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Il caso Ruben continua a lacerare

Ruben conteso tra la madre Lucille Hunkeler e il padre Stefano Bianchi Keystone

La vicenda di Ruben, ragazzino conteso fra la madre svizzera e il padre italiano, continua a suscitare clamore dopo l'arresto della donna, che lo aveva sottratto tre anni fa alla custodia dell'ex marito.

Lucille Hunkeler è attualmente detenuta a Rebibbia con gli altri due figli avuti successivamente; a breve potrebbe comunque essere liberata e passare agli arresti domiciliari.

Seguito dall’Italia, il «caso Lucille Hunkeler» si sviluppa sui due versanti che ben rappresentano i diversi volti di questa vicenda: da una parte, il volto battagliero ma anche angosciato di Elisabeth, la madre dell’ex campionessa svizzera di ciclismo detenuta dal primo novembre nel carcere romano di Rebibbia, dove ha portato con sé i due figli più piccoli; dall’altra quello raggiante di Stefano Bianchi, il medico a cui la giustizia della Penisola ha riconsegnato il figlio conteso, Ruben, di otto anni.

Una nonna angosciata

«Eli», mamma di Lucille e nonna di Ruben, non si dà pace. Si è precipitata dalla Svizzera, ha alloggiato in un alberghetto situato dall’altra parte della strada del mega-carcere della capitale italiana: «Non si può trattare in questo modo una madre che ha pensato soltanto al bene del proprio figlio», ripete mentre trascorre lunghe, snervanti ore davanti all’entrata della sezione femminile.

Per lei non conta il verdetto con cui il giudice di Pistoia sentenziò che Ruben doveva stare con il papà; né il mandato di cattura internazionale emanato dalla stessa procura italiana dopo la scomparsa di Lucille oltre tre anni fa; e ancor meno il fatto che anche la giustizia elvetica abbia dato torto a Lucille, ora accusata di «sequestro di persona».

Per lei conta il destino di Ruben – «una catastrofe», dice, lanciando al padre accuse pesantissime – e il fatto che dentro Rebibbia la sua Lucille sia rinchiusa con i due figli piccoli, avuti durante la latitanza: «Una bambina vivacissima di due anni e un bimbo di sei mesi, bello, robusto», ci ha detto Eli, dopo l’unica visita alla figlia concessa nei quattro giorni trascorsi a Roma.

«La trattano bene e l’ho trovata incredibilmente coraggiosa e forte», dice di Lucille, che dovrebbe essere «subito rimessa in libertà, anche perché i due piccoli vivono in carcere illegalmente: non hanno un passaporto italiano, sono svizzeri, devono vivere fuori dal carcere, insieme alla mamma».

Difesa fiduciosa su scarcerazione

Nel collegio di difesa c’è ora anche un secondo legale: Carlo Golda, un esperto nel settore dei diritti dei minori. Affiancherà Sabrina Bessone. È stata lei a preannunciare la possibile svolta. «Il magistrato sembra disposto ad accettare la nostra richiesta per il trasferimento di Lucille Hunkeler, che ho visto molto angosciata, in una cosiddetta casa-famiglia».

In sostanza si tratterebbe di arresti domiciliari, in una struttura più adeguata per i due figli dell’ex campionessa elvetica. Il trasferimento deve essere deciso dal giudice per l’inchiesta preliminare, dopo aver valutato fra l’altro se esista il pericolo di reiterare il reato.

Secondo alcune nostre informazioni, il passaggio agli arresti domiciliari potrebbe avvenire a breve termine, e forse in un istituto di accoglienza situato nella regione di Pistoia, la stessa dove si trova Ruben insieme al papà. Probabilmente per rendere possibili o più agevoli le visite della madre, nel corso di una detenzione sulla cui durata vi è la massima incertezza.

Un papà felice di riavere il figlioletto

La volontà di permettere a Lucille di rivedere regolarmente Ruben ci era stata ribadita dallo stesso Stefano Bianchi, nell’unica intervista rilasciata dopo l’estradizione dall’Africa in Italia dell’ex moglie. Aveva trascorso la sua prima giornata insieme al bambino, dopo più di tre anni. Non stava nella pelle per la felicità.

Ci ha raccontato come è avvenuto l’incontro: su un tavolo alcune vecchie foto che li ritraggono insieme nei giorni felici, una video-cassetta che ripropone anch’essa scene della loro trascorsa vita famigliare, Ruben che entra nella stanza e che è sempre più interessato a quell’uomo che gli sembra di riconoscere. «E dopo venti minuti – dice Bianchi – mi chiamava papà».

Complicità di terzi: finora due fermi in Svizzera

Di lei, di Lucille, non ha molta voglia di parlare: sa che ha vissuto soprattutto sull’isola ed ex colonia di Sao-Tomé-y-Principe, il che spiegherebbe il fatto che Ruben si esprima principalmente in portoghese; e che «gente facoltosa, degli svizzeri, hanno aiutato Lucille nei primi anni della fuga».

