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Dentro la cronaca di un’elezione con Milano 55,1

A Locarno presentato un documentario collettivo sulle ultime elezioni amministrative. pardo.ch

Per chi segue la politica al di là della frontiera, Milano rappresenta indubbiamente un polo di grande interesse. E non solo per la Svizzera italiana. Il Festival del film Locarno presenta un documentario sulle scorse elezioni amministrative.

L’idea nasce all’indomani del primo turno elettorale, per poter raccontare con il cinema quel vento di cambiamento che stava dando un nuovo volto politico alla città.  

Milano 55,1 – Cronaca di una settimana di passioni, coordinato da Luca Mosso e Bruno Oliviero, è un documentario collettivo che racconta fatti, momenti e frangenti di campagna elettorale che ha preceduto il ballottaggio per le elezione del nuovo sindaco di Milano. La sfida per la poltrona di Palazzo Marino (sede del municipio) tra la sindaca uscente Letizia Moratti (Partito della libertà, destra) e lo sfidante della sinistra Giuliano Pisapia, si è risolta in favore di quest’ultimo.

Ma il documentario racconta un’altra partita, quella dei numeri due: Matteo Salvini della Lega Nord e Stefano Boeri, del Partito democratico (PD), battuto nel quadro delle primarie da Giuliano Pisapia, anche in quel caso in campo come sfidante. Al di là delle oggettive difficoltà di comprendere una cronaca tutta milanese – nel film non vengono mai esplicitati i nominativi delle persone che appaiono –  il documentario mostra due, o forse tre, modalità di fare politica.

Dare più peso ai fatti che all’interpretazione

La prima, quella dell’esponente della Lega, che la gente trova “bello e simpatico”,  insiste su un lavoro di prossimità popolar-populista, con toni spesso grevi, giudizi sommari e lapidari . L’altro, quello del candidato del Partito democratico, che lavora sulla rete di contatti e che si esprime in modo un po’ ingessato-chic. Superato, in un certo senso, dall’altro popolo di sinistra, quello meno di apparato e meno legato alla nomenclatura. Quello della società, degli ambienti della cultura e dei movimenti.

Un nuovo popolo di sinistra –  che ripone nel colore arancione la propria voglia di cambiamento –  racchiuso in un paio di immagini forti: le riunioni nell’immensa libreria Feltrinelli di Piazza Piemonte, la biciclettata spontanea di centinaia di persone (di cui Boeri non era  a conoscenza), gli abbracci regalati nelle vie di Milano.

In questo senso il documentario non esprime giudizi di valore: «Abbiamo rinunciato alle interviste frontali – ci spiega Luca Mosso –  privilegiando un approccio laterale, un punto di vista che osserva. Un’esigenza scelta anche per ragioni narrative». Perché, sottolinea  Bruno Oliviero, «abbiamo pensato che i fatti fossero più forti che le indicazioni interpretative».

Le parole sono importanti

Però per un non milanese non è evidente seguire tutto il filo del discorso, facciamo notare a Bruno Oliviero. Pronta la sua replica: «La nostra è stata una scelta precisa: abbiamo voluto mettere tutti sullo stesso piano. Non importa chi parla, sono le parole che contano». Certo, se pensiamo a Nanni Moretti quando nel suo film Palombella Rossa – dedicato alla crisi ideologica della sinistra –  urla “Le parole sono importanti” – Oliviero mette al centro una questione essenziale.

Del resto, ci dice Teo Lorini, milanese, scrittore residente in Ticino e docente di italiano alla scuola di commercio di Bellinzona, il linguaggio ha rivestito un ruolo importante nella genesi della voglia di cambiamento a Milano, dove lui ha vissuto molti momenti di campagna elettorale. «Ho visto e sentito di persona le donne della borghesia italiana,  della Milano-bene, protestare contro espressioni razziste e scurrili, con l’esclamazione “vergognatevi”. Una cosa che nessuno osava più fare, perché  da 18 anni dovevi vergognarti tu di pensare in modo diverso rispetto alla maggioranza».

