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Erdogan vince di misura, la Turchia è spaccata

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan nel suo primo discorso dopo la vittoria di misura. KEYSTONE/EPA/TOLGA BOZOGLU sda-ats

(Keystone-ATS) Recep Tayyip Erdogan diventa ‘super-presidente’, ma la Turchia resta spaccata in due. Come previsto dai sondaggi, il cruciale referendum costituzionale che blinda il ‘Sultano’ fino al 2034 finisce con un testa a testa.

Il ‘sì’ vince con il 51,2%, con un margine di un milione di voti di vantaggio.

“La Turchia ha preso una decisione storica di cambiamento e trasformazione” che “tutti devono rispettare, compresi i Paesi che sono nostri alleati”, ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, nel suo primo discorso dopo la vittoria di misura. “La Turchia ha preso la sua decisione con quasi 25 milioni di cittadini che hanno votato sì, con quasi 1,3 milioni di scarto. È facile difendere lo status quo, ma molto più difficile cambiare”, ha detto Erdogan, ringraziando i leader dei partiti che hanno sostenuto il ‘sì’ al referendum. “Voglio ringraziare ogni nostro cittadino che è andato a votare. È la vittoria di tutta la nazione, compresi i nostri concittadini che vivono all’estero. Questi risultati avvieranno un nuovo processo per il nostro Paese”, ha aggiunto il presidente turco.

“Abbiamo ancora molto da fare insieme, continueremo ad andare avanti per la nostra strada. Abbiamo incontrato ostacoli, ma con il volere di Allah non ce ne saranno più. La Turchia farà passi avanti avvicinandosi ai Paesi più sviluppati”. Ha detto Erdogan, arringando la folla che invocava il suo nome. “Voglio essere il servo di questa nazione, non il padrone”, ha aggiunto. Il presidente ha infine promesso di discutere con gli altri leader politici la reintroduzione della pena di morte in Turchia, che potrebbe essere oggetto di un nuovo referendum.

Ma quello del referendum costituzionale sul presidenzialismo è un successo macchiato da forti polemiche sui brogli, con l’opposizione che annuncia di voler contestare almeno il 37% delle schede dopo che il Consiglio elettorale supremo (Ysk) ha autorizzato, per la prima volta in Turchia, il conteggio tra i voti validi di schede non timbrate, salvo esplicite prove di frodi. “I nostri dati indicano una manipolazione tra il 3 e il 4%, da stamani abbiamo individuato 2,5 milioni di voti problematici”, ha denunciato il vice-leader dei kemalisti del Chp, Erdal Aksunger.

A decidere la vittoria di Erdogan è stato ancora una volta lo zoccolo duro dei suoi sostenitori nell’Anatolia profonda, islamica e tradizionalista, mentre deludente è apparso l’apporto dei nazionalisti del Mhp, a loro volta spaccati sulla scelta referendaria.

Al presidente hanno voltato le spalle le grandi metropoli, dove il suo Akp governa da più di vent’anni. A Istanbul e nella capitale Ankara il ‘no’ è sopra il 51%, mentre a Smirne, terza città del Paese e storica roccaforte laica, sfiora il 70%. Anche i curdi, duramente colpiti dalla repressione prima e dopo il fallito golpe della scorsa estate, si sono espressi in maggioranza contro Erdogan. Che però, ancora una volta, l’ha spuntata sulla linea del traguardo.

Alta la partecipazione al voto, come da tradizione in Turchia. L’affluenza finale è dell’84%, mentre fa il record l’affluenza all’estero, superando il 45%. Con gli emigrati, la retorica nazionalista anti-Ue ha funzionato. Il ‘sì’ all’estero sfiora il 60%, va anche oltre in Germania e Olanda. I compatrioti dalla Svizzera hanno invece fatto il contrario: a dire di “sì” è infatti stato il 41,16%, secondo gli ultimi dati ufficiali pubblicati dopo lo spoglio di meno di 2/3 delle schede di voto registrate su suolo elvetico. Dalla Confederazione, tra il 27 marzo e il 9 aprile, hanno votato 54’436 dei 95’263 elettori iscritti.

Il popolo di Erdogan festeggia in piazza e con i suoi leader. “Questa è una nuova pagina nella storia della nostra democrazia, il risultato verrà usato per garantire la pace e la stabilità della Turchia”, ha detto ai sostenitori accalcati sotto la pioggia il premier Binali Yildirim che, salvo crisi di governo, sarà l’ultimo della storia turca, fino all’entrata in vigore del nuovo sistema presidenziale nel 2019.

“D’ora in poi, c’è una nuova Turchia”, ha esultato il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu. Di “successo molto importante” ha parlato poi il leader nazionalista Devlet Bahceli. Il referendum non lascia spazio a mezze misure, ma da stasera la Turchia appare ancora più divisa.

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