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Emissioni di CO2: la Svizzera entra nell’Ue

fumo che esce da una ciminiera
Il settore industriale è responsabile di un quinto delle emissioni della Svizzera. Keystone / David Klobucar

Dal 1. gennaio di quest'anno le aziende svizzere partecipano al sistema di scambio di quote di emissione dell'Unione europea. Il meccanismo si regge sul principio "chi inquina paga".

Il sistema di scambio di quote di emissione (SSQE) è uno strumento della politica climatica che mira a ridurre le emissioni di gas a effetto serra secondo i principi dell’economia di mercato. Serve a diminuire le emissioni delle aziende che inquinano di più.

Ogni anno, le aziende ricevono gratuitamente una determinata quantità di diritti di emissione. L’impresa che emette più di quanto le è stato concesso deve acquistare dei crediti supplementari, altrimenti viene sanzionata. Chi rimane al di sotto dei livelli consentiti può invece vendere le quote inutilizzate.

Si crea così un vero e proprio mercato del CO2 in cui le aziende possono scambiarsi i diritti di emissione. Il numero totale di certificati di emissione viene ridotto di anno in anno.

In Svizzera, le grandi aziende con elevate emissioni di gas serra sono obbligate a partecipare all’SSQE. Le imprese di medie dimensioni possono aderirvi a titolo volontario. Chi partecipa allo scambio di quote di emissione è esentato dalla tassa sul CO2 applicata ai combustibiliCollegamento esterno.

L’SSQE comprende una cinquantina di impianti industriali che generano complessivamente 5 milioni di tonnellate di CO2 all’anno (circa un decimo delle emissioni della Svizzera). Tra questi ci sono produttori di cemento, raffinerie di petrolio e aziende chimiche

In Europa, il sistema riunisce quasi 11’000 impianti e centrali termiche a combustibili fossili che emettono complessivamente circa 2 miliardi di tonnellate di CO2 (il 45% delle emissioni dell’Ue). Il sistema europeo include anche il traffico aereo.

In tutto il mondo sono in vigore o in fase di istituzione dei sistemi di scambio a livello nazionale o regionale. Il collegamento di tali sistemi sottopone le aziende agli stessi requisiti climatici, indipendentemente dalla loro ubicazione. Per la comunità internazionale, la creazione di un mercato internazionale del CO2 consentirà di raggiungere gli obiettivi stabiliti dall’Accordo di Parigi sul clima.

Dal 1. gennaio del 2020, il sistema svizzero è collegatoCollegamento esterno a quello dell’Unione europea. Ciò consente alle aziende elvetiche di operare sul mercato delle emissioni europeo, più grande, e di beneficiare delle stesse condizioni concorrenziali delle imprese europee.

In Svizzera, il prezzo d’asta di una tonnellata di CO2 è passato dagli iniziali 40 franchi nel 2014 a 17 franchi. Nell’Ue, i prezzi sono saliti da circa 5 euro nel 2013 a circa 25 euro.

Sì, sostiene l’associazione dell’industria svizzera del cemento, secondo cui il sistema incita le aziende a essere più efficienti e a ridurre ulteriormente le emissioni.

No, afferma Greenpeace, per la quale non serve a nulla collegare due “sistemi pessimi”. Per l’associazione ambientalista, soltanto un drastico aumento del prezzo del CO2 – ad esempio a 100 euro – contribuirà a una reale trasformazione del settore industriale. Altrimenti, continuerà a essere più conveniente acquistare diritti di emissione che investire in tecnologie meno inquinanti.

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