Quel vergognatevi non era nostalgia del bon ton, ma un primo solido indizio di quello che stava crescendo in una società profondamente marcata da 18 anni di berlusconismo e sempre più insofferente nei confronti dell’avvilente imbarbarimento del clima sociale e culturale. E una prima risposta all’interrogativo originario di Bruno Oliviero: «L’Italia potrà diventare un paese migliore di com’è»?  Per scoprire che proprio da Milano sarebbe partita la spinta del cambiamento.

Il tramonto di vecchie logiche

Secondo Teo Lorini, tuttavia, il documentario non rende veramente l’idea della straordinaria energia di cambiamento che si respirava a Milano in quei giorni di maggio. «Ho vissuto a Milano negli anni cupi, in quelli delle destre più becere, quando la città era la culla del pensiero unico berlusconiano e si faceva strada l’astro nascente leghista. Proprio perché conosco questa realtà, mi sento dire che questo film è più un documentario di testimonianza che di condivisione: fanno infatti la loro comparsa una serie di figure e di personalità non introdotte da didascalie, che chi abita a Milano magari riconosce, ma per gli altri restano mute. È dunque un prodotto per addetti ai lavori».

Dal documentario collettivo emerge molto bene l’esistenza di un radicamento di determinate idee, xenofobe, esclusive, razziste, classiste, che compare in una serie di piccoli momenti, come l’edicolante che si scaglia contro la moschea, le signore che dicono a Salvini “ma come sei bello dal vero” e che applaudono ai giovani legaioli.  Ma viene meno, secondo Teo Lorini,  il cambiamento che questa elezione ha rappresentato:  «Si mostra la parte bella, la borghesia illuminata.  Ma manca il coinvolgimento popolare, studentesco e operaistico. Componenti fondamentali».

Volendo fare un discorso più ampio, che cosa ha insegnato la campagna elettorale a Milano? «Ha premiato un indipendente, un uomo fuori dalla nomenclatura. Lo stesso discorso – precisa Lorini – vale per Napoli.  Ma nello stesso tempo mette in evidenza un limite: Berlusconi è al tramonto, anche anagraficamente, ma dall’altra parte non c’è un’alternativa.  A vincere sono le forze sganciate dalle vecchie logiche di partito. Basti guardare il successo dei quattro referendum abrogativi partiti dal basso (12-13 giugno, ndr) che il PD inizialmente non voleva, saltando poi sul carro del vincitore all’ultimo minuto».

Trentamila euro, cinquanta filmmaker, sette giorni di riprese, 100 ore di film, 105 minuti selezionati, una città. Al film Milano 55,1  non mancano certo i numeri originali. A partire da quello contenuto nel titolo: 55,1, come la percentuale di voti con cui il 30 maggio Giuliano Pisapia è diventato il nuovo sindaco di Milano tra lo stupore di un’intera nazione.

Milano 55,1 è un documentario collettivo con la supervisione di Luca Mosso e Bruno Oliviero. Il 30 maggio 2011, Giuliano Pisapia viene eletto sindaco di Milano sconfiggendo Letizia Moratti. È il primo successo della sinistra nella città da 18 anni: un cambiamento profondo è in atto.

Il film è la cronaca dell’ultima settimana di campagna elettorale: grandi eventi collettivi si alternano a ristretti incontri al vertice, politici come Stefano Boeri, architetto da poco entrato in politica con il Partito Democratico, e Matteo Salvini, eurodeputato e capogruppo della Lega Nord in Comune, discutono con i cittadini e stringono le mani agli elettori. E, ciascuno con il suo stile, affronta privatamente e sulla scena pubblica la situazione. I milanesi, consapevoli di essere al centro di una grande trasformazione, affollano le piazze e si colorano di arancione.

A partire dal progetto è nato un sito www.milano30maggio.it in cui si raccolgono le voci di quella giornate di riprese con il diario, la rassegna stampa, altre informazioni sul film e sulle modalità di sostegno del progetto.

Locarno

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