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Alberto Nessi: «Si è voluto ricordare che in Svizzera si parla anche italiano»

Alberto Nessi nella sua abitazione di Bruzella, in Ticino. Keystone

Scrittore impegnato e poeta sognatore, Alberto Nessi, 75 anni, ha ricevuto il Gran Premio svizzero di letteratura 2016. «Solidale con la classe operaia» e vicino alla natura, l’autore ticinese racconta di come da adolescente ha sentito il bisogno di scrivere. Intervista.

La sua semplicità, la sua franchezza, fanno di lui una persona benvista. Lo stesso vale per il suo essere scrittore, vicino agli indigenti e ai ribelli nei suoi romanzi e poesie. Alberto NessiCollegamento esterno non sopporta la futilità e la vanità. I premi gli fanno piacere, certo, ma sembra quasi scusarsi per i riconoscimenti ottenuti, talmente la sua modestia è grande.

Alberto Nessi

Poeta e romanziere, nasce nel 1940 a Mendrisio. Cresce a Chiasso e all’età di 15 anni perde suo padre e si avvicina alla letteratura.

Dopo una formazione alla Scuola magistrale di Locarno, studia all’Università di Friburgo dal 1965 al 1967. In seguito insegna letteratura italiana.

Nel 1972 si sposa con un’italiana, Raffaella, con cui ha due figlie.

Collabora con numerosi giornali e riviste. Scrive degli spettacoli radiofonici per la Radio svizzera di lingua italiana.

Tra le sue raccolte di poesie ci sono, tra l’altro, “I giorni feriali”, “Ai margini”, “Rasoterra” e “Il colore della malva”. Per i romanzi si possono citare “Terra matta”, “Tutti discendono”, “Rabbia di vento”, “La prossima settimana, forse” e “Milò”. Il suo editore principale è Casagrande.

I suoi libri sono stati tradotti in diverse lingue, tra cui francese, tedesco, inglese, spagnolo, russo, polacco e croato.

Ha ottenuto vari riconoscimenti, come ad esempio il Premio Schiller, il Premio Lipp e il Premio Welti.

Grande quanto la sua abilità di scrittore, che gli è valsa il Gran Premio svizzero di letteratura 2016Collegamento esterno. Dalla creazione del premio nazionale quattro anni fa, è il primo ticinese a ottenere questa distinzione. Eppure, non si lascia sedurre dai complimenti. Al telefono, ci chiede cortesemente di non qualificarlo di «grande» scrittore…

swissinfo.ch: Qual è stata la sua reazione quando ha saputo di essere il vincitore del Gran Premio?

Alberto Nessi: È da oltre 40 anni che scrivo. Finora ho pubblicato sei raccolte di poesie e sei libri di prosa narrativa, senza contare gli articoli e i saggi. Quando ho appreso la notizia mi sono detto che questo premio è un riconoscimento del mio lavoro. Sono stato comunque molto sorpreso. E per essere sincero, posso dire che mi sono sentito più contento per la lingua italiana che per me. Èinnanzitutto l’italiano ad essere stato premiato dalle autorità di Berna, le quali ricordano in questo modo che da qualche parte in Svizzera si parla anche italiano. Sa, a volte le regioni germanofone e francofone lo dimenticano.

swissinfo.ch: Con questo premio, il Ticino non è quindi più il «paese dimenticato» che descrive nella sua antologia di testi “Rabbia di vento” pubblicata qualche anno fa….

A. N.: Preciso che prima di me ci sono stati grandi scrittori, tra cui Giorgio e Giovanni Orelli, che hanno conferito a questo cantone una dimensione letteraria internazionale. Detto questo, con «paese dimenticato» intendo piuttosto paese misconosciuto. È in questo senso che faccio il ritratto di un Ticino di cui non si conoscono bene tutti i volti. Spesso è visto come un paradiso turistico e finanziario. Tuttavia, soffre a causa dei problemi politici e delle sue relazioni difficili con la vicina Italia e le sue fiumane di rifugiati. Sebbene occupi una posizione centrale tra Milano e Zurigo, il Ticino rimane chiuso su sé stesso.

È un atteggiamento che si manifesta anche su scala nazionale: la Svizzera è al centro dell’Europa, quell’Europa a cui non vuole partecipare. Rende così perpetuo il ripiegamento su sé stessa. Le scelte espresse durante le votazioni federali la dicono lunga su questo tema: non amiamo i rifugiati, ad esempio…

swissinfo.ch: Parlando con amichevolezza degli immigrati clandestini, parecchio tempo fa lei scrisse in un poema molto bello: «vengono all’improvviso», questi «impalliditi che passano di frodo la garitta». Oggi, queste sue parole risuonano con forza. Qual è il suo sguardo sui migranti che arrivano in Europa?

