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Le aspettative svizzere potrebbero essere disattese

"NO al TTPI": Il 10 ottobre 2015 decine di migliaia di persone hanno manifestato a Berlino contro l'accordo transcontinentale. Reuters

In un prossimo futuro, due grandi accordi commerciali potrebbero modificare l’assetto degli scambi in molte parti del mondo. Si tratta degli accordi transcontinentali TPP e TTIP. Che effetti avranno sull’economia svizzera? Manfred Elsig, esperto per i trattati commerciali del World Trade Institute (WTI) dell’università di Berna, traccia alcuni scenari possibili.

swissinfo.ch: L’accordo per il Partenariato transpacifico TTP è stato raggiunto lo scorso autunno e se ne conosce il testo nei dettagli. Che effetti avrà sulla Svizzera?

Manfred Elsig: Non mi aspetto che il TTP abbia grandi effetti sulla Svizzera. Alcune industrie e aziende di servizi che sono in concorrenza con imprese dei paesi firmatari si troveranno probabilmente confrontate con mutate condizioni d’accesso al mercato. Ci sarà maggiore concorrenza.

swissinfo.ch: Ci sono anche rischi per la Svizzera?

M.E.: C’è un rischio nel senso che nel quadro dell’accordo sono stati fatti progressi sulle regole che servono ad affrontare gli ostacoli non tariffari al commercio, vale a dire che c’è stato uno sforzo da parte degli Stati firmatari per armonizzare le regole di produzione. Il fatto di non sedere al tavolo delle trattative fa sì che non si possano far valere i propri interessi in tali questioni. C’è perciò un certo rischio, nell’eventualità che alcuni approcci del TPP si ritrovino più tardi in altri accordi più ampi.

swissinfo.ch: Quale può essere l’influsso del TPP sull’accordo di libero scambio tra la Svizzera e il Giappone?

M.E.: Il Giappone non ha partecipato dall’inizio a questi negoziati, perciò ha dovuto accettare molte cose. È ancora troppo presto per analizzare gli effetti. Probabilmente ci saranno ancora alcuni aggiustamenti dell’accordo di libero scambio bilaterale, che è ancora ‘giovane’. Non sarà però facile, perché per farlo entrambe le parti necessitano di un mandato ufficiale.

swissinfo.ch: La Svizzera ha detto di voler migliorare i rapporti bilaterali con tutti i paesi interessati. Come valuta la reazione della Svizzera ai grandi accordi di libero scambio?

Nato nel 1970 a Briga (Vallese), dal 2013 Manfred Elsig è vicedirettore del World Trade Institute (WTI) dell’università di Berna e direttore del programma del Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica dedicato alla regolamentazione dei commerci (NCCR Trade). Il politologo ha studiato nelle università di Berna e Bordeaux. Ha lavorato sia nel settore pubblico, sia in quello privato. zvg

M.E.: È stata una reazione prevedibile da parte della diplomazia commerciale. Non si vuole rimanere con le mani in mano. La questione è ovviamente in che misura i paesi del TPP abbiano interesse e tempo per le richieste della Svizzera. Quel che rende la questione ancora più complessa è il sorgere di regolamentazioni parallele. Prendiamo l’esempio del Vietnam, che ha siglato un accordo commerciale con l’UE e fa parte del TPP e dell’Asean (Associazione delle nazioni del sudest asiatico). Questo comporta il rischio di standard di produzione diversi. Poiché la Svizzera al momento sta negoziando con il Vietnam, c’è però la possibilità di rimediare.

swissinfo.ch: Ora si parla del trattato TTIP tra gli USA e l’UE, da cui potrebbe scaturire la più grande area di libero scambio del mondo. Contro l’accordo ci sono già state grandi manifestazioni. Perché il TTIP suscita tante polemiche?

M.E.: In un’epoca di globalizzazione molti avversari della globalizzazione cercano il nemico a livello di organizzazioni internazionali. Questo ruolo è stato rivestito a lungo dall’OMC. Oggi la critica del movimento no global e il dibattito pubblico si appuntano soprattutto sui trattati megaregionali come il TTIP, che sono gli elementi nuovi nel panorama della globalizzazione. Per questo non sorprende che il TTIP susciti molte polemiche, soprattutto in Europa.

swissinfo.ch: Cosa si teme in Europa?

M.E.: Spesso si tratta di questioni già discusse in passato: protezione dei consumatori, commercio con organismi geneticamente modificati, norme ambientali. Nuovo è il timore che questi accordi commerciali, in caso di vertenze giuridiche tra Stati e aziende in particolare nell’ambito degli investimenti, favoriscano le aziende, riducendo lo spazio di manovra degli Stati. È questo il tema che ha fatto più discutere.

swissinfo.ch: Quali sono i rischi e le opportunità per la Svizzera in rapporto al TTIP?

