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Arte in terra di confine

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La Bregaglia, valle di lingua italiana dei Grigioni, patria dei Giacometti, territorio con un piede nel mito, un altro nella realtà difficile della periferia alpina. Una mostra d'arte invita ad esplorarla, al di là dei luoghi comuni.

Per chi arriva da nord, la Bregaglia è un improvviso avvallamento che si apre ai piedi del villaggio di Maloja, lembo estremo dell’Engadina. Un solco percorso dagli stretti tornanti della strada del passo, circondato dal verde scuro dei boschi e dal profilo frastagliato delle montagne.

Da sud, per chi muove da Chiavenna, la valle si snoda senza soluzione di continuità, risalendo il corso della Mera. La linea di confine la taglia in due all’altezza di Castasegna. Oltre quella linea la Mera si chiama Maira, la Bregaglia da italiana diventa svizzera e le chiese sono protestanti.

Fuori dai suoi confini, la valle è nota per le cime di granito, per il paesaggio selvaggio, per i villaggi pittoreschi e per gli artisti che vi sono nati e vi hanno vissuto, da Giovanni Segantini a Varlin, da Giovanni ad Alberto Giacometti.

Una valle che affascina gli artisti

La storia della valle, a cavallo tra nord e sud, tra isolamento e apertura sul mondo, il suo ruolo nella storia dell’arte, hanno da sempre esercitato un grande fascino su artisti e intellettuali. Per l’intellighenzia della Svizzera tedesca in particolare, la Bregaglia è qualcosa come Big Sur per gli scrittori della Beat Generation.

Da questa particolare costellazione hanno tratto spunto Patrizia Guggenheim, Angelika Affentranger e Patricia Jegher per formulare il progetto di ArteBregaglia, un percorso artistico attraverso la valle affidato a 13 artisti provenienti da Svizzera, Italia, Germania e Gran Bretagna.

«Con grande intuizione e serietà [le artiste e gli artisti] hanno avviato una perseverante ricerca sul significato, sull’essenza di questa regione», afferma Patrizia Guggenheim. «Da parte loro i bregagliotti e i chiavennaschi – interessati ed aperti – hanno mostrato ai forestieri la propria valle, cercando di comprendere le idee e il loro modo di procedere».

Percorsi inediti, paradisi perduti e accostamenti sorprendenti

Ne è scaturito un percorso eterogeneo, ricco di sorprese, che permette anche a chi già conosce la Bregaglia di scoprirne prospettive sconosciute. Per chi non la conosce, è un buon modo per farlo.

Partiamo da Maloja: nella Torre Belvedere l’artista grigionese Ursula Palla ha posto la prima tappa di un suo personale percorso. I visitatori attivano una risata che riecheggia dopo qualche tempo a Borgonovo, a Stampa, a Bondo, a Piuro e quindi a Chiavenna.

Nei pressi della stessa torre, l’artista tedesco Pfelder ha realizzato tre alloggi temporanei, progettati da tre diversi architetti, che offrono l’occasione di riflettere sull’architettura turistica dell’Alta Engadina. All’altro capo della valle, sulle alture del giardino Paradiso a Chiavenna, Pfelder ha posto la parola «lost».

Sempre da Maloja prende avvio il percorso di Michael Günzburger. Nella torre sono esposte incisioni che durante il viaggio si ritrovano in tutti i 96 i bar e ristoranti della valle. Nella sala del pretorio di Vicosoprano, l’artista ha realizzato due sculture di carta, allusione ai processi per stregoneria svoltisi tra quelle pareti di legno.

Chiara Dynys ha scelto per il suo approccio alla Bregaglia le rovine della chiesa gotica di san Gaudenzio sopra Casaccia. Fra le mura della chiesa, l’artista italiana ha posto un modellino in scala dell’edificio, coronato dalle parole «bellezza» e «sobrietà».

La grigionese Patricia Jegher ha preso spunto dalla storia dell’albergo Helvetia di Vicosoprano, centro di accoglienza per rifugiati durante la guerra. In un container di legno, il visitatore entra nell’immaginario dei profughi, sospeso tra passato doloroso e futuro incerto, fra le porte chiuse di un albergo e l’immagine onirica di un piroscafo.

A poca distanza, in una radura del bosco, tra due colonne di pietra che anticamente reggevano il patibolo, il bregagliotto Piero Del Bondio ha scelto di rappresentare a intervalli regolari scene di dolore e tortura, le cui tracce rimangono impresse nel suolo.

Lungo la strada tra Borgonovo e Stampa, Simone Zaugg ha composto con lettere di zucchero la parola «A WAY» sul tetto di una stazione di servizio. La parola, destinata a sciogliersi con le piogge estive, è un riferimento all’emigrazione dei pasticceri. La stessa artista fa sorgere le voci di un coro dal pozzo del giardino Paradiso di Chiavenna.

Dal ponte che conduce al Palazzo Castelmur di Stampa/Coltura, un beamer proietta sull’acqua l’immagine dell’artista Roman Signer intento a vogare con un kayak. Un’immagine visibile solo di notte (di giorno può essere vista solo all’interno di una scatola di latta), di grande forza evocativa.

Il tedesco Olaf Nicolai affronta le vicende di due outsider di diversa natura: nel Palazzo Salis di Soglio rende omaggio all’ultimo lupo ucciso in Bregaglia, a Promontogno evoca la figura di Giangiacomo Feltrinelli (che a Maloja aiutò il comunista zurighese Theo Pinkus a fondare il centro di Salecina – per avere un rifugio in caso di colpo di stato in Italia, si racconta).

La vodese Ariane Epars ha scelto per il suo intervento la Chiesa di Nossa Donna a Promontogno, svuotata di ogni arredamento e di cui ha dipinto in rosso la cripta. A Bondo e presso la cascata di Caroggia sotto Soglio la gallese Bethan Huws cita due volte Marcel Duchamp, con la scritta al neon «EAU & GAZ à tous les étages» e con un braccio che regge una lampada nel buio di una galleria.

A poca distanza, Rémy Markowitsch si permette un accostamento sorprendente, ponendo una capanna africana in mezzo alle cascine di un castagneto. All’interno, un distributore d’acqua potabile invita alla sosta. E infine Castasegna, dove sulla linea di confine Luigi Serafini ha costruito una colorata altalena tra Svizzera e Italia. Un sogno, se non fosse per la pesante grata di metallo alle sue spalle.

swissinfo, Andrea Tognina, Val Bregaglia

Il percorso artistico ArteBregaglia rimarrà aperto fino al 21 settembre 2008. La manifestazione è accompagnata da due pubblicazioni, edite con grande cura dalle Edizioni Periferia di Lucerna/Poschiavo.

La prima, già uscita, presenta la genesi e gli obiettivi del progetto. La seconda, in fase di realizzazione, documenta le installazioni con immagini realizzate dal fotografo Raymond Meyer, residente a Soglio, in Val Bregaglia.

Per secoli, fino all’apertura della linea ferroviaria del Gottardo nel 1882, la Bregaglia è stata un’importante via di transito attraverso le Alpi. I trasporti hanno dato alla valle un benessere che si intravvede ancora oggi nell’architettura delle vecchie case.

Dalla fine del XVIII secolo e per tutto l’Ottocento, molti bregagliotti hanno percorso, insieme ad altri grigionesi, le vie d’Europa. I loro caffè e le loro pasticcerie divennero i luoghi di ritrovo della nascente borghesia del continente.

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