Persone che in effetti sono indagate per aver intralciato il corso della giustizia: due di loro sono state infatti interrogate e poi rilasciate dalle autorità elvetiche. È rivolto soprattutto a queste persone il risentimento del medico toscano, e anche alla famiglia Hunkeler che lo avrebbe «bombardato con gli insulti più infamanti».

Ringrazia invece la magistratura di Lucerna che, afferma, «ha agito bene e correttamente». E probabilmente lo ribadirà il 9 novembre, in quella che dovrebbe essere la sua ultima conferenza stampa. «Poi intendo spegnere i riflettori su questa storia, anche per proteggere e aiutare nel miglior modo possibile mio figlio».

Difficilmente potrà invece rispondere alla domanda che molti si sono posti: come mai ha potuto portare a casa Ruben soltanto poche ore dopo il loro primo incontro, mentre, vista la situazione, tutti si aspettavano una procedura decisamente più lenta e prudente.

Anche la madre dell’ex campionessa promette una sua conferenza stampa in Svizzera, dove è appena rientrata. «L’estradizione di mia figlia dal Mozambico all’Italia – ci ha raccontato – è avvenuta con l’inganno, le avevano detto che l’avrebbero portata nel nostro paese, e invece, durante il trasferimento, mi telefonò disperata da Parigi perché aveva capito che sarebbe finita a Roma».

Vicenda in Parlamento?

E nella capitale italiana la nonna di Ruben ha trovato un interlocutore attento: il deputato della maggioranza di centro sinistra Franco Narducci, eletto in Svizzera sulla lista degli «italiani all’estero», e che pensa addirittura di sollevare il caso nel Parlamento di Roma: «Seguo questa vicenda da diverso tempo, ho letto il dossier, ci sono cose che già non mi convincevano in merito alla decisione di affidare il bambino al padre, e adesso sono preoccupato per il metodo utilizzato nell’estradizione, per l’atteggiamento dell’ambasciata svizzera a Maputo, e, da un punto di vista di sensibilità umana, per il fatto che si sia deciso di mettere in carcere una madre con i suoi due figli».

Ma l’impressione di queste ore a Roma è che si voglia arrivare presto almeno a una prima svolta. Del resto, fanno notare al ministero della giustizia, è stata Lucille ad avvalersi della facoltà concessa dalla legge italiana, che consente a una madre di tenere con sé i figli minori di tre anni.

La dottoressa Assunta Borzacchiello, responsabile del Dipartimento competente, reagisce con sorpresa al fatto che alcuni media elvetici abbiano parlato di Rebibbia come del carcere in cui vengono rinchiusi i peggiori criminali d’Italia, lasciando intendere che non era il caso di «ospitarvi» anche la detenuta italo-svizzera con i due piccoli.

«Sciocchezze: prima di tutto la sezione femminile è nettamente e fisicamente separata dalle altre componenti del carcere; e i piccoli dispongono di un «nido» con personale specializzato, che aiuta loro e le madri. Esattamente come penso avvenga nel vostro paese».

swissinfo, Aldo Sofia, Roma

Nel 2006, l’Autorità centrale svizzera in materia di rapimento internazionale di minori si è occupata complessivamente di 179 casi, 79 dei quali risalenti all’anno precedente.

Come negli anni precedenti, anche nel 2006 le richieste presentate dall’Autorità centrale svizzera all’estero superavano decisamente le domande pervenute dall’estero.

La maggior parte dei minori è stata rapita dalla madre (68% dei casi). Per quanto concerne il diritto di visita negato, la quota delle madri risulta ancora maggiore (80% dei casi).

Le richieste di ritorno e di visita hanno interessato 118 minori, la cui età media era di circa sei anni.

Oltre alla Svizzera, altri 73 Paesi hanno aderito alla Convenzione dell’Aia sul rapimento di minori e alla Convenzione europea sull’affidamento.

Entrambe le convenzioni perseguono il medesimo scopo: tutelano l’affidamento violato con un rapimento e garantiscono l’esercizio del diritto di visita.

La cittadinanza dei genitori e dei minori non è determinante in occasione dell’applicazione di queste due convenzioni.

2002: Dopo la separazione dei genitori, Ruben viene affidato al padre Stefano Bianchi.

2004: rapimento di Ruben da parte della madre Lucille Hunkeler.

2004: il padre denuncia l’ex-moglie per sequestro; viene spiccato un mandato di cattura internazionale.

2007: Lucille Hunkeler viene arrestata in Mozambico, estradata verso l’Italia con Ruben e gli altri due figli. Il bambino è riconsegnato al padre.

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