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L’Artico russo è più pericoloso di quello sovietico

Greenpeace da anni conduce azioni di protesta spettacolari per la difesa dell'ambiente. Keystone

La campagna di Greenpeace nell'Artico russo ha fatto i titoli internazionali nelle ultime settimane in seguito all'arresto dei suoi militanti, tra cui uno svizzero. Ma è iniziata più di 20 anni fa. Allora le reazioni erano molto diverse, racconta un ex attivista a swissinfo.ch.

I militanti di Greenpeace furono i primi a portare le banane nella città settentrionale di Murmansk, su richiesta del figlio dell’ecologista russa Yelena Vasilyeva. I bambini di quella località non avevano mai assaggiato il frutto esotico prima di allora.

La piattaforma Prirazlomnaya si trova nel Mare della Pečora, a circa 60 km al largo della costa, nella zona economica esclusiva della Russia .

Sulla piattaforma Prirazlomnaya ci sono 200 lavoratori. Devono fare i conti con la notte polare e un inverno che dura nove mesi, con temperature che scendono fino a quasi 50 gradi sotto zero.

Non vi è nulla di simile in nessun’altra parte del mondo. Se questo straordinario complesso hi-tech di Gazprom sarà un successo, migliorerà notevolmente il prestigio della Russia.

Con le sue 506mila tonnellate, l ‘impianto di trivellazione è il più pesante del mondo .

La costruzione della parte inferiore dell’enorme struttura, il cassone, è iniziata durante il periodo di crisi negli anni ’90. Per la parte superiore, l’impianto adibito all’alloggiamento del personale, la Russia nel 2002 ha acquistato la piattaforma norvegese Hutton, costruita nel 1984, che i norvegesi intendevano rottamare.

In relazione all’acquisto c’è stato uno scandalo per corruzione: mentre il prezzo di vendita iniziale era di 29 milioni di dollari, la Russia ne ha pagati 67 milioni a una società offshore.

L’entrata in funzione della piattaforma era prevista per il 2013, ma è stata rinviata.

Era l’ottobre del 1992. Il movimento dei Verdi era alle prime armi in Russia, ma stava cominciando a fare tendenza. Gli ambientalisti furono invitati dalle autorità a Murmansk. Avevano però un loro piano segreto… che in realtà non tennero veramente segreto: raccogliere informazioni sulle scorie radioattive scaricate in mare al largo della penisola di Kola.

Andreas Freimüller era il cuoco di bordo. “Ad Amsterdam avevo comprato una grande quantità di cibo, sufficiente per nutrire 30 persone per tre mesi, tenendo conto del tempo e del fatto che saremmo potuti finire su un banco di ghiaccio. Avevo anche comprato un sacco di scatole di banane. Stavano maturando quando siamo arrivati a Murmansk e le abbiamo distribuite a tutti coloro che sono venuti a visitare la nostra nave”, dice a swissinfo.ch.

Le forze dell’ordine russe il 18 settembre 2013 hanno arrestato quattro attivisti di Greenpeace – tra cui lo svizzero Marco Weber, di 28 anni – mentre conducevano un’azione di protesta per denunciare i rischi di marea nera rappresentati dalla piattaforma petrolifera offshore Prirazlomnaya. L’indomani sono stati arrestati anche tutti gli altri militanti e membri dell’equipaggio che si trovavano sul rompighiaccio Arctic Sunrise, usato dagli ambientalisti. In totale dietro le sbarre sono finite 30 persone di 18 paesi.

Il 24 settembre le autorità giudiziarie hanno aperto un’inchiesta per pirateria contro gli attivisti. Un reato che prevede fino a 15 anni di carcere. I 30 sono stati posti in detenzione detentiva in diversi carceri a Murmansk e dintorni, nonostante le proteste internazionali. Il tribunale di Murmansk ha rifiutato la liberazione su cauzione, adducendo il pericolo di fuga.

Il 21 ottobre il governo olandese ha deciso di chiedere l’intervento del Tribunale internazionale per il diritto del mare al fine di ottenere il loro rilascio, ma Mosca rifiuta di sottoporsi al procedimento di arbitraggio.

Il 23 ottobre, le autorità russe hanno cambiato il capo d’accusa: ora gli attivisti sono indagati come vandali. Un’imputazione che comporta una pena massima di 7 anni di carcere.

Le pressioni internazionali per la liberazione dei 30 permangono forti.

