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Assange: manterrò la promessa di consegnarmi agli Usa

Julian Assange KEYSTONE/AP/KIRSTY WIGGLESWORTH sda-ats

(Keystone-ATS) Julian Assange ancora una volta è protagonista di un colpo di scena.

La primula rossa del web è ora deciso a mantenere la promessa di consegnarsi alle autorità Usa dopo che il presidente uscente Barack Obama ha concesso la grazia alla ‘talpa’ di Wikileaks, Chelsea Manning.

È stato lui stesso a dichiararlo nel corso di una conferenza stampa via social media dall’ambasciata dell’Ecuador a Londra, dove vive come rifugiato politico dal 2012.

E pensare che solo ieri un suo legale aveva negato che l’attivista australiano fosse intenzionato a mantenere quanto dichiarato perché la riduzione della pena da 35 a 7 anni per il soldato americano condannato per aver rivelato segreti militari non era sufficiente.

“Confermo tutto quello che ho detto”, ha esordito Assange rivolgendosi ai giornalisti, che però alla domanda scontata su quando intenda consegnarsi ha risposto prendendo tempo. “La pena non sarà commutata fino a maggio, possiamo avere molte discussioni fino a quel momento”. E ancora: “Ho sempre avuto l’intenzione di andare negli Stati Uniti con l’assicurazione che vengano rispettati i miei diritti”.

Alla domanda se si aspetta un trattamento diverso dal nuovo presidente Donald Trump ha risposto: “Resta da vedere”. Sembra quindi che si debba ancora attendere per vedere Assange che esce dall’ambasciata dell’Ecuador nelle strade di Knightsbridge dove lo aspettano gli agenti di Londra perché sulla sua testa pende ancora il mandato di estradizione delle autorità svedesi che lo accusano di stupro e violenze sessuali.

Il fondatore di Wikileaks aveva fatto la sua promessa la scorsa settimana “nonostante la chiara incostituzionalità” del suo caso pendente al ministero della giustizia Usa. Dopo la mossa di Obama, Assange su twitter aveva cantato vittoria, ringraziato i sostenitori della causa ed elogiato Manning come “un eroe, il cui coraggio dovrebbe essere applaudito”.

Aveva poi chiesto agli Usa di “fermare la loro guerra contro gli informatori e gli editori”, come Wikileaks e lui stesso, perché insieme ai giornalisti essi “distribuiscono informazioni autentiche su questioni chiave come gli abusi dei diritti umani e gli atti illegali di dirigenti governativi”. Ma senza far cenno al suo impegno.

E’ poi intervenuto uno dei suoi legali, Barry Pollack, annunciando il dietrofront di Assange. Ma prima di lui un altro suo avvocato, Melinda Taylor, aveva dichiarato il contrario, sostenendo che l’attivista era invece intenzionato a mantenere la promessa. Tanta confusione quindi in un team legale che probabilmente risente dell’indecisione di Assange a cui viene chiesta coerenza rispetto alle sue dichiarazioni.

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