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“Coraggio politico per mettere le cose in chiaro”

Bandiere Svizzera e UE
La precedenza alla Svizzera? All'Europa? Oppure tutti fermi? Getty Images

Cosa succede quando il voto popolare contraddice gli accordi internazionali approvati dalle autorità? Questo dibattito, benché molto attuale, non è però una novità, come ci ricorda un libro, molto ricco in documentazioni, che propone anche delle soluzioni.

Questo articolo fa parte di #DearDemocracy, la piattaforma di swissinfo.ch sulla democrazia diretta. Qui, oltre a giornalisti interni della redazione, si esprimono anche autori esterni. Le loro posizioni non corrispondono necessariamente a quelle di swissinfo.ch.

“Pacta sunt servanda” (i patti devono essere osservati). Si potrebbe dire che il principio espresso in questa locuzione si trova anche nella Costituzione svizzera: “La Confederazione e i Cantoni rispettano il diritto internazionale” (Art. 5,4). È chiaroCollegamento esterno. Per i giuristi sicuramente. Per i politici forse un po’ meno. Ma che dice il popolo? Da una quindicina d’anni, sembra che ci sia la tendenza ad accettare iniziative che entrano in contrapposizione con questo articolo. Pensiamo, per esempio, al divieto di costruire minareti, al carcere a vita per i criminali pericolosi o alla lotta contro l’immigrazione detta “di massa”. 

Nel suo ultimo libroCollegamento esterno, “Democrazia diretta contro diritto internazionale”, il giornalista Denis Masmejan risale alle origini del problema, nato all’inizio degli anni ’50 con il caso di Rheinau.

All’epoca, i difensori del paesaggio volevano impedire la costruzione di una centrale idroelettrica a due passi dalle famose cascate del Reno. Per bloccare il progetto si è ricorso all’arma pesante dell’iniziativa popolare federale (che è stata in seguito respinta dalla popolazione). Problema: proteggere il sito avrebbe comportato l’annullamento della concessione della centrale, rilasciata in accordo con la vicina Germania. 

Questo primo tiro d’intimidazione – involontario, pare – non significò ancora guerra. Ben più serio è stato però il caso dell’Iniziativa delle AlpiCollegamento esterno, accettata nel 1994, contro il parere di Governo e Parlamento. Chiedendo il trasferimento del traffico merci dalla strada alla ferrovia, il testo violava molti trattati internazionali, fra i quali quello sul transito, risultato di aspri negoziati con Bruxelles. Molti altri negoziati si sono poi resi necessari per arrivare a un compromesso. L’accordo con l’Europa è stato preservato, l’iniziativa mai integralmente applicata. 

Preferenze nazionali

Da una quindicina d’anni si assiste ad un’accelerazione del fenomeno, con proposte sostenute soprattutto (ma non solo) dal campo nazionalista conservatore, ovvero dall’Unione democratica di centro (Udc, destra) e dai suoi alleati. “È vero che ci sono più iniziative oggigiorno, costata Denis Masmejan. Ma ce ne sono state davvero poche durante il periodo dei ‘trenta gloriosi’, epoca di grandi compromessi tra la sinistra e la destra moderata. Bisogna inoltre sottolineare che l’UDC è il primo partito in Svizzera e quando un’iniziativa non viene integralmente rispettata ha una potenza non da poco per battere i pugni sul tavolo e dire che qualcosa non va”.

Il fenomeno non è tipicamente svizzero, sottolinea l’autore. Anche in altri paesi il diritto interno prende piede su quello internazionale, in un clima che ricorda l’Europa delle nazioni. “Non ho nessuna, ma proprio nessuna simpatia per il nazionalismo”, precisa Masmejan, “ma dobbiamo riconoscere che la democrazia – diretta e non – si esercita al momento esclusivamente all’interno della sfera nazionale. Non c’è uno spazio pubblico europeo. C’è un Parlamento, ma si vede che le elezioni restano dominate da una logica nazionale. Possiamo rammaricarcene, ma non è stata ancora trovata una vera alternativa”.    

In un paese che non è neanche membro dell’Unione Europea e dove quest’ultima non gode di grandissima popolarità, come si può ricordare ai cittadini che il diritto nazionale, legittimato dal voto del popolo, deve ogni tanto annullarsi di fronte a quello dei trattati internazionali? 

“Il Governo deve fare politica”

La soluzione radicale più volte ipotizzata sarebbe quella di esaminare preventivamente le iniziative popolari e di eliminare quelle che contengono una disposizione contraria al diritto internazionale, senza nemmeno sottoporle al giudizio popolare. Questo rimedio, pur essendo giuridicamente efficacie, è invendibile politicamente. Nessun partito è pronto a rischiare di sostenerlo, poiché non avrebbe nessuna possibilità di raccogliere una maggioranza. 

Pur riconoscendo che non sarebbe di facile attuazione, Masmejan intravede però una soluzione, realista e applicabile, proposta dal think tank Foraus. Consisterebbe nello spiegare chiaramente ai cittadini e ai promotori prima dello scrutinio che se il testo proposto contraddice un trattato internazionale, sarà richiesto ai votanti – in una domanda separata – se vogliono rinunciare anche a tale trattato. 

Se la risposta è negativa, allora la misura non sarà applicata che in misura compatibile con l’accordo internazionale. E tutti sono avvisati. 

È quello che in pratica è successo con l’iniziativa dell’Udc “Contro l’immigrazione di massa” – salvo che in quel caso nessuno è stato avvisato. Approvata di strettissima misura il 9 febbraio 2014, il testo è stato svuotato della sua sostanza al fine di ottenere un’applicazione conforme alla libera circolazione delle persone tra la Svizzera e l’UE. 

“In questo caso il Governo ha fatto esattamente quello che non doveva fare”, ritiene Masmejan. “Prima del voto ha detto: ‘Attenzione! Rifiutate il testo, perché se l’accettate rischiamo di dover abolire l’accordo sulla libera circolazione’. E dopo ha invece detto: ‘In fondo, dato che i cittadini non hanno votato su una richiesta specifica di abolizione dell’accordo, mettiamo in atto l’iniziativa solo in una misura compatibile con il diritto internazionale'”. E naturalmente, l’Udc ha ora tutte le ragioni per denunciare la violazione della volontà popolare. “È stata la peggiore delle soluzioni, perché questo gli spiana la strada”, aggiunge l’autore, che preferirebbe vedere un Governo pronto a “decidersi a fare politica, prendendo le sue responsabilità”. 

traduzione dal francese, Zeno Zoccatelli

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