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Il no alla «lotta di classe» fa discutere anche all’estero

Le bandiere dell'iniziativa 1:12 sono state affisse su diversi balconi della Svizzera. Reuters

Il voto sull’iniziativa 1:12 per fissare un tetto salariale in Svizzera è stato seguito con interesse anche dalla stampa internazionale. All’estero, la decisione del popolo elvetico è descritta come prudente e responsabile. swissinfo.ch ha raccolto le considerazioni dei principali giornali europei e mondiali.

«La Svizzera si tiene stretta gli stipendi d’oro dei suoi banchieri e dei suoi manager», titola il Corriere della Sera presentando il risultato della votazione federale del 24 novembre 2013. Domenica, i due terzi dell’elettorato svizzero hanno respinto l’iniziativa “Per salari equi” della Gioventù socialista, che intendeva imporre un limite massimo alla differenza tra lo stipendio più basso e quello più alto all’interno di ogni azienda.

Dalle urne della Confederazione, il cui risultato era atteso anche a livello internazionale, è uscito un segnale di moderazione, scrive l’editorialista del giornale economico Il Sole 24 Ore. «Gli elettori svizzeri avevano già approvato l’iniziativa Minder [contro i salari dorati dei manager, ndr], che di fatto frena la tendenza alle maxi retribuzioni. Inoltre, il pericolo di un abbandono totale o parziale della piazza svizzera da parte di manager e imprese è stato ritenuto reale, probabilmente a ragione».

Pensare che la bocciatura dell’iniziativa 1:12 abbia cancellato l’indignazione per gli stipendi e i bonus fuori misura emersi con la crisi finanziaria è tuttavia «sbagliato», avverte Il Sole 24 Ore. «Questa indignazione, in Svizzera e altrove, c’è ancora. Semplicemente, i pragmatici elettori elvetici non vogliono ora esagerare dall’altra parte, stabilendo tetti che sono difficile da motivare e che possono essere controproducenti per l’economia».

L’accettazione dell’iniziativa «sarebbe una lezione storica per l’intero pianeta», sostiene La Repubblica in un commento pubblicato prima del voto. Questo perché, ad impartirla, «non sarebbe la Corea del Nord taglieggiata dai feroci epigoni del socialismo reale, ma la civilissima Svizzera nobilitata dai laboriosi gnomi del capitalismo globale».

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Ancora due fronti aperti nella guerra dei salari

Questo contenuto è stato pubblicato al Oltre che ad impedire le rimunerazioni giudicate eccessive, l’iniziativa “1:12 – Per salari equi” aveva pure lo scopo di aumentare gli stipendi più bassi. Un obiettivo che resta perseguito da un’altra iniziativa: quella “Per la protezione di salari equi”, lanciata dall’Unione sindacale svizzera (USS), attualmente al vaglio del parlamento. Essa prevede l’introduzione di un salario minimo…

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Un chiaro no al dirigismo statale

«Buona domenica per i dirigenti: gli svizzeri non mettono un limite ai loro salari», scrive il sito d’informazione francese Rue89, il quale giudica «interessante che quest’idea clamorosa sia lanciata in Svizzera, un paese ricco, stabile e dove il denaro è il cuore dell’economia».

In Spagna, El Pais osserva che «gli argomenti egualitari non hanno avuto sufficiente peso per spingere gli elettori svizzeri a rimettere in discussione un modello sociale che ha dato prova di stabilità ed efficienza». La situazione sul fronte economico e dell’impiego in Svizzera, sottolinea, «è invidiabile», soprattutto se paragonata a quanto vissuto da altre economie europee.

Die Welt sottolinea «il senso di responsabilità» degli svizzeri. Il no è «un chiaro voto contro il dirigismo statale» e al contempo un riconoscimento dell’economia di mercato. Per il quotidiano conservatore tedesco, gli svizzeri hanno dato «una risposta negativa alla lotta di classe».

«Gli svizzeri, anche nella discrezione di un ufficio elettorale, sono prudenti», rileva il brasiliano Jornal Expresso. «Avevano già respinto una proposta che prevedeva una settimana di vacanza supplementare. Ora, respingono un’iniziativa che concerne soltanto i grandi manager dello 0,3% delle aziende». Non spetta comunque allo Stato imporre una morale, ma alla stessa società, con i suoi organi quali i sindacati o le categorie professionali, aggiunge il giornale.

La grande differenza tra Svizzera e Germania

Per la Süddeutsche Zeitung, l’iniziativa 1:12 è una delle proposte «più radicali concernenti la suddivisione della ricchezza» fatta in Europa dalla caduta del comunismo.

Nelle ultime settimane, la Süddeutsche Zeitung ha rammentato che una possibile limitazione del salario dei manager è affrontata anche a Berlino nel quadro delle trattative in seno alla coalizione. Tra le discussioni in Germania e quelle in Svizzera c’è però una differenza essenziale, sottolinea: in Germania si discute a porte chiuse, mentre in Svizzera sono i cittadini ad esprimersi.

Il fatto che questo tema sia stato sottoposto al voto del popolo mostra che il nostro vicino «è l’unica democrazia degna di questo nome in Europa», scrive l’austriaco Die Presse.

Diversi i toni nei media russi, dove quella della Gioventù socialista è stata descritta come un’iniziativa comunista. Non c’è dunque alcuna delusione per la sua bocciatura.

Novaya Gazeta, un media di opposizione, ritiene che la ragione per cui la Svizzera abbia iniziato a discutere di salari sia la sua ricchezza. Malgrado le crisi economiche, la Svizzera è diventata nel 2011 il primo paese dove il patrimonio pro capite  ha superato la soglia dei 500’000 dollari. «Il legame tra il lavoro e il denaro è già stato rotto. E i primi ad averlo fatto sono stati  i ricchi e i super ricchi. Il denaro che guadagnano non ha alcun rapporto con i loro sforzi e le loro conoscenze», ritiene Novaya Gazeta.

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Saggezza svizzera

Sul britannico The Guardian, Deborah Warburton, collaboratrice della società di reclutamento Hedley May di Londra, osserva che «la proposta svizzera era molto più inflessibile rispetto alla proporzione 1:20 che il sindacato TUC vuole per la Gran Bretagna. Non è quindi sorprendente che sia stata respinta».

Malgrado il no, aggiunge, la questione su come rendere più equi i salari dei manager è sempre di attualità, in Gran Bretagna come nel resto dell’Europa.

Titolando «La saggezza degli svizzeri», il Wall Street Journal sostiene che in caso di successo dell’iniziativa, «la Svizzera sarebbe diventata un paese più povero e meno attrattivo per gli investimenti stranieri».

Confrontate con i limiti draconiani della libertà di contrattare (con i manager) imposti in nome dell’egualitarismo, molte grandi aziende non avrebbero avuto alcun problema a trasferirsi altrove, annota il Wall Street Journal. «L’equità sarebbe stata raggiunta cacciando fuori la ricchezza, piuttosto che migliorando la categoria dei bassi salari».

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