A. N.: È un problema complesso che non si può trattare in poche parole. Ripeto: le decisioni politiche dei nostri governi devono essere prese con l’Europa e non senza di essa. Certo, il mio poema trova risonanza nell’attualità, ma è una premonizione di uno scrittore, non una visione di un politico.

«Quando si tratta di prendere posizione, io ci sono. Ma non posso per questo affermare di avere una vocazione di uomo politico. Preferisco di gran lunga la letteratura e mi considero piuttosto un homo poeticus».

swissinfo.ch: È comunque vicino alla politica: lei è di sinistra e non lo nasconde…

A. N.: Sì, sono stato candidato socialista al Consiglio nazionale [camera bassa del parlamento svizzero, ndr]. L’ho fatto per solidarietà. Quando si tratta di prendere posizione, io ci sono. Ma non posso per questo affermare di avere una vocazione di uomo politico. Preferisco di gran lunga la letteratura e mi considero piuttosto un homo poeticus.

swissinfo.ch: Lei non sopporta l’ingiustizia sociale, come testimoniano i suoi romanzi quali “La prossima settimana, forse”, pubblicato nel 2088, e “Milò”, l’ultimo in ordine cronologico, che racconta la storia di una partigiana che ha lottato contro il fascismo. Perché sempre dei personaggi di rivoluzionari?

A. N.: Perché sono affascinato dagli esseri che fanno scelte coraggiose per convinzione. È una forma d’impegno morale e intellettuale che ho sempre apprezzato. Come il personaggio di José Fontana, l’eroe di “La prossima settimana…”, Milò è realmente esistita. Dietro a questo nome si nasconde Emile Lexert, che dopo aver vissuto a Vevey assieme alla madre sigaraia, ed essere stata cacciata dalla Svizzera, si è stabilita in Valle d’Aosta dove ha raggiunto la resistenza contro il fascismo, prima di essere uccisa nel 1944.

Mi avvicino in maniera quasi naturale a persone semplici e libere, che adoro. Ritengo che uno scrittore abbia anche il dovere di parlare della condizione umana. Io stesso provengo da un contesto popolare. Anche mia mamma faceva la sigaraia.

swissinfo.ch: Parla spesso delle sue origini modeste. Fino a che punto hanno influenzato la sua scrittura?

A. N.: Mi sento solidale con la classe operaia. Ma non posso dire che sia l’unica ad ispirarmi. Non basta avere una madre sigaraia o un nonno analfabeta come fu il mio, per diventare scrittore. Da una parte ci sono coloro che hanno un vuoto da colmare, e che lo riempiono con le parole. Dall’altra ci sono quelli che hanno molte idee in testa e che tentano di metterle su carta. In entrambi i casi bisogna sapere dare una via al pensiero, una via libera. Ma per tornare a ciò che mi ispira, direi che avendo avuto una vita abbastanza semplice di docente, non ho vissuto grandi avventure. Le ho quindi immaginate nei miei romanzi, identificandomi con personaggi reali dal percorso appassionante.

swissinfo.ch: La natura è molto presente nelle sue opere. In un comunicato, l’Ufficio federale della cultura menziona la sua «lirica riservata» e la sua «prosa dalle sfumature oniriche». Lei cosa ne pensa?

A. N.: Penso che sia appropriato dato che amo molto gli alberi e i fiori. Ho vissuto a Chiasso, ma ho lasciato quella città circa 20 anni fa per stabilirmi poco lontano, a Bruzella, in piena campagna. Lavoro molto nel mio giardino, il contatto con la terra mi rende felice. Sono anche un gran camminatore: ho d’altronde tradotto il piccolo trattato “Del camminare in pianura” dell’autore romando Gustave Roud.

swissinfo.ch: In un’altra vita, riuscirebbe a immaginarsi di non essere uno scrittore?

A. N.: Oh! È difficile rispondere a questa domanda. Quello che posso dire è che durante l’adolescenza mi è venuta questa idea fissa di scrivere. Non mi sono discostato da questo. Forse, in un’altra vita mi verrà l’idea fissa di dipingere. Amo la pittura.

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Gli altri vincitori dei Premi svizzeri di letteratura 2016

Il Premio speciale della traduzione è stato assegnato a Harmut Fähndrich. Traduttore e mediatore di letteratura di lingua araba, nasce nel 1944 a Tübingen (Germania). Ha insegnato arabo e storia della civilizzazione islamica al Politecnico federale di Zurigo e ha diretto per quasi 30 anni la collezione di letteratura araba della casa editrice Lenos.

Tra gli altri premiati ci sono Giovanni Fontana (“Breve pazienza di ritrovarti”), Massimo Gezzi (“Il numero dei vivi”), Yves Laplace (“Plaine des héros”), Antoinette Rychner (“Le Prix””), Ruth Schweikert (“Wie wir älter werden”), Monique Schwitter (“Eins im Anderm”) e Leta Semadeni (“Tamangur”).

Traduzione dal francese di Luigi Jorio

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