Territorio segreto

“Abbiamo immerso un dispositivo telecomandato per indagare su possibili versamenti di scorie radioattive in mare. In Occidente vi era il divieto di scaricare rifiuti nucleari, ma non in Russia”, spiega Freimüller .

Era inevitabile che sarebbero sorti problemi: l’area era sorvegliata non solo per via delle condizioni meteorologiche estreme, ma anche per questioni di segreti di Stato. Le uniche persone con mappe dettagliate della località erano militari. Dunque gli estranei finivano inevitabilmente per violare qualche regola.

Freimüller ricorda come si è conclusa la spedizione. “Le guardie costiere russe hanno iniziato a sparare in aria, poi sono venute a bordo e ci hanno detto che eravamo agli arresti”.

In un primo momento era spaventato. “Non avevo mai avuto nulla a che fare con sparatorie”, afferma. “Ma siamo rimasti sulla nave. Eravamo sorvegliati da giovani guardie costiere. Abbiamo dato loro cibo, materassi per dormire. Molte ‘guardie’ avrebbero voluto rimanere con noi in modo permanente. L’indagine è stata effettuata in modo cortese, siamo rimasti a bordo per tutto il tempo e ci hanno rilasciati velocemente”.

Il 24 ottobre 1992, il presidente Boris Eltsin ha firmato i documenti per l’istituzione di una commissione governativa ‘Sul problema dello stoccaggio di rifiuti radioattivi’. Gli attivisti di Greenpeace considerano questo atto come la loro vittoria.

Dopo i successi, le delusioni

La prima volta che degli attivisti di Greenpeace hanno navigato nell’Artico sovietico era nell’autunno del 1990. Dopo essere sfuggiti alle guardie costiere, il 9 ottobre, quattro di loro sono sbarcati su un’isola dell’arcipelago della Novaja Zemlja e hanno tentato di avvicinarsi ai pozzi dove erano stati condotti test nucleari sotterranei. Hanno raccolto campioni di terra e misurato i livelli di radiazione.

Tutti i membri della spedizione sono stati arrestati, ma sono poi stati rilasciati dopo un telegramma personale di Mikhail Gorbaciov, che diceva: “La nave di Greenpeace dovrebbe essere trattata con cortesia ed espulsa dal territorio dell’URSS il più velocemente e con il minor clamore possibili”.

Se ne sono andati con una sensazione di trionfo, come eroi… Pochi giorni dopo è stato effettuato l’ultimo test nucleare da parte dell’URSS nel sito di Novaja Zemlja. E un anno dopo è stata introdotta una moratoria su tutti i test nucleari. Per Greenpeace, è un’altra vittoria.

All’inizio dei grandi cambiamenti nel paese, il movimento ecologista ha avuto un grosso sostegno in Russia: l’idea di proteggere la natura era di per sé molto progressista. Era un simbolo di prossimità con l’Occidente e con un nuovo modo di vita. Ma successivamente è subentrata la delusione: non ci sono partiti ecologisti rappresentati nei circoli del potere e gli ambientalisti non hanno alcun peso reale nel paese.

Ciò nonostante, prima d’ora, anche le azioni audaci si erano concluse senza problemi. Nell’agosto 2012, sei militanti si erano avvicinati coi gommoni alla stessa piattaforma Prirazlomnaya, come quest’estate, e servendosi di attrezzature alpinistiche avevano scalato la parete, sulla quale avevano appeso tre striscioni. Certo erano stati presi di mira con getti di acqua gelida pompata attraverso gli impianti antincendio ed erano rimasti bloccati per 15 ore. Ma poi erano ripartiti senza incidenti.

In Svizzera si sono svolte varie manifestazioni per chiedere la liberazione dei militanti di Greenpeace, in particolare davanti all’ambasciata russa a Berna.

Ma l’azione più spettacolare finora ha avuto luogo il 1° ottobre, allo stadio di Basilea. Durante la partita di Champions League tra la squadra locale e lo Schalke 04, quattro attivisti di Greenpeace si sono calati dal tetto e hanno srotolato uno striscione enorme con la scritta “Gazprom don’t foul the Arctic” (Gazprom, non insudiciare l’Artico), sponsor del club tedesco e uno dei principali sponsor della Champions League. L’UEFA ha inflitto una multa di 30mila euro (37mila franchi) al FC Basilea per “cattiva organizzazione”.

(Traduzione: Sonia Fenazzi))

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