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Il colonnello ed il “suo” confine

Il colonnello Albert Ulrich sulla collina che accoglie la missione svizzera swissinfo.ch

Dalla tuta da meccanico nei garage di Dübendorf alla tenuta mimetica sulla linea di demarcazione militare tra le due Coree, passando per una formazione in scienze militari al Politecnico di Zurigo.

Il colonnello Albert Ulrich è uno dei cinque ufficiali svizzeri impegnati nella missione NNSC a sostegno dell’armistizio tuttora in vigore nella penisola coreana. La Svizzera? Lontana, ma non troppo.

A Panmunjom, nel cuore delle imponenti installazioni militari che circondano e segnano il confine tra le due Coree, la porta d’entrata di una curiosa casupola blu elettrico è ornata da un ampio cartello con il suo nome, dalla bandiera svizzera e da quella multicolore della Commissione neutrale di sorveglianza (Neutral Nations Supervisory Commission, NNSC).

All’interno, un appartamentino di due stanze arredato in modo decisamente spartano. “Questo è soltanto il mio ufficio, anche se ci dormo almeno cinque notti a settimana”, spiega Albert Ulrich. “La vera casa è a Seoul, dove con mia moglie dispongo di un ampio appartamento”.

Accanto alla scrivania, un pannello in inglese aggiornato costantemente dice che, oggi, “la situazione è normale”. Ciò significa che, tra l’altro, nelle vicinanze sono stazionate numerose truppe armate nord e sud coreane, formalmente ancora in guerra.

In effetti, a ridosso del confine più fortificato al mondo, il pericolo è costante. Come tutti gli altri membri della NNSC, l’ufficiale 46enne, da marzo 2007 in Corea, si è così abituato a tenere accanto al letto l’equipaggiamento d’emergenza, pronto per ogni evenienza.

“Ma in realtà, con il dovuto rispetto per quello che ci circonda, qui si può anche vivere bene”, dice Ulrich a swissinfo. “Specialmente quando ritorno dalla caotica Seoul, gradisco la tranquillità del nostro campo base”. Se si dimentica il contesto, la quiete del bosco circostante può anche far pensare ad un luogo delizioso.

Nuova sfida

Il vice-responsabile della missione svizzera a Panmunjom non è giunto in Corea per caso. “Dopo un apprendistato come meccanico d’auto, una formazione d’ingegnere e 8 anni di lavoro a Dübendorf, a 31 anni ho optato per la carriera di militare professionista”.

“Dal 2000 ho lavorato sulla piazza d’armi di Payerne, prima come ufficiale istruttore in una scuola reclute e poi quale responsabile di una scuola d’aviazione militare”, racconta Ulrich.

“Poi, all’inizio di quest’anno, un po’ per sviluppo personale, un po’ per la volontà di lanciarci in una nuova sfida, io e mia moglie abbiamo deciso di guardarci attorno cercando una nuova opportunità d’impiego all’estero”.

Di fronte all’occasione di assumere il ruolo di osservatore militare in Corea, Ulrich non ci ha pensato due volte. “Mi piace lavorare in questo ambiente internazionale, a cavallo tra la diplomazia ed i compiti militari”.

Tra il 1999 e il 2000, nell’ambito di una missione ONU in Georgia, il colonnello già aveva fatto un’esperienza simile. “All’epoca avevo appena terminato gli studi in scienze militari al Politecnico di Zurigo ed ero attratto dall’idea di lavorare in una zona di conflitto”.

Un viaggio …dall’altra parte

Pur trascorrendo molto tempo con i quattro colleghi svizzeri, Ulrich apprezza l’esotismo e il dinamismo della realtà sudcoreana. “Quando sono a Seoul mi piace frequentare la gente del posto, tento di vivere come loro e di gustare il loro cibo, peraltro eccellente. E poi la Corea è un’ottima base per visitare altri paesi asiatici.”.

Una vera e propria integrazione è tuttavia piuttosto complicata. “In generale, i coreani sono molto riservati e fieri delle loro tradizioni. Le barriere linguistiche e culturali sono molte e sempre presenti”. Il colonnello cita l’esempio di alcuni conoscenti americani, da 30 anni in Corea e sposati con donne locali, che continuano a vivere soltanto nel mondo parallelo delle comunità di stranieri.

Dal punto di vista professionale, Ulrich si dice soddisfatto della scelta effettuata. “Anche se abbiamo poca influenza su quello che accade tra le due Coree, ciò che a volte è piuttosto frustrante, sono fiero del nostro impiego a difesa dell’armistizio del 1953 e della stabilità della regione”.

Interrogato sui suoi prossimi obiettivi, l’alto ufficiale risponde che dal punto di vista personale intende al più presto effettuare un viaggio in Corea del Nord. “Voglio scoprire il paese che si ‘nasconde’ dietro all’invalicabile confine con il quale convivo ogni giorno”.

In maniera più generale, Ulrich spera che la penisola possa un giorno essere riunificata. “Questi due paesi si appartengono”.

Amici e risotto

La missione di Albert Ulrich in Corea terminerà il 14 marzo del 2009. Allora, presumibilmente, sarà il momento di rientrare in Svizzera. “Già oggi ci torno volentieri per le vacanze, ma sono anche contento al momento di ripartire per l’estero”.

“Non ho comunque intenzione di emigrare definitivamente”, conclude. “Un giorno tornerò con la mia famiglia a vivere in Svizzera, con gli amici ed i parenti. Cosa mi manca del nostro paese in questo momento? Mah, oltre agli affetti non disdegnerei un buon risotto…”.

swissinfo, Marzio Pescia, Panmunjom

Nel 2006, 645’010 svizzeri vivevano all’estero (11.1% in più rispetto al 2000).
Rappresentano circa il 10% della popolazione svizzera.
Le colonie di svizzeri nella penisola coreana sono minuscole: 9 persone in Corea del Nord e 152 in Corea del Sud.

La guerra di Corea scoppiò nel 1950 dopo l’invasione del Sud da parte dell’esercito del Nord. Su mandato ONU, gli Stati Uniti, affiancati da altri 17 paesi, intervennero militarmente a sostegno della Corea del Sud per rovesciare il regime nordcoreano, in seguito appoggiato dalla Cina.

Le trattative per un accordo di cessate il fuoco iniziarono il 10 luglio 1951 e portarono alla firma di Panmunjom il 27 luglio del 1953.

Il bilancio del conflitto fu pesantissimo. Alle devastazioni si aggiunsero più di 4 milioni di vittime.

L’accordo di armistizio del 1953 determinò la creazione di due missioni neutrali in Corea: la NNSC (sorveglianza) e la NNRC (rimpatrio dei prigionieri di guerra). La Svizzera decise di inviare dei soldati in entrambe le missioni.

Inizialmente la NNSC era formata da quattro Stati: Svizzera e Svezia (in rappresentanza della Corea del Sud), Polonia e Cecoslovacchia (in rappresentanza della Corea del Nord).

Dal 1991, la Corea del Nord non riconosce più la NNSC e dal 1995 le relazioni della Commissione con il regime di Pyongyang sono praticamente nulle.

La prima delegazione militare svizzera comprendeva 146 persone. Dal 1994 la missione elvetica è composta di soli 5 ufficiali.

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