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I film svizzeri bloccati alle frontiere europee

“Hiver Nomade”, di Manuel von Stürler. Un piccolo documentario che ha fatto il giro del mondo. hivernomade.ch

L’esclusione della Svizzera dal programma europeo MEDIA, dopo il sì all’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa”, sta minacciando la distribuzione di film svizzeri all’estero. Le compensazioni previste dalla Confederazione non bastano e una risoluzione del conflitto con l’UE non è all’ordine del giorno.


Bisogna essere onesti: quando si parla di cinema europeo, la Svizzera non è uno dei primi paesi al quale si pensa. Eppure negli ultimi anni, registi come Jean-Stéphane Bron, Ursula Meier o Markus Imhoof – per citarne alcuni – sono riusciti a farsi un nome nel panorama europeo o mondiale e a conquistarsi una fetta di mercato.

La qualità e il carattere internazionale dei loro film sono senza dubbio all’origine di questo successo. Ma la visibilità di cui hanno goduto la devono in parte anche al sostegno finanziario europeo garantito dal programma MEDIACollegamento esterno. Un sostegno al quale la Svizzera non può però più attingere.

«Da inizio anno, i film svizzeri sono considerati paesi terzi, alla stregua del Ghana, del Libano o dell’Albania. I distributori europei e i venditori mondiali non ricevono più alcun incentivo finanziario per promuovere le opere svizzere. Si rischia così di vedere scomparire i film svizzeri dagli schermi europei», afferma con una certa apprensione Ivo Kummer, direttore della sezione cinema dell’Ufficio federale della cultura (UFC).

Freno svizzero all’immigrazione

Il 9 febbraio 2014, il popolo svizzero ha accolto col 50,3% dei voti l’iniziativa popolare “Contro l’immigrazione di massa”, lanciata dall’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice). Il testo prevede l’introduzione di contingenti, tetti massimi e preferenza nazionale entro tre anni. Data l’incompatibilità di queste misure con la libera circolazione delle persone, il governo svizzero ha chiesto all’UE di poter rinegoziare l’accordo. Nel mese di luglio, Bruxelles ha respinto la domanda elvetica. 

La ragione è presto detta. Dopo il freno all’immigrazione deciso dal popolo svizzero il 9 febbraio – che prevede l’introduzione di tetti massimi e contingenti, incompatibili con la libera circolazione delle persone – l’Unione europea ha deciso di congelare i negoziati sulla partecipazione svizzera ai programmi MEDIA, Erasmus Plus e Horizon2020. Una decisione prettamente politica, afferma il vicedirettore dell’UFC Yves Fischer, che è andata però a colpire ingiustamente il mondo della cultura.

Un euro per ogni entrata

Le ripercussioni dell’esclusione della Svizzera dal programma MEDIA si sono già fatte sentire. 

«Ormai prendiamo raramente in considerazione i film svizzeri, perché sappiamo che gli stessi distributori sono più reticenti», afferma Jean-Christophe Simon, direttore dell’agenzia vendite internazionali Films Boutique, che si è occupata tra l’altro della promozione di “More than Honey” (2012), di Markus Imhoof – il documentario svizzero di maggior successo di tutti i tempi – e della commedia “Les Grandes ondes (à l’ouest)” di Lionel Baier.

«I distributori europei ricevono da 70 centesimi a un euro per ogni entrata nelle sale contabilizzata su un film europeo. Senza questo sostegno, anche un film come “More than Honey” non sarebbe probabilmente finito sugli schermi di una trentina di paesi. Per non parlare di un documentario minore,  seppur splendido, come “Hiver Nomade” di Manuel von Stürler, che rischierebbe di passare inosservato».

La concorrenza è enorme, soprattutto per i film svizzeri che spesso non possono contare su casting rinomati o grandi budget. L’agenzia di Jean-Christophe Simon, ad esempio, visiona ogni anno circa 400 film e ne seleziona una decina. Ma il problema sussiste anche in senso contrario: l’esclusione da MEDIA penalizza in modo analogo la distribuzione di pellicole europee in Svizzera, che nel 2013 si sono accaparrate un terzo delle entrate.

