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Sostegno svizzero per un tribunale del Kosovo a rischio

Redazione Swissinfo

La sorte del tribunale per i crimini di guerra nel Kosovo è già segnata? Diversi parlamentari vicini al presidente e al primo ministro stanno cercando di sabotarlo. Nel frattempo, la Svizzera ne ha assicurato il sostentamento finanziario.


Nel gennaio del 2018, la Svizzera ha garantito un sostegno di 200mila franchi al tribunaleCollegamento esterno incaricato di fare luce sui crimini di guerra commessi in Kosovo tra il 1998 e il 2000. Si tratta in particolare della scomparsa di 500 civili, soprattutto serbi, durante il conflitto tra separatisti e forze serbe e l’intervento militare della NATO. Tuttavia, numerosi parlamentari del partito leader a Pristina intendono porre fine al nuovo tribunale perché potrebbe minacciare personalità importanti al potere che erano comandanti del movimento ribelle UCK.

Il sostegno svizzero è dunque fondamentale come messaggio politico piuttosto che per l’importo dell’aiuto stesso. Ne è consapevole anche Ekaterina Trendafilova, presidente del tribunale, che ha recentemente affermatoCollegamento esterno: «i fondi servono a diffondere informazioni e conoscenze tra il pubblico per quanto riguarda il mandato e il lavoro delle Camere speciali». 

La donazione svizzera è molto benvenuta anche perché il 22 dicembre 2017 il tribunale ha rischiato di essere soppresso dal parlamento di Pristina. Non sono esclusi altri tentativi di questo tipo. Ma, anche se il tribunale sopravvive, non è certo che avrà la capacità di portare avanti il lavoro. Sono in corso altri progetti per minarne il lavoro, tra cui l’istituzione di una Commissione della verità con un mandato che limiterebbe il tribunale.

Pierre Hazan
Pierre Hazan è autore ed esperto di giustizia di transizione con una lunga carriera giornalistica, anche come corrispondente per i quotidiani Le Monde e Le Temps. Negli ultimi anni ha lavorato nell’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani e tenuto conferenze presso le università di Ginevra e Neuchâtel. AFP

Come sono andate le cose

La giustizia internazionale ha lasciato l’amaro in bocca per il lavoro incompiuto nei Balcani, specialmente tra la società serba. Il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (ICTY) ha chiuso i battenti nel dicembre 2017 dopo quasi 24 anni di attività, ma il suo lavoro sui crimini commessi da membri dell’esercito di liberazione del Kosovo (UCK) è stato un fallimento e ne ha offuscato l’operato.

L’attuale primo ministro del Kosovo, Ramush Haradinaj, è stato assolto due volte dall’ICTY, in parte perché i testimoni sono stati intimiditi, non hanno testimoniato oppure sono deceduti prematuramente. Il disagio è aumentato con la pubblicazione, nel dicembre 2010, del rapporto esplosivo del senatore svizzero Dick Marty per il Consiglio d’Europa che accusava i leader dell’UCK, tra cui l’attuale capo di stato Hashim Thaçi, di crimini di guerra e di legami con il traffico di organi umani prelevati da prigionieri serbi. 

Pressione da Occidente

È stato in tali condizioni che l’Unione europea (UE) e gli Stati Uniti hanno esercitato pressioni sul Kosovo nel 2015 affinché modificasse la propria Costituzione e creasse un meccanismo giudiziario senza precedenti ideato a Bruxelles: un tribunale che fa ufficialmente parte del sistema giudiziario kosovaro ma con sede all’Aia, presieduto da un giudice bulgaro e le cui indagini sarebbero state condotte da un procuratore americano.

Un’idea che intendeva far quadrare il cerchio. Con la creazione di un tribunale del Kosovo senza kosovari, nel timore di essere infiltrato e manipolato da elementi legati agli ex ribelli, l’obiettivo era di rendere giustizia alle vittime dell’UCK, serbi e kosovari, cosa che l’ICTY si era dimostrato incapace di fare. Si cercò così anche di evitare un tribunale ONU, in cui la Russia sarebbe stata una parte interessata.

Il primo attacco al tribunale è arrivato nel periodo natalizio quando i diplomatici dell’UE hanno lasciato Pristina per tornare nei loro paesi. In tarda serata del venerdì 22 dicembre, su richiesta di 43 parlamentari guidati da Nait Hasani del Partito Democratico del Kosovo al potere, il presidente delle camere di Pristina ha chiesto ai deputati di abolire l’articolo della Costituzione che aveva creato il tribunale.

