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Banche: gli svizzeri all’estero non godono di un trattamento speciale

Le tre grandi banche UBS, Credit Suisse e Raiffeisen non hanno reagito all'appello di OSE sulla gestione dei conti degli svizzeri all'estero. Reuters

Per gli svizzeri residenti all’estero è sempre più difficile aprire o mantenere un conto in Svizzera. Le banche li trattano come stranieri. L’Organizzazione degli svizzeri dell’estero si impegna in loro favore, ma non ha molto sostegno.

«Si immagini di avere 1’000 franchi su un conto di risparmio per i figli. Dopo meno di due anni, i soldi se ne sono andati in commissioni. Non è possibile!», si innervosisce Roland Rino Büchel, consigliere nazionale del partito della destra nazional-conservatrice Unione democratica di centro (UDC) e membro del comitato direttivo dell’Organizzazione degli svizzeri dell’estero (OSE).Collegamento esterno Il problema: dopo la crisi finanziaria del 2008 e i grandi stravolgimenti nel mondo bancario statunitense, la regolamentazione del settore finanziario è notevolmente aumentata. Nel 2017 la Svizzera adotterà inoltre il sistema di scambio automatico delle informazioni fiscali. Tutto questo comporta costi più alti, che le banche trasferiscono ai loro clienti, anche sugli svizzeri all’estero.

«Per gli svizzeri dell’estero rimane difficile aprire un conto in Svizzera.»

L’OSE ha da poco realizzato per la seconda volta un’inchiesta presso le banche svizzereCollegamento esterno sulle condizioni poste agli svizzeri all’estero titolari di un conto in banca o intenzionati ad aprirne uno. I risultati sono deludenti: «Per gli svizzeri dell’estero rimane difficile aprire un conto in Svizzera», dice la direttrice dell’OSE Sarah Mastantuoni.

«Quasi ovunque occorre presentarsi di persona. Ma non tutti possono permettersi di recarsi in Svizzera per aprire un conto. Con l’entrata in vigore l’anno prossimo dello scambio automatico di informazioni, il carico di spese amministrative di certo non diminuirà. Anzi, quasi tutte le banche ci hanno detto che le commissioni aumenteranno».

Tuttavia ci sono anche alcuni esempi positivi, osserva Mastrantuoni. «Postfinance, Swissquote, Valiant Bank e alcune banche cantonali – per esempio nel Giura e in Vallese – sono in linea di principio aperte agli svizzeri dell’estero.»

Commissioni bancarie costose

Tuttavia, proprio Postfinance – una filiale della Posta svizzera, di proprietà pubblica – ha annunciato ai suoi clienti residenti fuori dalla Svizzera che dal 2017 le commissioni mensili passeranno da 15 a 25 franchi per conto privato.

La decisione ha suscitato reazioni a tratti molto polemiche: «Per giustificare le spese di 300 franchi annuali il mio consulente dovrebbe farmi visita in Francia ogni settimana…», ha scritto un utente in un blog. Una cliente residente in Francia ha preso contatto con swissinfo.ch, osservando che per lei, costretta a vivere con una pensione già ridotta, l’aumento delle commissioni è davvero un duro colpo.

L’OSE, stando a Mastrantuoni, è intervenuta presso il presidente della Posta, perché spesso i conti interessati sono conti risparmio senza grandi movimenti. «Chi ha solo una piccola somma sul conto e deve pagare ogni mese 25 franchi di commissioni alla fine dell’anno non ha più un granché sul conto.» Finora l’OSE non ha però ancora ricevuto risposta.

Per Büchel l’aumento delle commissioni bancarie è «un modo per far fuori senza chiasso gli svizzeri dell’estero, se così si può dire. Non si dà loro una disdetta, ma si aumentano le commissioni a tal punto che alla fine non possono né vogliono più pagarle.»

Interventi politici

Nonostante vari interventi, finora la situazione non è migliorata. Il Consiglio degli svizzeri dell’estero (il parlamento della Quinta Svizzera) ha chiesto in una risoluzioneCollegamento esterno che la Confederazione crei le condizioni affinché tutti gli svizzeri residenti all’estero possano aprire un contro presso Postfinance.

Mastrantuoni fa notare che il Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (DATEC) ha fatto sapere di voler «continuare a impegnarsi dove possibile per far sì che Postfinance rimanga disponibile per gli svizzeri all’estero (in particolare nel traffico dei pagamenti)».

E Büchel si impegna in Parlamento per migliorare le condizioni per gli svizzeri che vivono all’estero. Il deputato ammette tuttavia che ci si trova in una strada senza uscita.

Dopo il rifiuto di una mozioneCollegamento esterno da parte del Consiglio federale (governo federale),  in cui Büchel chiedeva di aggiungere al mandato di servizio universale della Posta il traffico dei pagamenti per gli svizzeri all’estero, il parlamentare UDC ha chiesto, in un’altra mozioneCollegamento esterno del 2015, che tutte le banche svizzere rilevanti per il sistema finanziario permettano a tutti i cittadini svizzeri di avere un conto. La mozione non è ancora stata discussa in Parlamento, ma il Consiglio federale chiede di respingerla.

