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Matrimoni forzati: quando in gioco c’è la vita di una persona

Volto donna triste.
"Tra le vittime ci sono cristiani, musulmani, buddisti, indù… In altre parole l’appartenenza religiosa può svolgere un ruolo, ma non è la causa principale dei matrimoni forzati", afferma la giurista Anu Sivaganesan. akg-images

Nel 2016, una persona al giorno è stata forzata a sposarsi in Svizzera. Un fenomeno contro il quale Anu Sivaganesan si batte ormai da anni. A capo del Servizio nazionale contro i matrimoni forzati, la giurista traccia un profilo delle vittime e lancia un appello affinché autorità cantonali e comunali si assumano maggiori responsabilità.

swissinfo.ch: In poco più di tre anni, la Svizzera ha registrato 905 casi di matrimoni forzati. Chi sono queste vittime? È possibile tracciare un profilo?

Anu Sivaganesan: Si tratta di giovani donne e uomini, con origini culturali e religiose molto diverse. Dal 2015 al settembre 2017, il programma federale di lotta contro i matrimoni forzatiCollegamento esterno ha censito 905 casi, di cui 397 solo per il 2016. I paesi di origine più frequenti delle vittime sono quelli dell’Est europeo (ad esempio Kosovo, Albania e Macedonia), così come Turchia e Sri Lanka. Negli ultimi anni è stato inoltre registrato un aumento di casi tra le comunità afghana, siriana, eritrea e somala. Tra le vittime ci sono cristiani, musulmani, buddisti, indù… In altre parole l’appartenenza religiosa può svolgere un ruolo, ma non è la causa principale dei matrimoni forzati.  

swissinfo.ch: Cosa spinge dunque dei genitori a forzare i loro figli a sposarsi?

Ritratto Anu Sivaganesan
Giurista di formazione, Anu Sivaganesan dirige il centro svizzero di competenza per la lotta ai matrimoni forzati. SRF-SWI

A. S.: Le ragioni sono diverse. Il matrimonio può essere visto come uno strumento per mantenere un legame forte con la cultura del proprio paese di origine o un modo per “proteggere” i giovani da stili di vita più aperti, soprattutto per quanto riguarda il rapporto alla sessualità.

Ma può essere anche considerato un atto di solidarietà nei confronti della comunità di origine. Per i cittadini extra europei, ottenere un permesso per venire in Svizzera è estremamente difficile, a meno di essere altamente qualificati. Il matrimonio rappresenta quindi uno strumento di immigrazione, ma non deve avvenire a scapito dei diritti umani.

swissinfo.ch: Ci sono età più a rischio per le vittime di matrimoni forzati?

A. S.: Si possono distinguere tre momenti particolarmente a rischio. Il primo è a 18 anni, ovvero l’età minima prevista dalla legge svizzera per sposarsi. Il secondo è a 23 anni, un’età percepita probabilmente come quella ideale per sposarsi. Il terzo è invece verso i 26 anni per le donne e 30 per gli uomini, quando i genitori iniziano a temere che i loro figli non siano più abbastanza “interessanti” per un matrimonio.

Le pressioni possono però cominciare già all’adolescenza, quando le ragazze hanno il primo ciclo. Per paura che perdano la verginità, capita anche che i genitori le controllino a vista e ne limitino i movimenti, al punto da rinchiuderle in casa.

swissinfo.ch: In che modo avviene concretamente un matrimonio forzato?

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A. S.: La maggior parte dei casi avviene durante le vacanze. I giovani vengono portati nei paesi di origine, talvolta adducendo scuse come la presunta malattia di un parente, e una volta sul posto vengono costretti a sposarsi. Oppure vengono informati soltanto qualche giorno prima della partenza di cosa li aspetta.

In Svizzera come all’estero, può anche capitare che una ragazza inizi a flirtare con un giovane, senza altre intenzioni, ma che i genitori interpretino questo comportamento come la volontà di sposarsi. E allora iniziano le pressioni, fisiche o psicologiche, con commenti tipo: “sento l’odore di un uomo”, “se continui così distruggerai la nostra dignità”, “non t’importa nulla della nostra famiglia”. In contesti simili, i giovani si sentono in colpa, non sanno come agire, hanno paura di deludere i genitori e l’intera comunità.

swissinfo.ch: Cosa rischiano se decidono di ribellarsi?

A. S.: Il rischio più grande è di essere isolate. Per questo consigliamo alle vittime di avere delle persone di fiducia alle quali appoggiarsi. Vi sono poi anche casi in cui in gioco c’è la vita stessa di una persona. È un rischio che bisogna tener presente e che non è così raro. In questo caso, i giovani vengono protetti e possono perfino cambiare identità, look e luogo di residenza, se necessario.

