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Quando il fisco spagnolo se la prende con le pensioni degli ex emigrati

Gli emigrati spagnoli in Svizzera rientrati in patria si sentono perseguitati dal fisco del loro paese. Keystone

L’erario spagnolo non ha preso di mira soltanto l’evasione fiscale verso la Svizzera. Ha puntato l’obiettivo anche contro le pensioni degli ex emigrati rientrati in patria. Sono imposizioni fiscali che a volte superano le decine di migliaia di euro e che mettono in grave difficoltà famiglie intere.

Tutto ha avuto inizio poco più di due anni fa. Nella regione galiziana della Costa della morte – che dagli anni Sessanta conosce una forte emigrazione verso la Svizzera – la notizia si è diffusa alla velocità delle tempeste che sferzano il Cabo Fisterra, un promontorio sull’Oceano atlantico. Nei caffè, mentre la televisione trasmetteva le partite di calcio del Deportivo La Coruña, o al cimitero, dopo aver accompagnato verso l’ultima dimora terrena un vicino che aveva trascorso buona parte della sua vita a Delémont o a Ginevra, o ancora al mercato, attorno alla bancarella che propone cervelat o Incarom per i più nostalgici, le discussioni ruotavano inevitabilmente attorno allo stesso tema: la lettera raccomandata del fisco, ricevuta da numerosi emigrati rientrati in Spagna. E qual era il motivo? Lo Stato pretendeva il pagamento di cinque anni d’imposte arretrate e di una multa non trascurabile. Il tutto entro 15 giorni.

Una fattura salata

«Il fisco ha preteso che pagassi 10’000 euro», racconta Juan Antonio Pichel, che in passato ha vissuto a La Chaux-de-Fonds e che per saldare il suo debito ha dovuto ricorrere a un prestito. Altri ex emigrati hanno ricevuto una fattura ancora più salata, a volte anche ingiusta, e che ammontava a più decine di migliaia di euro.

«Il torto morale ed economico subito da queste persone è irreparabile», dice sdegnata Eva Foncubierta, la presidente della Federazione spagnola delle associazioni di emigrati e rimpatriatiCollegamento esterno (FEAER), nata all’indomani delle prime lettere raccomandate. Secondo la presidente, il metodo usato fa passare gli ex emigrati, che hanno lavorato tutta la vita, per dei volgari «imbroglioni».

“Non è possibile che tutte queste persone, soprattutto in età di pensione, abbiano deciso improvvisamente di mettersi d’accordo per evadere il fisco”.

Qualcuno ha magari voluto fare il furbo, non dichiarando le entrate derivanti dalla pensione, ma la maggior parte non sapeva dell’obbligo di dichiarare queste rendite. «È una questione che in Spagna interessa quasi 800’000 persone rientrate da altri Paesi europei. Non è possibile che tutte queste persone, soprattutto in età di pensione, abbiano deciso improvvisamente di mettersi d’accordo per evadere il fisco», sostiene Eva Foncubierta.

Mancanza di informazione

La presidente dell’associazione punta il dito contro la mancanza di informazione da parte dei consolati – a cui gli emigranti devono annunciare il loro ritorno in patria – e della maggior parte dei comuni a cui viene comunicato il cambiamento di domicilio. Alcuni si sono informati chiedendo ai vicini, altri hanno ottenuto informazioni dal fisco che spiegava loro che le pensioni non sottostavano a obblighi di imposizione fiscale. In questa situazione amministrativa poco trasparente, le lettere raccomandate della primavera 2013 sono state una vera mazzata. «Sono stati multati in maniera brutale», si rammarica Eva Foncubierta.

In una Spagna con le finanze messe a dura prova a seguito della crisi del 2008, «le pensioni degli emigranti rientrati in patria si sono trasformate in una sorta di filone. Qualcuno si è trovato in una situazione davvero drammatica a causa di queste imposizioni», illustra la presidente della FEAER. Foncubierta ci fa un esempio: un andaluso ha dovuto pagare una fattura di 35’000 euro, entro 15 giorni, di cui 11’000 euro di multa.

