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«In Italia non ci sono le premesse per una democrazia diretta»

La democrazia diretta svizzera può essere esportata in Italia? No. O per le meno non senza un cambiamento radicale delle mentalità e uno sforzo dello Stato per informare correttamente i cittadini. È quanto sostengono i nostri lettori su Facebook. Ecco una selezione dei loro commenti. 

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Informare il cittadino in modo equilibrato

«La democrazia diretta prevede la migliore qualità di informazione pubblica possibile da fonti democratiche e attendibili», afferma Chiara Barizza. «Si può votare solo se le informazioni dallo Stato sono equilibrate e dicono il vero (…). In questo momento l’informazione in Italia non garantisce un equilibrio tale dell’informazione pubblica (…). Non ci sono le premesse per garantire una giusta democrazia diretta».

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La nostra lettrice ricorda che ad ogni votazione i cittadini svizzeri ricevono un opuscolo, che presenta gli argomenti di favorevoli e contrari. In Italia, invece, l’informazione è «condizionata da esigenze di partito».

Beppe Quarta, cittadino italo-svizzero, concorda: «In Italia (…) per informarsi bene bisogna seguire dei programmi in TV o sui giornali. Ma siccome la politica controlla entrambe le fonti, basta trovarsi su un canale o su un giornale appartenente a qualche ideologia politica per aver sentito solo una campana». 

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Dal canto suo, Sandro Penzo relativizza. L’opuscolo svizzero «è ok, ma arriva troppa carta per posta. Oggi per farsi una vera idea si può consultare la rete e valutare le varie “campane”».

Da notare che anche in Svizzera l’opuscolo informativo fornito ai cittadini non è esente da critiche e in passato è stato talvolta giudicato “incompleto” ed “errato”.  

Mancanza di una cultura del bene comune?

Per Alberto DS, cittadino italiano che ha vissuto sei anni in Svizzera, «molte questioni richiedono non solo una corretta informazione, ma anche la preparazione culturale per analizzare le informazioni e approfondirle». In Svizzera «il popolo è ricco, coeso e indirizzato dal sistema scolastico fin da subito».  

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Alberto DS – che privilegia la democrazia rappresentativa a quella diretta – afferma poi di non capire come possano «un operaio, un agricoltore, ma anche un dottore scegliere se sia necessario o meno comprare un aereo da guerra».

La democrazia diretta comporta dunque anche dei rischi, secondo Emanuele Passerini, cittadino italiano da sei anni in Svizzera. «Se la gente ha uno spirito critico e una coscienza civile, allora ci si può fidare a fare un referendum che cambi qualcosa anche di importante. Ma in Italia c’è troppa manipolazione dei media e pochissimo spirito critico nelle persone, che preferiscono rimbambirsi davanti alla TV e considerare solo il proprio orticello, piuttosto che pensare a delle riforme serie fatte insieme con sacrificio. 

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Anche l’educazione svolge dunque un ruolo determinante per un buon funzionamento della democrazia diretta, secondo i nostri lettori. Per Alessio Re sarebbe dunque necessario prima di tutto riformare completamente il sistema scolastico italiano, prima di dare maggiori poteri ai cittadini.

Non ovunque… o magari sì, ma non subito

Tra i nostri lettori, c’è però anche chi paventa la possibilità di esportare il modello svizzero di democrazia diretta in Italia, per lo meno in alcune regioni del Nord. «Lombardi e veneti sono molto più vicini alla mentalità svizzera», afferma Matteo Baroni. «Al di fuori di quelle due regioni difficilmente c’è una cultura o una volontà politica di arrivare all’autogoverno (di cui la democrazia diretta è un ingrediente essenziale), e si preferisce l’intervento dello Stato».

Vi è poi un ostacolo tecnico, indiscutibile secondo il nostro lettore.

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Un parere condiviso anche da Davide Maramotti, che su Twitter si definisce un libertario. 

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Andrea Ferrati ha invece uno sguardo più positivo. «Certo, la mentalità è diversa… ma si deve cambiare. Si sbaglierà una volta, due, tre, ma alla quarta anche gli italiani avranno imparato a fare la democrazia diretta, io ne sono convinto, l’unica cosa che non so è quando avverrà tutto ciò!».

–> Contattate l’autrice via Twitter @stesummiCollegamento esterno


E voi cosa ne pensate? I cittadini italiani dovrebbero avere più opportunità di partecipare alla vita politica? Se sì, in quale forma? 


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