 M.E.: Al WTI abbiamo realizzato già l’anno scorso uno studio su incarico della Segreteria di Stato dell’economia (Seco), dove abbiamo valutato diversi scenari. Ci sono due grandi scenari. Il primo è quello in cui gli Usa e l’UE si accordano su nuove e ampie norme per lo scambio di beni e servizi. Allora gli effetti per la Svizzera potrebbero anche essere positivi, perché in linea di principio vigerebbero le stesse regole nei due principali sbocchi commerciali della Svizzera. Se invece si realizza uno scenario in cui Usa e UE si trovano a metà strada ed elaborano regole preferenziali, allora vi potrebbero essere delle conseguenze negative per l’industria d’esportazione svizzera.

swissinfo.ch: Si è imparato qualcosa dall’accordo di libero scambio dell’America del nord (Nafta)? Si dice che le piccole e medie imprese (PMI) potrebbe essere sfavorite dal TTIP…

M.E.: Basandoci sugli studi a noi noti si può dire che siano soprattutto le grandi imprese già attive sul piano internazionale ad approfittare dei trattati commerciali. Ma anche PMI che già in passato hanno seguito una strategia di internazionalizzazione e che sono inserite in catene del valore regionali e globali potranno trarne profitto. I timori riguardano soprattutto le PMI che non sono integrate nel mercato globale. Per quelle che si orientano piuttosto al mercato interno, accordi come questo sono naturalmente una sfida, soprattutto perché saranno soggette a una maggiore concorrenza.

swissinfo.ch: Che ruolo ha l’Organizzazione mondiale per il commercio, che dopo gli scarsi risultati del vertice di Nairobi appare sempre più una tigre di carta? Già da alcuni anni gli Stati negoziano tra di loro al di fuori dell’OMC.

M.E.: L’OMC ha due pilastri. Da una parte rappresenta una piattaforma di negoziazione per nuovi contratti. E in questo ambito nei 14 anni del ciclo di Doha i risultati sono davvero pochi. L’ultima riunione ministeriale a Nairobi ha dimostrato ancora una volta che l’OMC, con i suoi 160 membri che devono trovare una soluzione consensuale, rimane bloccata. Vuol dire che bisogna trovare nuove strade. In questo ambito la prospettiva è piuttosto negativa. D’altro canto l’organizzazione gestisce un sistema di risoluzione delle vertenze che funziona piuttosto bene. Negli accordi di libero scambio gli Stati non hanno integrato meccanismi molto elaborati di risoluzione dei conflitti, perché in questo ambito si fidano dell’OMC. L’organizzazione potrebbe forse sviluppare ulteriormente questo pilastro, in particolare per quel che riguarda le vertenze relative agli investimenti.

swissinfo.ch: Fin dal 2001 i membri del ciclo di Doha litigano a causa del commercio di beni agricoli. Pensa che questi negoziati verranno abbandonati tacitamente?

M.E.: Ci sono molti segnali in questo senso. A Nairobi c’era un gruppo che voleva mettere fine al ciclo il più in fretta possibile. È probabilmente ora di concludere il ciclo di Doha in qualche modo, per potersi dedicare a temi più urgenti. Questi temi – vecchi o nuovi – non dovrebbero essere affrontati con ampi cicli negoziali, ma tema per tema.

TPP e TTIP

Il 5 ottobre 2015 dodici paesi si sono accordati sul Partenariato transpacifico (TPP). I negoziati erano iniziati nel 2008. Con l’accordo, gli Stati Uniti approfondiscono i legami con l’area del Pacifico e tengono sotto controllo l’influsso cinese. I parlamenti dei paesi interessati devono tuttavia ancora ratificare l’accordo.

Dall’estate del 2013 gli Stati Uniti e l’Unione Europea discutono sul Partenariato transatlantico sui commerci e gli investimenti (TTIP). Il progetto è fortemente criticato soprattutto in Europa. Gli osservatori ritengono che la conclusione del TPP aumenterà la pressione sull’Europa, perché potrebbe servire da modello per i negoziati transatlantici. Per la segretaria di Stato Marie-Gabrielle Ineichen-Fleisch, il TPP è «un progetto molto importante». Negli ultimi vent’anni dopo la nascita dell’Organizzazione mondiale per il commercio (OMC) non era mai avvenuto qualcosa del genere, ha ricordato ai microfoni della Radio svizzera.

(Traduzione dal tedesco, Andrea Tognina)

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