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Dalla Svizzera a Singapore, sola andata

Un emigrante senza rimpianti: Mario Domeniconi A.D.

Lo svizzero Mario Domeniconi si è trasferito a Singapore nel 2006: una scelta professionale e personale di cui è soddisfatto, anche se nella città-stato non è tutto oro ciò che luccica.

«Come sono arrivato qui? Avevo una ditta di informatica che già collaborava con parecchie banche svizzere attive a Singapore. A inizio 2006, mi sono recato sul posto per incontrare i miei clienti e far visita ad alcuni amici», racconta Mario Domeniconi, classe 1971.

«Dopo due settimane di vacanza, mi sono reso conto che vi erano diversi buoni motivi per restare: le opportunità professionali, il clima assai piacevole, la popolazione accogliente e una società multiculturale in cui il razzismo è quasi inesistente».

Detto, fatto: «In meno di quattro mesi ho dunque aperto l’azienda Netability, ho affittato gli uffici, ho assunto il mio primo collaboratore e un anno dopo mi sono trasferito definitivamente».

Tutto più veloce

A Singapore il ritmo degli eventi è diverso rispetto alla Svizzera: «Questo è un paese che si sta sviluppando, di conseguenza tutto è estremamente più rapido, più dinamico. Compilare la dichiarazione dei redditi non dura più di 4-5 minuti. Per fare un altro esempio, è difficile mantenere a lungo i dipendenti: dopo mediamente otto mesi se ne vanno già, magari per un’offerta di soli 3-400 dollari superiore. E senza nemmeno tentare di discutere con me un eventuale adeguamento salariale, che sarei peraltro disposto a concedere!», spiega l’imprenditore ticinese.

Un altro indicatore della crescita di Singapore è visibile osservando il paesaggio. «Dove due anni fa c’era un bel prato, ora c’è un grande casinò con palazzi e alberghi. Qui, in presenza di un progetto valido e di fondi sufficienti, i lavori possono iniziare in tempi brevissimi rispetto a quanto avviene in Svizzera». Ciononostante, precisa, «sono state conservate diverse aree verdi e quartieri tradizionali come Chinatown».

Stato-imprenditore

Una caratteristica di Singapore è il ruolo attivo dello Stato come vettore di sviluppo economico. «Per cercare di favorire la ripresa dopo la crisi, il governo ha per esempio proposto di risarcire agli imprenditori parte degli oneri sociali versati ai dipendenti». Senza contare l’imposizione fiscale bassa, sia per i privati che per le aziende.

Lo Stato interviene inoltre attivamente per rilanciare determinati settori e combattere la disoccupazione: «Se viene deciso di promuovere il settore immobiliare, possono essere concesse un migliaio di licenze speciali di agente immobiliare, senza formazioni o esami particolari».

Quello che la Svizzera potrebbe “copiare” da Singapore, fa presente Mario Domeniconi, «è la rapidità nell’implementare le soluzioni che favoriscono la crescita, per esempio nelle vie di comunicazioni. Nella Confederazione si discute sui progetti ferroviari del 2030, qui si pianifica e si realizza in un paio d’anni».

Non va comunque dimenticato il rovescio della medaglia: «Questa crescita è più virtuale che reale. Il prodotto interno lordo è verosimilmente parecchio inferiore rispetto a quanto dichiarato. Inoltre, la gente viene spinta a consumare, a spendere. Anche chi ha salari poco elevati possiede più di una carta di credito».

Posizione solida

Singapore può contare su condizioni-quadro estremamente favorevoli: l’Unione europea è infatti soltanto il settimo partner commerciale della città-stato. Di conseguenza, eventuali pressioni sul segreto bancario fanno molto meno paura che in Svizzera.

Non va inoltre dimenticato – sottolinea Domeniconi – che la città-stato ha storicamente un rapporto privilegiato con gli Stati Uniti – che hanno installato in quest’area le loro basi navali – e con la Cina, i cui quadri dirigenti spesso vengono formati proprio a Singapore.

Paesi a confronto

Singapore ha alcune importanti caratteristiche simili alla Svizzera, in particolare la neutralità, il segreto bancario e pure una sorta di secondo pilastro, il Central Provident Fund, introdotte dal ministro mentore Lee Kuan Yew, padre fondatore della moderna Singapore.

Singapore sta ormai evolvendo a una velocità superiore rispetto alla Svizzera? «I due sistemi non possono essere paragonati. Tutti gli strumenti e i diritti di cui dispongono i cittadini elvetici rendono ovviamente i processi più complessi, ma costituiscono nel contempo una forma di democrazia unica», risponde Domeniconi.

Gli chiediamo infine se e quando conta di tornare in Svizzera: «Quel giorno, sarà un giorno triste. Rientro volentieri nel mio paese, con cui ho forti legami. Ma qui sto davvero bene… e mi resta ancora molto da scoprire».

Andrea Clementi, Singapore, swissinfo.ch

Nel 1819 il Sultanato di Malacca cedette Singapore alla Compagnia delle Indie Orientali. Da allora l’isola è sempre rimasta una colonia della Gran Bretagna, ad eccezione del triennio di occupazione giapponese (1942-1945).

Nel 1955 il Partito Laburista locale concluse un accordo con la Gran Bretagna che consentì di pervenire di fatto all’autogoverno. Nel 1959 il People’s Action Party di Lee Kuan Yew vinse le elezioni ed un Referendum popolare sancì, nel 1962, la volontà di aderire alla federazione malese (settembre 1963).

Tuttavia, le tensioni all’interno della federazione divennero presto evidenti e Singapore fu espulsa dalla Federazione, divenendo uno Stato indipendente il 9 agosto 1965.

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