«Una somma eccessiva», denuncia la presidente. Per fortuna, la multa gli è stata rimborsata grazie all’intervento di varie associazioni di emigrati nate un po’ ovunque in Spagna per difendere gli interessi dei pensionati rientrati nel Paese.

Il lavoro che «i consolati non fanno»

In Galizia, Juan Antonio Pichel e José Rocha, che ha vissuto pure a La Chaux-de-Fonds, hanno creato un’associazione nella regione della Costa della morte. La sua sede si trova in un quartiere del piccolo comune di Vimianzo, in un locale messo a disposizione da un restauratore, anche lui un ex emigrato, a cui è stata recapitata la lettera raccomandata. In questo momento l’associazione conta quasi 600 membri.

Il giugno scorso, appena prima che scadesse il termine per regolare la propria situazione di fronte all’erario, il locale era sempre pieno di gente. L’associazione aveva assunto un fiscalista per aiutare i pensionati a riempire la loro dichiarazione delle imposte. «Svolgiamo il lavoro dei consolati», dice Juan Antonio Pichel, che informa i pensionati su come evitare le noie del fisco.

In questa regione della Galizia, dove gli impieghi sono pochi, le pensioni svizzere degli ex emigrati permettono a molte famiglie di superare il periodo di vacche magre. A causa delle imposizioni fiscali alcune di loro sono finite in una situazione finanziaria molto difficile. «Sono persone che hanno promosso lo sviluppo della Spagna e che continuano a farlo attraverso l’afflusso di valuta estera: non meritavano certo di essere trattate così», si indigna Eva Foncubierta.

I primi successi

Di fronte alle imposizioni fiscali, i pensionati si sono mobilitati. Hanno organizzato delle manifestazioni, prima a livello locale, poi regionale e infine su scala nazionale. Hanno ottenuto la prima grande vittoria nella primavera del 2015, all’inizio del periodo elettorale. Lo Stato ha rinunciato alle multe e ha prorogato il termine il pagamento delle imposte arretrate. Ma il rimborso delle multe non è avvenuto in maniera automatica. I pensionati dovevano richiederlo. Molti non hanno osato farlo. «Sono persone anziane che non vogliono più avere noie con il fisco e che non reclamano la restituzione dei loro soldi», spiega Eva Foncubierta.

Nel giugno scorso, l’amministrazione fiscale ha indicato di aver rimborsato quasi 13 milioni di euro. «Abbiamo aiutato oltre 74’000 contribuenti e nel contempo abbiamo diffuso più di 650’000 lettere che informavano sulle tappe da seguire», si legge in un comunicato. L’indignazione dei pensionati ha avuto un grande merito: lo Stato ha spiegato chiaramente i compiti degli emigrati rientrati in Spagna. Non ci sono più misteri. Ora anche i consolati diffondono queste informazioni.

La mobilitazione continua

Per ora gli emigrati non hanno ancora rinunciato alla lotta. Hanno portato la loro causa a Bruxelles per denunciare i casi di doppia imposizione che sono contrari alle norme europee. Prima delle elezioni legislative del dicembre scorso, hanno nuovamente manifestato a Madrid. Si sentono tuttora discriminati rispetto a coloro che non hanno lasciato il Paese.

La presidente della FEAER ricorda che le pensioni spagnole sono soggette all’imposizione fiscale solo se superano un importo annuale di 22 000 euro, se si tratta dell’unica fonte d’entrata. Se il fisco considera le pensioni base e quelle complementari – per esempio il secondo pilastro – come due entrate diverse, anche se provenienti dallo stesso Paese, ciò comporta l’abbassamento della soglia imponibile a 11’200 euro.

La lotta non è quindi ancora conclusa. Intanto, Eva Foncubierta consiglia ai pensionati che intendono rientrare in Spagna: «Verificate prima quante imposte dovrete pagare. Potreste avere delle sorprese». 

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