Alla fine l’attacco non andò in porto, ma potrebbero presto esservi altri tentativi. Tanto più che il presidente Hashim Thaçi, lui stesso un ex comandante dell’UCK, ha affermato di voler firmare l’abrogazione dell’articolo costituzionale se il parlamento voterà una legge in tale senso, mentre prima – sotto la pressione occidentale – aveva esortato il parlamento ad approvarlo nel 2015.

Politici minacciati

Il tribunale potrebbe emettere rinvii a giudizio contro gli ex comandanti dell’UCK andando a colpire Hashim Thaçi (accusato per nome nel rapporto Marty), così come il primo ministro Ramush Haradinaj e suo fratello, anche ex leader dei ribelli. Chi vuole smantellare il tribunale lo vede come distorto, perché si rivolge fondamentalmente agli autori dei crimini legati all’ex movimento ribelle ora al potere a Pristina, «dimenticando» che l’ICTY non è mai riuscito a farlo.

«Il Tribunale speciale è e resta inaccettabile per il Kosovo», ha dichiarato il parlamentare Nait Hasani. «Si tratta di una corte politica che vuole sanzionare unicamente i militari dell’esercito di liberazione del Kosovo per presunti crimini di guerra». Il primo ministro Ramush Haradinay affermò che era contro il tribunale quando era all’opposizione aggiungendo di non aver cambiato idea. Il fratello, Daut Haradinay, ha da parte sua avvertito che il primo mandato d’arresto del tribunale incontrerà l’opposizione degli ex ribelli.

Tali dichiarazioni sono inaccettabili per i paesi europei e gli Stati Uniti, che attraverso l’intervento militare della NATO nel 1999 hanno partecipato alla «liberazione» del Kosovo, aprendo le porte alla sua indipendenza nel 2008. In una dichiarazioneCollegamento esterno l’UE ha ammonito Pristina dicendo che qualsiasi tentativo di abrogare o modificare il mandato delle Camere speciali comprometterebbe gravemente l’impegno del Kosovo e avrebbe «ripercussioni negative sulle relazioni del Kosovo con l’UE».

Anche il quintetto (USA, Germania, Francia, Regno Unito e Italia) ha espresso preoccupazione per il fatto che il 29 dicembre 2017 Hashim Thaçi abbia concesso una grazia presidenzialeCollegamento esterno a tre persone condannate per omicidio di una famiglia (il caso Hajra), tra cui due bambine di 3 e 9 anni, il cui padre è stato poliziotto sotto il regime di Milosevic. Il diplomatico statunitense Stephen Banks è stato ancora più diretto: secondo il quotidiano di Pristina «Koha Ditore» avrebbe avvertito il primo ministro Ramush Haradinaj che se il tribunale fosse stato abolito, gli Stati Uniti non si sarebbero opposti a un’iniziativa russa in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per avviare un progetto simile.

Una Commissione della verità per silurare il tribunale

Le autorità kosovare hanno un altro piano, meno evidente, per rendere difficoltoso il lavoro del tribunale speciale. Nel febbraio del 2017, il presidente Hashim Thaçi ha affermato di voler creare una Commissione della verità e della riconciliazione. «Il Kosovo non può costruire il futuro se resta ostaggio del passato», ha affermato Thaçi. Belle parole, ma molti sono preoccupati dell’iniziativa, che vedono come uno strumento extragiudiziale teso a sbiancare i crimini commessi dai membri ex ribelli e promuovere l’amnistia, minando il tribunale.

Non sarebbe la prima volta in un paese dei Balcani che un leader politico fa uso di una Commissione della verità e della riconciliazione per erodere il lavoro di un tribunale criminale. Nel 2001-2002, il presidente serbo Vojislav Kostunica aveva fatto un tentativo di questo tipo per indebolire l’ICTY. La commissione, tuttavia, non ha mai ottenuto credibilità ed è stata velocemente smantellata.

Quindi, senza aver nemmeno emesso un solo atto d’accusa, il Tribunale speciale si trova di fronte a ostacoli enormi. In che misura sarà in grado di svolgere indagini e proteggere i testimoni, cosa che l’ICTY si è dimostrato incapace di fare? Come farà per arrestare le persone? Qualche mese fa, Dick Marty, che ha innescato questo tribunale con il suo rapporto, ha dichiarato senza mezzi termini: «chi sarà pazzo abbastanza da testimoniare in queste circostanze a 20 anni dagli eventi? Molti testimoni sono già stati assassinati».

L’articolo è già stato pubblicato su JusticeInfo.netCollegamento esterno

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Traduzione di Michela Montalbetti

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