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Italiano senza frontiere

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Il rapporto tra le culture dell'Europa sud-orientale e la lingua italiana è stretto, con radici che affondano nel passato e nel territorio: il congresso di Tirana della Comunità radiotelevisiva italofona si è chinato su questa realtà.

«Una lingua è un modo di pensare, prima ancora di comunicare. La lingua è un vettore potente di immagini, sentimenti, emozioni e quindi elemento di costruzione di comunità», ha affermato nel suo intervento d’apertura Alessandra Paradisi, addetta alle relazioni internazionali della Rai.

Paradisi ha sottolineato come, in una società sempre più complessa, sia fondamentale «sviluppare la coesione sociale sulla base di valori condivisi che superino le appartenenze etniche».

Uno di questi elementi di unione, ha rilevato, è costituito dalla lingua e dalla cultura italiane: la Comunità radiotelevisiva italofona (Cri) è un esempio riuscito di scambio costruttivo che va oltre i confini nazionali.

Il peso della storia

Anche la scrittrice albanese Elvira Dones – che ha lasciato il paese nel 1988 per trasferirsi in Svizzera, dove ha vissuto fino al 2004 – ha evidenziato l’importanza della lingua come fattore di aggregazione.

Una constatazione ancora più palese quando il dialogo viene a mancare: «L’Italia e l’Albania sono vicini di casa, ma per molto tempo non si sono parlati; il silenzio s’era fatto più cupo, soprattutto durante i decenni della dittatura comunista. Non parlandosi, dunque, albanesi e italiani non si sono conosciuti».

Di conseguenza, ha detto, «la mancanza di frequentazione aveva ingigantito le fantasie, aveva partorito incubi e sogni meravigliosi. Noi albanesi facevamo bellissimi sogni sull’Italia: era la nostra terra promessa perché a due passi da noi; era però anche un sogno doloroso perché non la si poteva toccare. D’altra parte l’Italia – avvolta nella sua vita, nella sua storia, nei suoi eventi – non ci guardava e basta».

Riferendosi al periodo in cui la dittatura voleva impedire alla lingua e alla cultura italiane di raggiungere l’Albania, in un intervento spontaneo il professor Ferdinand Leka – traduttore in albanese di Petrarca e Manzoni – ha utilizzato un detto proprio della sua lingua per riassumere la situazione: «Non si può coprire il sole con un setaccio».

Più forti delle divisioni

Oggi in ambito mediatico i rapporti non sono più unidirezionali, ha ricordato Edlira Roqi, responsabile delle relazioni internazionali presso la Radiotelevisione albanese, che trasmette quotidianamente programmi in italiano (principalmente film sottotitolati).

Attualmente, ha sottolineato, esiste infatti uno scambio proficuo di prodotti giornalistici nel quadro della Comunità radiotelevisiva italofona: «Uno scambio che non serve unicamente a diffondere la lingua, ma favorisce la comprensione della mentalità dei paesi che appartengono all’organizzazione».

Sempre in quest’ottica, Guenther Ziesel ha presentato l’esperienza della piattaforma Alpe Adria magazine Tv. Nato nel 1982, in piena Cortina di ferro, questo progetto permette tuttora la realizzazione di un programma transfrontaliero che riunisce 17 televisioni nazionali e regionali dell’area mitteleuropea.

I servizi giornalistici – scambiati gratuitamente – provengono per esempio dalla RAI di Trieste e Bolzano, dalla Svizzera, dalla Baviera, dalla Croazia, dalla Slovenia, dall’Ungheria.

Ogni due mesi, in una riunione comune sono definiti i soggetti che saranno tradotti e presentati in tutte le lingue da conduttori diversi. Vengono mostrati personaggi, temi sociali, tradizioni, luoghi d’interesse: per esempio il museo dei jeans Levi Strauss, situato a Buttenheim in Baviera e fatto conoscere in un’area molto più vasta.

«Perseguiamo uno scopo sociale, non economico: quello di diffondere contributi di qualità che superano le frontiere, un’idea nata e sviluppatasi quando il concetto di Europa unita era ancora un’utopia», commenta Ziesel.

Il vantaggio della minoranza

Donatella Pohar e Lara Drcic hanno illustrato l’esperienza radiofonica di RTV Koper/Capodistria, un’emittente che offre programmi destinati al gruppo nazionale italiano dell’Istria slovena e croata.

«Una delle sfide principali è quella di riuscire a concretizzare nella regione un bilinguismo che è spesso soltanto teorico», spiega a swissinfo Lara Drcic: infatti, le nuove generazioni tendono a parlare sempre maggiormente lo sloveno rispetto all’italiano.

«Abbiamo quindi lanciato – in collaborazione con un liceo italofono locale – il programma “Tempo scuola”, per intensificare il contatto con i giovani della minoranza italofona. In futuro, inoltre, alcuni di questi giovani potrebbero essere interessati a collaborare con noi».

Secondo Luisa Chiodi, direttrice dell’Osservatorio sui Balcani, essere una minoranza presenta anche dei vantaggi: «i servizi radiotelevisivi e le proposte di collaborazione provenienti da realtà dove l’italiano è minoritario – proprio come la Svizzera – hanno una sensibilità particolare e costituiscono un contributo fondamentale alla diffusione dell’italianità nel mondo, poiché non sono percepite come egemoniche, non si sospetta insomma alcuna volontà di “invasione”».

swissinfo, Andrea Clementi, di ritorno da Tirana

Dalla metà degli anni Trenta, Mussolini si avvalse di Radio Tirana per il processo di italianizzazione dell’Albania, segnatamente dopo l’occupazione militare del 7 aprile 1939.

In seguito alla firma dell’armistizio con gli angloamericani da parte del governo Badoglio, l’Albania fu invasa dai tedeschi nel 1943. Nel 1944, la resistenza riprese il controllo del paese.

Durante la dittatura comunista di Enver Hoxa, iniziata nel 1946, l’italiano tornò in Albania soltanto a partire dalla metà degli anni Sessanta con l’arrivo della televisione e la diffusione della musica leggera italiana: nel 1965 Radio Tirana trasmette per la prima volta «O sole mio» cantata da Claudio Villa.

A partire dagli anni Settanta, la Radiotelevisione albanese ritrasmette, sottotitolati, molti programmi della RAI: tra questi il telegiornale di RAI 1, omettendo però le notizie concernenti il Papa e l’Albania. Negli anni Novanta, dopo la caduta del regime, prendono piede le reti RAI e Mediaset: a riscuotere grande successo sono soprattutto i film e le telenovele.

Costituitasi oltre vent’anni fa, il 3 aprile 1985, quale collaborazione istituzionale tra radiotelevisioni di servizio pubblico – Rai, Rtsi, Rtv Koper-Capodistria, Radio Vaticana e San Marino Rtv – la Comunità radiotelevisiva italofona nasce come strumento di valorizzazione della lingua italiana.

La collaborazione tra i membri della Comunità, il cui numero è poi cresciuto, si traduce in rubriche e produzioni comuni e nello scambio di prodotti radiofonici, televisivi e via web.

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