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Rifugiata abortisce, condannata guardia di confine

La guardia di confine svizzera processata in relazione all'aborto di una donna siriana durante un rinvio in Italia nel 2014 è stata giudicata colpevole di lesioni colpose, tentata interruzione di gravidanza e ripetuta inosservanza di prescrizioni di servizio. Il Tribunale militare 4, a Berna, gli ha inflitto una pena di 7 mesi di carcere con la condizionale e una pena pecuniaria, pure sospesa.

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La difesa chiedeva l’assoluzione, mentre la procura, adducendo che l’imputato “non aveva dato prova di alcun senso di umanità”, aveva chiesto una pena di 7 anni di carcere per omicidio. 

Disegno dell imputato durante il processo
Il processo era cominciato il 22 novembre. Keystone

La donna, allora 22enne e al settimo mese di gravidanza, faceva parte di un gruppo di 36 profughi che il 4 luglio di tre anni fa erano partiti con un treno notturno da Milano diretto a Parigi. 

Al confine franco-elvetico di Vallorbe, nel cantone di Vaud, la giovane venne respinta assieme agli altri dalle autorità francesi e affidata a quelle svizzere per il rinvio in Italia, lo Stato dello Spazio Dublino dove i migranti avevano inoltrato la prima richiesta d’asilo. L’uomo era responsabile del gruppo di guardie di confine che doveva accompagnare il gruppo in Italia.

Dopo l’arrivo a Domodossola la donna diede alla luce una bambina senza vita. Nel frattempo ha ottenuto asilo politico in Italia, assieme al marito e ai tre figli.

I rifugiati erano stati dapprima portati da Vallorbe a Briga, nel canton Vallese in bus, dove arrivarono poco prima delle 14:30. Da lì avrebbero dovuto proseguire in treno fino a Domodossola. A causa della forte affluenza di passeggeri, legata all’inizio delle vacanze, l’imputato decise di rimandare il viaggio alle 17.00.

I rifugiati vennero temporaneamente ospitati nei locali di controllo delle guardie di confine di Briga. Poco dopo il suo arrivo in Vallese la donna iniziò ad avere dolori e sanguinamenti, che descrisse come doglie.

Il marito informò immediatamente le guardie di confine e chiese ripetutamente e in modo insistente di chiamare con urgenza assistenza medica. A Domodossola la siriana ebbe un collasso. Le guardie di frontiera italiane chiamarono subito un soccorso. All’ospedale locale i medici poterono solo constatare la morte della nascitura.

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