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Governo svizzero unito sulla Libia

Reuters

La preoccupazione principale di Berna nel contenzioso con Tripoli è il rientro dei due svizzeri trattenuti in Libia: lo ha sottolineato la ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey, che unitamente al presidente della Confederazione Hans-Rudolf Merz, ha espresso l'auspicio di una normalizzazione delle relazioni fra i due Paesi. Dalla Libia è giunto un primo segnale positivo.

Dopo giorni di speculazioni su presunti conflitti fra il Dipartimento degli affari esteri (DFAE) e la presidenza sull’accordo firmato da Merz lo scorso 20 agosto a Tripoli, i due ministri mercoledì sono attesi al varco dai media elvetici.

Ma poco prima dell’inizio della conferenza stampa che segue la seduta settimanale del governo, per i giornalisti giunge un’informazione che è come una doccia fredda: Hans-Rudolf Merz e Micheline Calmy-Rey non risponderanno a nessuna domanda, si limiteranno a leggere le rispettive dichiarazioni.

Così, in una sala stampa gremita, aleggia un’aria mista di tensione e di frustrazione quando arrivano la responsabile della diplomazia elvetica e il presidente della Confederazione. “Si tratta di una situazione eccezionale e vi chiediamo perciò la vostra comprensione”, si scusa il portavoce del governo André Simonazzi.

I due ministri si mostrano compatti: all’unisono assicurano che in governo si lavora di comune intesa e che si prosegue sulla via percorsa finora. L’esecutivo vuole agire per il bene dei due uomini d’affari svizzeri che non hanno più potuto lasciare la Libia, in seguito al fermo, nel luglio 2008 a Ginevra, del figlio e della nuora del colonnello Muammar Gheddafi. Il Consiglio federale vuole pure fare tutto il possibile affinché le relazioni fra Berna e Tripoli tornino alla normalità.

La guerra dei nervi

L’aria severa, Merz prende la parola per primo. Spiega che i due svizzeri trattenuti in Libia non hanno il permesso di lasciare il Paese, ma “non sono né incarcerati né agli arresti domiciliari”. Entrambi stanno bene, anche se ovviamente la situazione di totale incertezza è estremamente difficile da sopportare dal profilo psicologico. È una situazione che logora i due diretti interessati e le loro famiglie, osserva il ministro della Confederazione.

Merz sostiene che è in primo luogo al fine di consentire ai due connazionali di rimpatriare il più rapidamente possibile che è stato deciso di concludere l’accordo per la normalizzazione delle relazioni con Tripoli, tanto criticato in Svizzera. “È nella tradizione della nostra politica estera avere buone relazioni con tutti i Paesi”.

Benché nel testo non sia esplicitamente menzionata l’autorizzazione di lasciare la Libia per i due uomini d’affari svizzeri, nelle trattative ciò era apparso chiaramente e “senza possibilità di malintesi”, precisa il presidente della Confederazione.

In una lettera del 26 agosto, le autorità libiche avevano promesso che il caso sarebbe stato risolto rapidamente e che i due cittadini elvetici avrebbero potuto lasciare il Paese nordafricano. Una promessa che Tripoli non ha mantenuto.

Svizzera, Stato di diritto che rispetta gli impegni

Ciò nonostante il governo federale ha deciso di applicare l’accordo. “La Svizzera non ha alcun interesse a non applicare un accordo che ha firmato”, prosegue Micheline Calmy-Rey. “In qualità di Stato di diritto, la Svizzera rispetta i suoi impegni internazionali”.

La responsabile della diplomazia elvetica ribadisce quindi i concetti precedentemente espressi dal collega di governo sulle priorità svizzere in questa vicenda. La ministra si dice al fianco di Merz “per sostenerlo” in questa vicenda e che il suo Dipartimento lavora in stretta collaborazione con l’ufficio della presidenza.

Quanto al collegio governativo, “la settimana scorsa ha deciso di applicare l’accordo e oggi è rimasto sulla stessa posizione”, precisa la Calmy-Rey.

Un lume di speranza da Tripoli

I due ministri elvetici rilevano che la Confederazione ha già compiuto i passi richiesti, designando la giurista britannica Elizabeth Wilmshurst in seno al previsto tribunale arbitrale, che dovrà statuire sulle circostanze del fermo di Hannibal Gheddafi a Ginevra. Ora spetta alla Libia rispettare i propri impegni.

Ma qualcosa intanto si muove anche a Tripoli. Sul suo sito internet, il Ministero libico degli esteri mercoledì comunica che la Libia ha nominato per tale funzione l’avvocato di origine algerina, ma di nazionalità britannica, Saad Jabbar. L’avvocato Jabbar ha già funto da consigliere di Tripoli nella vicenda Lockerbie.

Nell’accordo firmato lo scorso 20 agosto da Hans-Rudolf Merz e dal premier libico Al Baghdadi Ali al Mahmudi, i due Paesi si sono impegnati ad istituire un tribunale arbitrale composto di tre persone. Ogni parte deve nominare una personalità indipendente proveniente da uno Stato terzo. I due giudici così designati dovranno accordarsi sulla nomina di un terzo arbitro che assumerà la presidenza del tribunale arbitrale con sede a Londra. Secondo i termini dell’accordo, le parti avrebbero avuto tempo fino al 30 agosto a mezzanotte per operare la scelta. Scadenza che Berna aveva rigorosamente rispettato.

Sonia Fenazzi, swissinfo.ch

15 luglio 2008: Hannibal Gheddafi e la moglie Aline, incinta di nove mesi, sono fermati dalla polizia in un albergo a Ginevra. Sono accusati di maltrattamenti nei confronti di due domestici, una tunisina e un marocchino.

17 luglio: la coppia Gheddafi è incriminata per lesioni semplici, minacce e coazione. Sono rimessi in libertà dietro pagamento di una cauzione di 500’000 franchi.

19 luglio: due cittadini svizzeri in Libia sono arrestati con l’accusa di aver violato le disposizioni sull’immigrazione e sul soggiorno. Altre misure di ritorsione colpiscono diverse aziende elvetiche, che devono chiudere le loro attività in Libia.

26 luglio: la Libia esige dalla Svizzera scuse ufficial e l’archiviazione del procedimento penale. La Confederazione respinge le richieste.

29 luglio: i due svizzeri fermati in Libia sono liberati dietro cauzione (circa 18’000 franchi in tutto), ma non possono lasciare il paese.

2 settembre: i due domestici della coppia Gheddafi ritirano le accuse dopo aver ricevuto un indennizzo. Il procuratore generale di Ginevra Daniel Zappelli archivia il caso.

8 aprile 2009: la Libia sporge una denuncia civile contro il cantone di Ginevra.

Fine maggio: la ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey si reca a sorpresa in Libia con le mogli dei due cittadini svizzeri. Il DFAE parla di “progressi significativi”.

20 agosto: il presidente della Confederazione Hans-Rudolf Merz si reca a Tripoli e si scusa per l’arresto “ingiustificato e inutile” di Hannibal Gheddafi e della sua famiglia da parte della polizia ginevrina. In cambio riceve la promessa che i due cittadini elvetici trattenuti in Libia potranno ritornare in patria entro fine agosto. Merz e il primo ministro libico firmano un accordo che sancisce l’istituzione di un tribunale arbitrale e mira a normalizzare le relazioni bilaterali.

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