Nel Consiglio degli Stati (la camera dei cantoni) è inoltre pendente un postulatoCollegamento esterno del democristiano Konrad Graber, in cui tra l’altro si vuole obbligare Postfinance a permettere l’apertura e la gestione di conti per il traffico pagamenti a cittadini svizzeri residenti all’estero. Sia il Consiglio federale che il Consiglio degli Stati raccomandano di approvare la mozione. Presso il Consiglio nazionale (la camera del popolo) la proposta non è ancora stata discussa.

Libertà di commercio

Misure delle banche

Secondo Rolf Wüest, supplente dell’ombudsman delle banche svizzere, dopo la crisi finanziaria del 2008 e il giro di vite nella regolamentazione bancaria negli USA le banche hanno adottato misure in quattro ambiti chiave che toccano in un modo o nell’altro i clienti residenti all’estero.

1. Commissioni (tasse speciali a seconda del paese di residenza)

2. Mutamenti strategici (p. es. orientamento verso il mercato interno a causa dell’eccessivo carico di lavoro dovuto alle regolamentazioni di altri paesi)

3. Limitazione dei servizi (p. es. rinuncia alla consulenza per gli investimenti o alle carte di credito)

4. Strategia del denaro pulito (già orientata allo scambio automatico di informazioni, che sarà introdotto nel 2017)

Sulla disuguaglianza di trattamento verso i detentori svizzeri di conti sono già stati inoltrati ricorsi e reclami presso vari enti da parte di cittadini svizzeri residenti all’estero. «Anche noi siamo stati informati di casi del genere», dice Rolf Wüest, supplente dell’ombudsman delle banche svizzere, rinviando al rapporto di attività 2014Collegamento esterno dell’istituzione.

«L’autorità svizzera di vigilanza sui mercati finanziari FINMA ha preteso dalle banche che analizzassero i rischi giuridici e di reputazione nelle relazioni d’affari transfrontaliere e adottassero le misure adeguate per minimizzarli. Ciò fa sì che le banche – talvolta con strumenti diversi – tentino di chiarire l’onestà fiscale dei propri clienti e di interrompere le relazioni d’affari nel caso in cui non siano fornite risposte soddisfacenti. Queste misure adottate dalle banche, in particolare le scadenze imposte ai clienti, hanno condotto a vari reclami da parte dei clienti», si legge nel documento.

L’entità delle commissioni bancarie rientra comunque nella sfera della libertà di commercio e dipende dalle decisioni delle singole banche, decisioni sulle quali l’ombudsman non ha niente da dire. «L’ombudsman delle banche può intervenire solo quando è contestato un errore vero e proprio delle banche nei confronti del cliente, per esempio quando una banca incassa commissioni retroattivamente», dice Wüest.

Anche Thomas Sutter, responsabile della comunicazione di Swiss Banking,  ricorda che la questione delle commissioni dipende dalle decisioni delle singole banche: «I costi e i rischi negli ultimi dieci anni sono cresciuti enormemente. È una fatto deplorevole per i singoli clienti, ma ci sono ancora abbastanza banche che accettano clienti svizzeri residenti all’estero.» Questi ultimi hanno perciò ancora la possibilità, anche se limitata, di depositare soldi in una banca svizzera. «Il mercato funziona ancora. E dove c’è un mercato ci sarà anche un offerente», assicura Sutter.

È una speranza condivisa dalla direttrice dell’OSE Sarah Mastrantuoni. «Noi speriamo che le banche, una volta che lo scambio automatico di informazioni avrà fatto il suo rodaggio e la pressione internazionale diminuirà, diventino di nuovo più aperte.»

Ritorno in Svizzera?

Secondo la Neue Zürcher Zeitung lo scambio automatico d’informazioni introdotto per migliorare la trasparenza fiscale potrebbe condurre nei prossimi anni a un aumento – almeno temporaneo – del rientro in patria di cittadini svizzeri all’estero. Solo in novembre la Svizzera ha firmato accordi sulla trasparenza fiscale con Argentina, Brasile, Messico, Uruguay, India e Sudafrica. «Sono coinvolti direttamente gli svizzeri all’estero che sono soggetti a imposizione fiscale nei loro paesi di residenza e che hanno ancora valori patrimoniali depositati nelle banche svizzere e non dichiarati nel paese di residenza. Secondo gli osservatori ci sono molti casi del genere, afferma la NZZ. Gli svizzeri dell’estero che cercano di evitare le tasse potrebbero, secondo il quotidiano, «risolvere il loro problema senza dover pagare tasse retroattive o multe con un rientro almeno temporaneo in Svizzera». La Svizzera non chiede loro di pagare retroattivamente delle tasse, «perché le persone interessate non hanno violato nessuna legge elvetica».

Traduzione dal tedesco, Andrea Tognina

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