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Il cervello carbura a ogni età

Il cervello mantiene la sua plasticità, alla base del processo di apprendimento, fino in età avanzata Keystone Archive

La Settimana del cervello è un'occasione per sfatare certi pregiudizi. Come quello che a 70 anni non si può più imparare a suonare il violino.

Fino a poco tempo fa, si credeva che l’uomo nascesse con un certo capitale di neuroni, che diminuiva col passare degli anni. Ma oggi questa visione è totalmente smentita dai più recenti risultati della ricerca.

“Non solo la perdita di neuroni è minima e limitata a certe zone, ma si sa pure che il cervello ha la facoltà di rigenerarsi, fabbricando nuovi neuroni a partire da cellule staminali”, constata il professor Pierre Magistretti, neurobiologo e direttore ddell’Istituto di fisiologia dell’Università di Losanna.

Imparare a ogni età

E c’è di meglio: si è scoperto che la plasticità del cervello – che si credeva fosse un privilegio della giovinezza – si mantiene anche con l’età. “La plasticità è la base del processo di apprendimento. È la facoltà dei neuroni di stabilire tra di loro nuove connessioni”, spiega Pierre Magistretti.

Concretamente, significa che non c’è età per imparare il tedesco, il violino o per lanciarsi sul palcoscenico, come dimostra il successo di gruppi teatrali di anziani.

“Non solo tutto ciò è possibile, ma è pure vivamente consigliato”, sottolinea il professor Magistretti, per il quale l’importante è lanciarsi in nuove sfide. Perché le attività di routine non favoriscono né il mantenimento né lo sviluppo delle facoltà cerebrali.

Quel che finora era soltanto un’intuizione, si spiega oramai in modo scientifico. Infatti, soltanto una nuova attività permette di stabilire nuove connessioni tra i neuroni (dette anche sinapsi) e di tirare profitto da questa plasticità rimasta intatta.

“Alcune di queste nuove sinapsi sono addirittura più efficenti delle vecchie”, nota Pierre Magistretti. Il cervello non è quindi configurato come un computer una volta per tutte, ma le sue connessioni interne si formano e si sciolgono a mano a mano che la macchina lavora.

“Perdo la memoria”

Detto ciò, il cervello è ugualmente soggetto a invecchiamento. Ed è proprio a livello delle sinapsi che il fenomeno si manifesta nel modo più evidente. Se c’è la possibilità di stabilirne di nuove a ogni età, con il passare del tempo la loro densità globale diminuisce.

“È un fenomeno più marcato in alcune zone del cervello che in altre”, spiega il professor Magistretti, che cita l’esempio delle carenze della memoria immediata. Quella che ci fa dimenticare il numero di telefono appena letto sull’elenco, prima ancora di averlo potuto digitare.

Alzheimer e le altre

Accanto a questa “usura normale”, i ricercatori si interessano pure delle malattie neurodegenerative, che possono causare danni al cervello molto di più di quanto possa farlo l’età: perdite di memoria, disorientamento, disturbi cognitivi.

Al primo posto nella lista di queste malattie, il morbo di ALzheimer concerne oltre il 10 percento della popolazione oltre i 65 anni. I dati aumentano del 5 percento circa ogni decennio, per raggiungere il 20-25 percento a partire dai 90 anni.

“Ma si tratta soltanto dei sintomi clinici del morbo di Alzheimer”, precisa Pierre Magistretti. “In realtà, la malattia viene identificata con sicurezza soltanto su una percentuale che va dal 5 all’8 percento delle persone oltre i 65 anni”.

Precisione utile per i medici, ma che per i pazienti non cambia granché. Perché, si chiami Alzheimer o in un altro modo, la degenerazione del cervello è sempre una realtà dolorosa.

Tanto più che ora si conosce la stupefacente facoltà del cervello di invecchiare bene. “In realtà”, conclude il professor Magistretti, queste recenti scoperte non fanno altro che confermare quella visione popolare, che nell’età avanzata vedeva un segno di saggezza, di esperienza e di una certa vivacità di spirito.”

swissinfo / Marc-André Miserez

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