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Il realismo di Silvio Soldini conquista il pubblico

Antonio Albanese e Margherita Buy, i due protagonisti di "Giorni e nuvole" kinoweb.it

"Giorni e nuvole" di Silvio Soldini ha costituito uno dei piatti forti delle Giornate del cinema di Soletta, che hanno animato la cittadina elvetica dal 21 al 27 gennaio.

Il regista italo-svizzero, che ha sfondato le porte del successo con la fantasiosa commedia “Pane e tulipani”, ritorna a raccontare una storia reale, un piccolo dramma umano intenso ed emotivo.

Elsa e Michele sono una coppia di mezza età, sposati e benestanti, una figlia ventenne e indipendente, un bell’appartamento con vista sul mare a Genova. Tutto fila liscio, fino a quando Michele perde il suo lavoro.

Nel giro di pochi mesi la coppia entra in una spirale di precarietà, esasperata da sentimenti di colpa e di vergogna. Costretti a vendere l’appartamento e a rinunciare al loro prestigio sociale, i due protagonisti sfuggono gli amici, nascondono la loro situazione perfino alla figlia, sperano di trovare una via di uscita prima di dover confrontarsi alla nuova realtà.

È la storia di una discesa sociale vissuta da milioni di persone solo in Italia, di una crisi coniugale attraversata da milioni di coppie. Una storia di delusioni, angosce e incertezze, che coinvolge emotivamente dalle prime immagini, ma suscita anche riflessioni e interrogativi. E, per finire, una storia d’amore, impersonata brillantemente da Antonio Albanese e Margherita Buy.

Radiografia di un disagio sociale

“Dopo tre film piuttosto lontani dalla realtà e un po’ fuori dal tempo, ho avuto voglia di raccontare una storia più vicina al reale, di entrare nelle pieghe della vita di tutti i giorni e di parlare di personaggi quasi famigliari”, spiega Silvio Soldini a swissinfo.

Senza mai diventare noioso o pesante, il film assume sempre più le sembianze di un documentario. “Giorni e nuvole” è la radiografia di un disagio sociale che cresce di scena in scena, in pieno contrasto con i sereni paesaggi della città e del mare, che servono da momenti di pausa tra un capitolo e l’altro.

Pur ponendo anche al centro di quest’opera sentimenti e problemi di gente comune, il regista italo-svizzero si stacca radicalmente dalle sue commedie fantasiose e quasi fiabesche – “Pane e tulipani” (2000) e “Agata e la tempesta” (2004) – che gli hanno permesso di conquistare il cuore degli italiani e di un pubblico internazionale.

Mentre in queste due pellicole i personaggi si abbandonano a viaggi, fughe e sogni per uscire dalla realtà quotidiana, in “Giorni e nuvole” è la realtà a fare irruzione nella vita dei protagonisti e a togliere loro i sogni.

Storie particolari per un pubblico mondiale

“Per arrivare ad un film, seguo soprattutto ciò che ho voglia di fare, ciò che sento e che mi diverte. Ci deve essere qualcosa di personale e di solido per portare avanti un film. Anche perché, di solito, tra l’idea e la realizzazione passa facilmente un anno e mezzo o perfino di più. Se un film perde il suo significato per me durante questo percorso, è difficile che ce l’abbia per chi va a vederlo”.

Un rischio questo che Silvio Soldini riesce abilmente ad evitare. Il regista ha cambiato spesso registro negli ultimi anni, ma in tutte le sue pellicole ha saputo proporre personaggi e momenti di vita, in cui si sono ritrovati e si sono immedesimati spettatori di paesi molto diversi, dall’Europa fino al Canada o all’Australia.

“Credo che questa sia la cosa bella del cinema. Storie molto particolari, che crescono in un certo territorio, possono coinvolgere a volte un pubblico molto più ampio. Sono andati invece a buca molti tentativi di fare un cinema europeo o un cinema mondiale, mescolando idee ed attori di numerosi paesi diversi”.

Distacco e interesse per la Svizzera

Da Milano, dove abita, Silvio Soldini segue con un’inevitabile distacco, ma anche con certo interesse, l’evolvere del cinema svizzero e la politica di promozione dei suoi responsabili, divisi tra obbiettivi di mercato e di difesa delle peculiarità culturali.

“Mi sembra giusto di voler essere più comunicativi e di proporre storie più emozionanti, in modo da raggiungere un pubblico maggiore. È chiaro però che non bisogna farlo all’americana, ma mantenendo le specificità del cinema svizzero e del cinema in generale. Altrimenti sarebbe un danno grave”, afferma il regista italo-svizzero.

“Da parte mia, dopo ‘Brucio nel vento’, che ho girato 6 anni fa a La Chaux-de-fonds e a Neuchâtel, mi piacerebbe tornare a fare un film in Svizzera, non appena dovessi trovare una storia che mi solletica un po’. Per me è però più facile girare un film in Italia, dal momento che è il paese in cui vivo e che conosco sicuramente meglio”.

Successo a Soletta

Assente quest’anno a Soletta, Soldini si dice pronto a ritornarvi, a condizione che un suo film venga proposto in concorso. Quest’anno gli organizzatori non hanno voluto inserire “Giorni e nuvole” nella rosa ristretta dei lungometraggi in gara per il Premio del miglior film svizzero.

La pellicola, già presentata nell’autunno scorso in Italia, ha però conquistato anche il pubblico di Soletta, strappando lacrime, sorrisi e grandi applausi.

swissinfo, Armando Mombelli

Di origine ticinese, Silvio Soldini nasce a Milano nel 1958.

Dopo studi di cinema a New York, Soldini comincia a realizzare i suoi primi filmati nella seconda metà degli anni ’80 in Italia. Nel 1990 attira critiche positive con “L’aria serena dell’ovest”.

Il successo presso il pubblico giunge nel 2000 con “Pane e tulipani”. Seguono “Brucio nel vento” (2002), “Agata e la tempesta” (2004) e “Giorni e nuvole” (2007).

Le 43esime Giornate cinematografiche di Soletta si svolgono dal 21 al 27 gennaio 2008.

La rassegna, che dispone di un budget di 2,5 milioni di franchi, propone 297 pellicole, tra lungometraggi, cortometraggi, documentari e film di animazione.

Mercoledì a Soletta sono stati consegnati anche i Premi del cinema svizzero 2008.

La pellicola «Der Freund» (L’amico), di Micha Lewinsky, è stata scelta quale miglior film svizzero dell’anno. Il premio per la migliore attrice è stato assegnato a Sabine Tomoteo, quello maschile a Bruno Cathomas.

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