Compensazioni insufficienti

Lanciato nei primi anni Novanta, per far fronte allo strapotere dei blockbuster americani, il programma MEDIA garantisce un sostegno finanziario nelle diverse tappe cinematografiche: formazione, produzione, distribuzione, uscita nelle sale e nei festival. La Svizzera vi ha aderito nel 2006 – nel quadro dei accordi Bilaterali II – e da allora ha ricevuto ogni anno circa 4 milioni di franchi di aiuti diretti o indiretti.

Il programma MEDIA

Lanciato all’inizio degli anni Novanta, il programma MEDIA ha per obiettivo di promuovere la creazione e la distribuzione di film europei – penalizzati da barriere linguistiche e culturali e da mercati troppo esigui – per far fronte alla concorrenza d’oltreoceano. La Svizzera vi ha aderito nel 2004, nell’ambito dei Bilaterali II. L’accordo è entrato in vigore il 1° aprile 2006. Da gennaio 2014, l’accordo MEDIA è stato incluso nel programma “Europa creativa”. 

Per compensare questi tagli, la Confederazione ha stanziato un credito di 5 milioni di franchiCollegamento esterno, che potrà essere rinnovato anche nel 2015. Queste misure transitorie coprono però unicamente il mercato interno, in particolare la diffusione di film europei. «Per noi era fondamentale poter assicurare una pluralità dell’offerta culturale», afferma Mister cinema, Ivo Kummer.

A livello di esportazione, invece, la Svizzera ha le mani legate. La legge non permette di versare contributi a distributori all’estero e l’unico palliativo è rappresentato dai 250mila euro offerti da Eurimages, il fondo del Consiglio d’Europa a favore delle opere cinematografiche. «Inutile fare calcoli, la Svizzera esce perdente anche perché al di là del programma MEDIA e dell’agenzia di promozione SWISSFILMS non esiste una strategia nazionale di esportazione dei film», afferma Roberto Olla, direttore esecutivo di Eurimages. «Paesi come la Francia, invece, sostengono attivamente l’industria cinematografica anche all’estero, perché è considerata uno strumento di promozione della cultura, del commercio e del turismo».

Limitare i vantaggi del programma MEDIA alla sola questione finanziaria sarebbe però riduttivo, affermano in coro gli esperti del settore. Far parte del club è anche un’importante occasione di scambio e di crescita, difficilmente rimpiazzabile.

«Per negoziare bisogna essere in due»

A margine del festival di LocarnoCollegamento esterno, autorità federali e professionisti hanno sottolineato la necessità di risolvere al più presto la vertenza con l’UE, per non mettere in pericolo l’industria cinematografica. La strada è però tutt’altro che spianata. Anche perché già prima del 9 febbraio, le trattative tra la Svizzera e l’UE si erano inceppate su questioni tecnico-legislative. Ed ora vi si aggiunge la vertenza sul freno all’immigrazione.

«Non nascondo che le trattative non saranno facili. Dal punto di vista dell’UE, i programmi Erasmus Plus e MEDIA hanno un vincolo diretto col dossier istituzionale e col principio della libera circolazione delle persone. Per questo Bruxelles sta frenando», afferma Ivo Kummer. Sulla partecipazione elvetica ad Horizon2020 è stato invece trovato un accordo, che permette la reintegrazione svizzera, seppur parziale.

I prossimi passi sono attesi in autunno, con l’approvazione da parte di Bruxelles di un mandato negoziale. Durante la conferenza stampa dell’UFC a Locarno, il ministro della cultura Alain Berset ha ripetuto che l’obiettivo del Consiglio federale (governo) è una reintegrazione della Svizzera al programma MEDIA entro i primi mesi del 2015. «Ma per negoziare bisogna essere in due». E la palla è ora nelle mani di Bruxelles. 

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