sulle condizioni in base alle quali la Svizzera avrebbe eventualmente potuto trasmettere dati di clienti. “Dobbiamo fare questa discussione”, aveva puntualizzato.

Quella che oggi retrospettivamente appare come un’innocua dichiarazione, all’epoca ha scatenato dure reazioni di politici di destra e centro-destra e di banchieri. In sintesi, hanno accusato la magistrata di aver tradito i valori svizzeri, cambiato le carte in tavola, pugnalato il governo federale alle spalle, tramato con la sinistra, e hanno chiesto di revocarle il dossier.

Adesso, invece, le grandi banche, tutte le banche cantonali e le banche private del paese, così come i partiti borghesi si schierano compatti in favore dello scambio automatico di informazioni. Unica eccezione: l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), che lo rifiuta.

Le manovre dell’UDC

“Adesso bisogna finirla!”, ha tuonato il deputato UDC Thomas Matter nel corso del dibattito alla Camera del popolo, sottolineando che la Svizzera negli ultimi anni ha fatto numerose concessioni in materia di assistenza amministrativa internazionale in materia fiscale, ciò che ha progressivamente portato alla fine del segreto bancario.

Ai suoi occhi, lo scambio automatico di informazioni è una “assurdità totale” ed è contraria alla concezione che il suo partito ha dello Stato. Se non vi sono sospetti di delitti, lo Stato non deve mettere il naso nella sfera privata dei cittadini, ha puntualizzato. Un principio che l’iniziativa popolare “Sì alla protezione della sfera privata”, volta a mantenere il segreto bancario all’interno della Svizzera, chiede di ancorare nella Costituzione federale, ricorda a swissinfo.ch Matter, che fa parte dei promotori dell’iniziativa.

Diversi deputati, tra cui anche dei membri dei partiti borghesi, hanno rimproverato all’UDC di fare un giochetto con la sua opposizione: così il partito si vanta di essere “l’ultimo difensore del segreto bancario”, sapendo perfettamente che lo scambio automatico di informazioni otterrà l’approvazione della maggioranza del parlamento.

Assistenza anche in casi di dati rubati

Nel disegno di revisione della Legge sull’assistenza amministrativa fiscale, il governo federale propone che la Svizzera in futuro fornisca assistenza amministrativa fiscale anche nei casi in cui la domanda è basata su dati bancari rubati. A condizione che lo Stato richiedente non abbia svolto un ruolo attivo nel procurarseli, ma li abbia invece acquisiti attraverso una procedura ordinaria di assistenza amministrativa o fonti pubbliche.

L’attuale prassi restrittiva della Svizzera è stata messa in discussione da più paesi e dal Forum globale dell’OCSE. Il governo ritiene che la modifica proposta migliorerebbe la posizione della Svizzera nella seconda fase dell’esame del Forum globale.


Non mettere a repentaglio la competitività

Il fatto che anche decisi sostenitori del segreto bancario hanno dapprima approvato il suo graduale allentamento (con la continua estensione dell’assistenza amministrativa in materia fiscale) e ora hanno siglato la sua fine definitiva, è dovuto al cambiamento del contesto mondiale.

L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), di cui fa parte la maggior parte dei paesi più industrializzati, negli ultimi anni ha intensificato la lotta contro l’evasione fiscale e inasprito i propri standard. Senza una integrazione internazionale, la piazza finanziaria svizzera non è in grado di sopravvivere. Perciò è costretta a comportarsi in modo compatibile con le regole dell’OCSE. La posta in gioco è la competitività della piazza finanziaria. Chi non vuole danneggiare l’economia, non può essere contro lo scambio automatico di informazioni, ha detto il deputato liberale radicale Ruedi Noser.

Un’opinione ampiamente condivisa nella Camera del popolo, che nella corrente sessione parlamentare ha quindi approvato la Convenzione del Consiglio d’Europa e dell’OCSE sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale, con le relative modifiche alle normative in vigore in Svizzera, e la Legge federale sullo scambio automatico internazionale di informazioni a fini fiscali (LSAI). La palla passa ora nel campo della Camera dei Cantoni che, molto probabilmente, le approverà nella sessione invernale.

Pericolo di finire nel dimenticatoio

Se lo standard entrerà in vigore come previsto nel 2017, le banche avranno il dovere di comunicare i dati delle persone e delle aziende imponibili in un altro paese alle autorità fiscali svizzere. Queste dovranno a loro volta trasmettere periodicamente le informazioni alle autorità fiscali dei paesi interessati. Lo stesso vale per gli svizzeri che hanno conti bancari all’estero: le autorità dei paesi in questione informeranno quelle elvetiche.

I critici sostengono che ciò si tradurrà in una marea di dati da scambiare, che alcuni Stati non saranno in grado di trattare e provocherà costi elevati.

Pur essendo un sostenitore dello scambio automatico, anche Sergio Rossi teme che “i clienti e i dipendenti delle banche dovranno farne le spese”. In merito ai flussi finanziari altamente complessi e talvolta opachi, il professore dell’università di Friburgo afferma: “Si chiederà di rendere conto a coloro che hanno sottratto al fisco importi relativamente piccoli, mentre i casi di grossissimi contribuenti saranno messi nei cassetti a causa dei costi previsti per le procedure complesse e rischi di sbagliarsi”.

Controverso “swiss finish”

Inoltre, lo scambio automatico dei dati non può impedire completamente la frode fiscale. “Certamente il margine di manovra viene ristretto, ma già solo per i paradisi fiscali ancora esistenti nel mondo non sarà possibile coprire tutti i costrutti finanziari possibili”.

Perciò il Consiglio federale intende rafforzare il dovere di diligenza per le banche, impedendo così l’afflusso di patrimoni non tassati. Concretamente, le norme più rigorose si applicheranno a tutti i clienti dei paesi con i quali la Svizzera non ha un accordo sullo scambio automatico di dati.

Il rafforzamento degli obblighi di diligenza sarà discusso già la settimana prossima in parlamento e incontrerà certamente resistenze. La commissione preparatoria della Camera del popolo raccomanda al plenum di respingere il cosiddetto “swiss finish”, giudicandolo inutile e burocratico. Del resto non c’è alcuna pressione internazionale che spinga a inasprire le norme. “I banchieri cercheranno di ostacolare la proposta del Consiglio federale”, dice Rossi. Ma se in futuro saranno scoperti futuri fondi non tassati di clienti esteri, per costoro ci saranno “pesanti conseguenze”, e per le banche rappresenterebbero un “grande rischio di reputazione”.

Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi

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