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Caso Thyssen: un rinvio a giudizio «storico»

Dopo il dramma, migliaia di persone avevano dimostrato per le strade di Torino contro la Thyssen Keystone

La Corte d'assise di Torino ha deciso di rinviare a giudizio per omicidio volontario l'amministratore delegato della Thyssen per l'incendio, nel quale nel 2007 morirono sette operai. Una decisione che potrebbe influenzare anche il procedimento sul caso Eternit.

«Questa é davvero una svolta decisiva, perché l’impunità di troppi imprenditori non ha fatto che aggravare le cose». Antonio Boccuzzi è un sopravvissuto dell’incendio che, il 6 dicembre 2007, provocò la morte di sette operai della Thyssen di Torino.

Oggi è deputato del Partito Democratico. Sul piazzale di Montecitorio ci parla della clamorosa decisione del tribunale di Torino: l’amministratore delegato della multinazionale dell’acciaio, il tedesco Herald Espenhahn, sarà processato per «omicidio volontario», mentre per altri 5 dirigenti dell’azienda l’accusa è di «omicidio colposo».

Un fatto senza precedenti in Italia nell’ambito degli incidenti letali sul posto di lavoro, le cosiddette «morti bianche». «La decisione di procedere per omicidio volontario è storica – aggiunge Boccuzzi – e deve servire a fare in modo che cambi la cultura della sicurezza in Italia, anche da parte dei lavoratori, che tuttavia devono essere messi nella condizione di poter realizzare questo obiettivo prioritario».

Le perplessità di Confindustria

Ma la notizia giunta da Torino suscita anche forti perplessità e critiche. In particolare da parte della Confindustria, che rappresenta gli imprenditori ialiani: «Un’accusa eccessiva – la definisce Samy Gattegno, presidente del Comitato tecnico dell’associazione – e siamo fiduciosi che cadrà nel corso del dibattimento». Il top-manager della multinazionale dell’acciaio rischia fino a 21 anni di prigione.

«Non vedo cosa vi sia di eccessivo – ribatte Antonio Boccuzzi. Lui rischia qualche anno di detenzione, ma quanti anni sono stati tolti agli operai morti in quel tragico rogo?». Secondo il pubblico ministero, l’azienda conosceva i rischi, e non fece nulla per evitare la tragedia, che puntualmente arrivò in quella terribile notte del dicembre 2007.

A detta del quotidiano torinese «La Stampa», i dirigenti della Thyssen venivano puntualmente informati in anticipo dell’imminenza dei controlli sui sistemi di sicurezza: le e-mail di alcuni «controllori infedeli» avvertivano i caporeparto, vanificando la serietà delle verifiche. Circostanze che dovranno essere chiarite nel processo fissato per il prossimo gennaio.

In Italia tre morti bianche al giorno

L’ANMIL, l’associazione che in Italia si occupa dell’assistenza alle vittime degli incidenti sul lavoro e ai loro famigliari, attribuisce pure una grande importanza alla decisione del tribunale torinese. «Anche per noi è un fatto positivo e conferma quanto abbiamo sempre sostenuto: quella tragedia avvenne nel momento in cui la Thyssen aveva deciso di trasferire la produzione di Torino presso la casa madre di Terni; anche per questo motivo l’azienda mise colpevolmente la sicurezza in secondo piano», dice il presidente Pietro Mercandelli.

Secondo i calcoli del suo ufficio «le morti bianche in Italia sono tre al giorno, un primato in Europa». «Ora c’è il rischio che con la crisi economica possano anche aumentare, perché in tempi di difficoltà si tratta di fare risparmi. A farne le spese potrebbe essere proprio la sicurezza, soprattutto nelle piccole aziende, dove i lavoratori operano a fianco del datore di lavoro e non osano parlare».

Le ripercussioni sul caso Eternit

Mercandelli fa anche un accenno a un altro probabile clamoroso processo: quello che, sempre a Torino, potrebbe vedere sul banco degli imputati il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, ex co-proprietario in Italia di quattro impianti Eternit per la produzione di amianto negli anni Settanta e Ottanta.

Per lui e per il suo socio belga, il procuratore Raffaele Guarinello – lo stesso che si è occupato dell’istruttoria Thyssen – ha chiesto il mese scorso il rinvio a giudizio per «disastro doloso e omissione volontaria di cautele anti-infortunistiche».

«Ora – ci dice il presidente dell’ANMUIL – la decisione di Torino potrebbe mettere in una situazione più difficile anche gli ex proprietari di Eternit».

Schmidheiny ha offerto un indennizzo (sarà di «diverse decine di milioni di euro») alle numerose famiglie degli operai delle sue aziende deceduti in seguito alle letali polveri dell’amianto. Ma solo come «atto di umana solidarietà». Ha sempre respinto «qualsiasi responsabilità» in quest’altra tragedia del lavoro.

swissinfo, Aldo Sofia, Roma

La notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 un incendio divampa nella fabbrica torinese della Thyssen. Chiazze d’olio e resti di carta favoriscono la combustione. Nel rogo perdono la vita sette persone.

Lo stabilimento torinese stava per essere smantellato. La direzione aveva deciso di trasferire tutta la produzione nel sito di Terni. Qualche mese prima del dramma dei tecnici avevano constatato diverse manchevolezze in materia di sicurezza, in particolare per quanto concerne le misure contro gli incendi, nella fabbrica di Torino.

Il 17 novembre 2008 il giudice della Corte d’Assise di Torino Francesco Gianfrotta ha deciso di rinviare a giudizio l’amministratore delegato della Thyssen Herald Espenhahn e altri cinque dirigenti.

Per il primo l’accusa è di omicidio volontario, mentre per gli altri di omicidio colposo. L’appuntamento in tribunale è fissato per il 15 gennaio 2009.

Il rinvio a giudizio per l’incendio alla Thyssen potrebbe avere delle ripercussioni anche sul caso Eternit, la tristemente famosa società che produceva lastre d’amianto e che aveva due fabbriche in Italia.

In ottobre la procura di Torino ha chiesto di processare l’industriale elvetico Stephan Schmidheiny e il belga Jean Louis Marie Ghislain De Cartier, all’epoca proprietari del gruppo Eternit.

Secondo l’accusa, la direzione dell’azienda sarebbe stata a conoscenza degli effetti nefasti delle polveri d’amianto ma non avrebbe preso provvedimenti adeguati.

La procura ha chiesto un risarcimento di 950’000 euro per ognuno dei duemila decessi sui quali ha indagato. Recentemente Schmidheiny si è detto disposto a indennizzare le vittime, ma con un importo decisamente inferiore (si parla di una somma globale di alcune decine di milioni di euro).

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