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Il dibattito per formare una gioventù civicamente attiva

Allievi di scuole ginevrine hanno potuto scambiare le loro opinioni sull'esercizio dei diritti civici con parlamentari svizzeri e stranieri nel corso della Settimana della democrazia organizzata nel Cantone in settembre. swissinfo.ch

La gioventù ha un'opinione e le piace darla. Tuttavia, spesso trascura le votazioni perché la politica le sembra complessa. Così degli allievi ginevrini hanno descritto la situazione nel corso di un incontro con dei parlamentari svizzeri e stranieri. Hanno quindi cercato di delineare delle soluzioni per migliorare la loro partecipazione alle decisioni politiche.

L’esercizio della democrazia necessita un processo di apprendimento. Lo scambio tra la quarantina di studenti, di età compresa tra i 17 ei 18 anni, e dei politici, organizzato dall’Unione interparlamentare (UIP), nell’ambito della Settimana della democrazia l’ha dimostrato.

Le domande del moderatore risuonano nell’aula, ma in un primo momento sbattono contro un muro di silenzio degli studenti, visibilmente impressionati. Faisal Al Tenaiji, parlamentare degli Emirati Arabi Uniti, li incita a parlare. “Non voglio che siate passivi. La porta della politica vi viene aperta, ma sta a voi a fare il primo passo. Io ero come voi prima e quando sono diventato un parlamentare ho cominciato a parlare”. Un intervento che ha forse dato i suoi frutti, dal momento che nel corso degli scambi di opinioni le lingue si sciolgono e la discussione si anima.

Il dibattito, primo passo in politica

L’arte del dibattito sembra persino sedurre particolarmente i cittadini in erba. “Non ho ricevuto corsi di educazione civica, ma il nostro professore di filosofia organizzava dibattiti. Quei corsi hanno alimentato la mia curiosità per la politica”, afferma un’alunna, che suggerisce di organizzare dibattiti in classe per migliorare la partecipazione dei giovani. Un’altra allieva ha avuto un’esperienza simile durante le lezioni di francese, mentre un’altra ancora racconta di avere esaminato gli oggetti sottoposti a votazione popolare grazie a un professore di diritto.

Altri sviluppi

Questo gusto per lo scambio verbale a Ginevra è già messo a profitto al concorso “La Gioventù dibatte”, rammenta ai partecipanti la direttrice cantonale della formazione post-obbligatoria, Chantal Andenmatten. Il progetto, sostenuto dalla fondazione Dialogue, permette agli allievi di esercitarsi a scambiare i loro argomenti. Inoltre propone agli insegnanti una formazione sul dibattito, al fine di migliorare l’educazione alla cittadinanza.

Durante la discussione, diversi ragazzi sottolineano l’importanza dei corsi di civica nelle scuole. Alcuni sono delusi e criticano la mancanza di impegno di certi docenti. “Il mio insegnante non ci ha dato l’impressione che la politica sia interessante”, deplora una giovane.

Anche i parlamentari ritengono che l’educazione civica sia fondamentale. “Abbiamo organizzato dei dibattiti ai corsi d’inglese che mi hanno aiutato molto a vedere i diversi aspetti di una problematica e ad esporre gli argomenti”, ricorda il lituano Vytautas Gapsys. E aggiunge che anche i genitori, gli amici e le associazioni giovanili devono svolgere un lavoro di sensibilizzazione.

Il deputato svizzero Jean-Christophe Schwab spiega di avere maturato l’interesse per la politica piuttosto nella sua famiglia. “Personalmente, non ho potuto contare sulla scuola. Per fortuna, i miei genitori mi hanno parlato di politica. Molti miei colleghi hanno invece ricevuto lezioni che li hanno invogliati a lanciarsi”.

Quote o soldi?

L’UIP si batte non solo per incoraggiare i giovani a recarsi alle urne, ma anche perché partecipino attivamente alle decisioni. “Devono essere rappresentati nelle istituzioni. Certi meccanismi, tra cui l’introduzione di quote o seggi riservati ai giovani, hanno dimostrato di essere validi mezzi per garantire questa partecipazione”, spiega il segretario generale dell’UIP, Martin Chungong.

Le quote, tuttavia, non allettano molto i partecipanti alla discussione. “Trovo che questo procedimento discrediti gli eletti”, osserva una ragazza. Un’altra si chiede perché si fisserebbero delle quote per una minoranza e non per un’altra.

A sostegno di questa soluzione si alzano comunque alcune voci. Una giovane giudica che le quote consentano di cambiare mentalità. “Potrebbero risolvere il problema della mancanza di rappresentanza femminile nei consigli di amministrazione. Attualmente, si pretende che le donne non sono abbastanza intelligenti per assumere questo compito”.

“Ci si può immaginare di pagare i giovani per votare?”, chiede poi un moderatore. Neppure questa idea incontra i favori della generazione direttamente interessata. Immediatamente piovono commenti di disapprovazione. “È scandaloso!”, tuona una partecipante. “Invece di creare una gioventù impegnata, si creerebbe una gioventù che fa le cose solo per soldi”, le fa eco un’altra.

Lo stereotipo del vecchio e saggio

I partecipanti non nascondono la paura di non essere all’altezza. “Ho l’impressione che si debba lasciare la politica alle persone giuste, a coloro che la sanno fare”, rileva un giovane. Molti si dicono del resto contrari all’introduzione del diritto di voto a 16 anni. “A questa età, non si ha ancora abbastanza esperienza e non si ascoltano molto le persone che ci circondano”, argomenta un’alunna.

In causa viene pure messa la complessità del linguaggio politico. Si tratta di un luogo comune che si deve spazzare via? Questo è almeno il parere del presidente del Parlamento dei giovani di Ginevra, Sylvain Leutwyler. In base alla propria esperienza, egli esorta i ragazzi a lanciarsi: “Tutti noi abbiamo l’immagine del vecchio saggio, ma i giovani sono in grado di assumere un compito politico e di portare la loro visione del mondo”.

Quanti giovani nei parlementi?

Nel mondo ci sono 45’113 deputati che complessivamente fanno parte di 190 parlamenti. Soltanto l’1,75% ha meno di 30 anni. In Svizzera la proporzione dei deputati di età inferiore ai 30 anni alla Camera del popolo è dell’1,5%.

(Fonte: UIP)

 

(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

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