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Eternit di nuovo sotto accusa a Genova

Anche in Italia il terribile amianto ha provocato la morte di migliaia di persone negli ultimi decenni Keystone

Sessanta milioni di euro. È il valore che i legali delle vittime dell’amianto in Italia chiedono come risarcimento a Eternit e a Stephan Schmidheiny.

Una prima udienza contro i vertici dell’azienda in Italia e le consociate Anova e Becon si è tenuta martedì a Genova.

Casale Monferrato, Siracusa, Bari, Napoli ed ora Genova: Eternit è ancora nell’occhio del ciclone.

E questa volta le richieste di risarcimento avanzate dai legali delle vittime dell’amianto o dei loro famigliari si rivolgono anche direttamente contro Stephan Schimdheiny.

All’imprenditore svizzero appartenevano infatti negli anni ’70 e ’80 diversi stabilimenti italiani che hanno fabbricato tonnellate di materiale edile contenenti il micidiale amianto.

Migliaia di persone sono morte o sono rimaste invalide per una malattia gravissima: il mesotelioma che, secondo gli esperti, è intimamente legato al contatto con l’amianto.

Sequestro di 60 milioni

A Genova, la sede italiana di Eternit, gli avvocati delle vittime chiedono ora il sequestro conservativo di 60 milioni di euro, cioè il patrimonio di Stephan Schmidheiny, per risarcire lavoratori e famigliari colpiti dal mesotelioma.

“Siamo arrivati ai vertici mondiali della multinazionale”, dice a swissinfo Silvio Aliffi, uno degli avvocati di parte civile.

“Il ricorso per sequestro si è reso necessario” aggiunge Aliffi, “a seguito dell’emergere di nuovi elementi di prova, da cui risulta la pesante intromissione di Stephan Schmidheiny, nonché di sue società e dirigenti svizzeri, nelle politiche di prevenzione e controllo delle malattie riconducibili all’amianto in tutti gli stabilimenti Eternit in Italia e in tutto il mondo”.

Nel frattempo, un altro gruppo di legali siciliani ha formulato un’altra richiesta di indennizzi, portando la somma totale a 118 milioni di euro.

Secondo l’avvocato Aliffi, il rinvio a febbraio permetterà forse di raggiungere un compromesso, che di fatto potrebbe portare allo stralcio del processo civile. Rimarrebbe tuttavia aperta l’ipotesi del processo penale.

Nuovi elementi

La storia giudiziaria dell’amianto della Eternit è lunga decenni.

Contro i fratelli svizzeri Thomas e Stephan Schmidheiny, ex-titolari tra l’altro di una delle più importanti multinazionali del cemento, sono già stati aperti due procedimenti in Italia, a Torino e a Siracusa, dove l’amianto avrebbe provocato la morte di circa 2600 persone.

Sia in Sicilia che in Piemonte, alcuni dirigenti di Eternit, italiani e svizzeri, sono già stati condannati a pene detentive e pecuniarie.

Ma ora sarebbero emersi nuovi elementi che coinvolgerebbero direttamente i massimi vertici della multinazionale: sapendo della pericolosità degli impianti di amianto – dicono gli avvocati di parte civile – i dirigenti non avrebbero fatto abbastanza per proteggere gli operai.

“La causa di sequestro conservativo riguarda solo Stephan Schmidheiny, ex-azionista di maggioranza della Eternit e delle due società Anova e Becon”, sottolinea Silvio Aliffi.

“Thomas, che invece non ha mai avuto responsabilità dirette nella Eternit, ha nel frattempo provveduto a versare, per ciò che era di sua competenza, 1,7 milioni di euro di risarcimento alle vittime di Siracusa”, aggiunge l’avvocato delle vittime dell’amianto.

Nessun commento in Svizzera

La nuova causa in Italia non concerne la società svizzera Eternit, con sede a Niederurnen nel canton Glarona.

“Tra l’azienda italiana e quella svizzera non vi è più nessun legame perlomeno dal 1986 e non siamo quindi assolutamente chiamati in causa”, spiega il direttore esecutivo Anders Holte, precisando che Schimdheiny ha ceduto da anni il suo capitale di Eternit svizzera.

Potrebbe invece essere coinvolta in un’eventuale processo la società Anova di Zurigo, che rappresenta tuttora gli interessi di Stephan Schmidheiny.

“Come nostra abitudine, non commentiamo nessun procedimento in corso”, fa sapere Peter Schürmann, responsabile di Anova.

Schürmann fa inoltre notare che, nel corso della prima udienza di martedì, la giudice italiana incaricata del caso non è neppure entrata in materia sulle accuse e le rivendicazioni finanziarie della controparte. La prossima udienza è prevista nel febbraio 2005.

Ente di controllo chiamato in causa

Secondo diversi ex-dirigenti Eternit, che recentemente si sono decisi a collaborare con la magistratura, le direttive sulla sicurezza in tutti gli impianti Eternit nel mondo erano decise in Svizzera.

In tal caso verrebbe chiamata in causa anche la Suva (l’ente svizzero incaricato di sorvegliare la sicurezza sul lavoro), che non avrebbe verificato sufficientemente le condizioni di lavoro negli stabilimenti Eternit in Svizzera e all’estero.

“Il coinvolgimento della Suva”, afferma l’avvocato Aliffi, ”potrebbe però essere solo di tipo morale”.

Da parte sua, l’istituto di assicurazione contro gli infortuni respinge ogni addebito.

“La Suva non è in alcun modo competente per quanto riguarda le attività di ditte all’estero. Basti pensare che, in altri paesi, non potremmo neppure esercitare una funzione di controllo”, fa notare il portavoce Manfred Brunnler.

A detta di Brunnler, molte critiche che vengono sollevate oggi in relazione all’amianto non tengono conto di un contesto storico.

“Le conseguenze dell’amianto si sono fatte sentire soltanto alcuni decenni dopo. Durante questo periodo non vi erano quindi delle conoscenze scientifiche sui pericoli di questo metallo. La Suva è però sempre intervenuta tempestivamente, non appena disponeva di nuovi riscontri scientifici”, spiega Brunnler.

swissinfo, Paolo Bertossa

Gli avvocati delle vittime dell’amianto negli stabilimenti di Eternit in Italia chiedono complessivamente 118 milioni di euro a Schmidheiny.
Tra gli anni ’70 e il 1986, l’imprenditore svizzero controllava anche diverse aziende in Italia che producevano materiale edile contenente amianto.
La seconda udienza a Genova è prevista il 7 febbraio 2005.

In Italia, le procure di Torino e Siracusa hanno già aperto due procedimenti contro i fratelli svizzeri Thomas e Stephan Schmidheiny.

A Torino sono indagati per disastro colposo riferito agli impianti di Casale Monferrato, dove l’amianto ha provocato circa 2000 vittime.

La magistratura di Siracusa, dove vi sono state circa 600 vittime, indaga invece per omissione dolosa di misure atte a garantire la sicurezza nel lavoro.

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