Una legge contro i matrimoni forzati

Dal 1° luglio 2013 la Svizzera si è dotata di una legge per lottare contro i matrimoni forzati. Questi possono essere perseguiti d’ufficio e possono essere puniti con una pena detentiva fino a cinque anni. Anche il diritto al divorzio non può essere negato in caso di matrimonio forzato.

Per matrimonio forzato si intende quando almeno uno dei coniugi è costretto a sposarsi (in civile o con una cerimonia religiosa o sociale) attraverso minacce, ricatti o violenza, e quando viene proibito con la forza il diritto al divorzio.

In Svizzera il matrimonio è autorizzato unicamente a partire dal diciottesimo anno di etàCollegamento esterno. Con la nuova legge, anche le unioni contratte all’estero con dei minorenni non sono più riconosciute in Svizzera, «salvo interessi preponderanti dello stesso».

Fonte: migraweb.chCollegamento esterno

swissinfo.ch: In che altro modo potete aiutare le vittime?

A. S.: Questa estate abbiamo introdotto una asseverazione scrittaCollegamento esterno che le potenziali vittime di matrimonio forzato possono compilare e firmare prima di partire in vacanza nel loro paese di origine. Nel documento le ragazze possono ad esempio precisare che non hanno alcuna intenzione di sposarsi e che la loro volontà è quella di rientrare in Svizzera. 

Questa attestazione può essere combinata con altre misure per protegge le potenziali vittime di matrimoni forzati. L’esperienza è stata molto positiva, non solo perché il documento è stato utilizzato da molti giovani, ma perché ci ha permesso di prevenire possibili abusi.

swissinfo.ch: Dal 1° giugno 2013, la Svizzera si è dotata di una legge ad hoc contro i matrimoni forzati, che permette di perseguire questi crimini d’ufficio. Quattro anni dopo, qual è il suo bilancio?

A. S.: Come capita spesso in Svizzera, ci è voluto molto tempo prima di trovare un accordo sulla nuova legge, ma una volta superato lo scoglio dei dibattiti il risultato è positivo. È un buon cambiamento, anche se ci sono ancora aspetti che andrebbero migliorati, come la protezione delle vittime all’estero.

Capita ad esempio che i genitori sequestrino, anche per un anno, i documenti alle vittime di matrimonio forzato trasferitesi all’estero. E se queste non hanno un passaporto elvetico, perdono il permesso di dimora dopo sei mesi e con esso il diritto di rientrare in Svizzera. In Germania invece le vittime riconosciute possono rientrare anche dopo dieci anni. Inoltre la legge sull’assistenza alle vittime non prevede alcun tipo di sostegno finanziario per le vittime all’estero. Si tratta di una lacuna, se si pensa che per rimpatriare d’urgenza una giovane abbiamo speso 16’000 franchi lo scorso anno.

La Confederazione ha già fatto molto nella prevenzione e nella lotta contro i matrimoni forzati. È giunto il momento che i cantoni si assumano maggiori responsabilità. È necessaria una maggiore sensibilizzazione delle autorità cantonali e comunali – come i responsabili dei servizi migratori, gli ufficiali di Stato civile o le persone preposte all’integrazione – affinché imparino a riconoscere delle situazioni a rischio e siano più sensibili agli aspetti culturali. Bisognerebbe inoltre potenziare il lavoro di prevenzione nelle scuole, che rappresentano uno dei pochi luoghi in cui le vittime non sono controllate dai genitori e hanno la possibilità di esprimere i loro dubbi e le loro paure.


Sposarsi da bambini

La maggior parte dei paesi ha fissato a 18 anni l’età minima necessaria per contrarre un matrimonio. Tuttavia, circa 15 milioni di donne sono costrette ogni anno a sposarsi ancora minorenni, stando a un rapporto dell’Unicef pubblicato nel 2014Collegamento esterno. Ciò equivale a circa 41’000 bambine al giorno.

Il fenomeno è presente soprattutto nei paesi dell’Asia meridionale, dell’Africa sub-sahariana e dell’America latina. In Niger, il 77% delle donne tra i 20 e i 49 anni si sono sposate prima dei 18 anni; in Bangladesh, il 40% circa prima dei 15 anni, scrive l’organizzazione dell’ONU in un altro rapporto del 2017Collegamento esterno.

L’Unicef enumera tre ragioni per le quali i genitori decidono di dare in sposa la loro bambina:

–  La loro presenza in casa rappresenta un fardello economico;

– Il matrimonio è visto come una forma di protezione contro i rischi di abusi sessuali;

– I genitori vogliono evitare il rischio di una gravidanza indesiderata che comprometterebbe un matrimonio futuro.



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