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John Harlin III: ciò che conta è la resistenza

John Harlin: un modo originale di conoscere la Svizzera swissinfo.ch

La maggior parte delle persone non penserebbe neppure di scalare una monfagna, figuriamoci di seguire un confine montagnoso, scalando una cima dopo l'altra. Ma John Harlin III ha ripreso il suo tentativo di compiere da solo questa impresa.

L’alpinista e scrittore americano è tornato sulle Alpi svizzere per completare la sua avventura lungo i confini svizzeri,  compiendo il giro del paese della sua infanzia.

Harlin, che l’anno scorso ha percorso i confini settentrionali ed occidentali della Svizzera in canoa e mountain bike, ha parlato con swissinfo.ch quando era pronto per completare il suo viaggio, percorrendo a piedi e scalando la sezione alpina che divide la Svizzera da Austria, Italia e Francia.

Con tutti i zig-zag, i mille chilometri di frontiera comportano 220’000 metri di salite e discese verticali  a causa del terreno montagnoso. Le immagini di Harlin, i video e i resoconti degli alti e bassi, dei dolori e delle pene – e delle intuizioni – sono disponibili esclusivamente su swissinfo.ch.

swissinfo.ch: Come si sente all’inizio della parte finale delle “Storie di frontiera”?

John Harlin: Sono abitato da sentimenti contrastanti, non vedo l’ora di vedere questa parte del paese e sono in forma per farlo. Questa è la parte che mi rende più nervoso perché sarò confrontato con molto dislivello verticale.

swissinfo.ch: Uno scalatore è normalmente all’apice tra i 20 e i 30 anni. Lei ne ha cinquanta, come pensa di far fronte a questa impresa?

J.H.: Mio padre mi ha donato un corpo che continua a funzionare e io mi sono allenato. Ma questo tipo di viaggio è una questione di  resistenza. Non devo puntare sulla velocità, l’ho già fatto da giovane. Non è neppure una questione di potenza; credo di essere in grado di procedere senza che l’età abbia un impatto.

swissinfo.ch: Quale è la cosa che più si aspetta?

J.H.: La diversità. Non vedo l’ora di raggiungere le alte vette. Non vedo l’ora di arrivare al Cervino. Ho scalato due delle creste e ho l’intenzione di salire la terza. La traversata da lì  sopra il Dent d’Herens si annuncia molto interessante dalla prospettiva di una scalata tecnica. Sono anche impaziente di percorrere il Ticino, per immergermi in sensazioni tropicali.

swissinfo.ch: Che cosa teme di più? L’anno scorso è stato vittima di un brutto incidente che ha causato la rottura di entrambi i piedi…

J.H.: E’ successo in una sezione di roccia che sapevo che sarebbe stato il punto più pericoloso dell’intero viaggio. Il crinale dove è accaduto l’incidente si situa lungo la frontiera franco-svizzera che conduce al Mont Dolent, dove i confini svizzeri, italiani e francesi si incontrano. È l’unica via logica se si desidera seguire il confine.

Ho avuto sfortuna, ma anche fortuna: poteva finire molto peggio. L’arrampicata tecnica è la mia passione. Non temo le difficoltà. La mia principale preoccupazione è legata alla discesa e all’impatto che essa avrà sulle mie ginocchia. Ho parlato con un chirurgo specialista nelle ginocchia e mi ha raccomandato un paio di semplici esercizi; dovrebbero consentirmi di  affrontare senza problemi  un dislivello di 30’000 metri a settimana.

swissinfo.ch: E’ possibile che a volte si dirà: oggi è troppo pericoloso, nevica, soffia un vento impetuoso…

J.H.: Le condizioni meteorologiche sono la mia altra grande preoccupazione. Se sono  ostili, ti possono bloccare sulle tue tracce se sei nelle Alpi. Se ci sono picchi particolari, voglio andare oltre; se il tempo è brutto mi dico che cambierà in meglio nel giro di un paio di giorni, allora posso aspettare. Posso però anche decidere di scendere  più in basso e percorrere i sentieri senza curarmi delle condizioni atmosferiche.

swissinfo.ch: Quanto pesa il suo zaino?

J.H.: Il principale peso supplementare è costituito dall’acqua, naturalmente, e dal cibo. Quindi la quantità del cibo che devo trasportare dipende dal numero di giorni. E tutto dipende da quale sezione intendo affrontare e quanto spesso potrò sostare nelle capanne alpine. L’ho pesato prima di aggiungere la macchina fotografica e pesava circa 14kg. Se aggiungo la macchina si devono calcolare altri 2-3 kg. Quindi dovrò eliminare qualcosa dal mio zaino.

swissinfo.ch: Ci saranno momenti in cui si dirà: no, non voglio andare oltre?

J.H.: Questo è il viaggio più lungo che avrò mai compiuto. So bene che ci saranno momenti in cui preferirei semplicemente sedermi e rilassarmi, e magari scendere verso un lago situato lungo la frontiera, come potrebbe essere il lago di Lugano, in cui tuffarmi, fare una nuotata e tirare il fiato per un po’. Ma una parte della mia personale sfida è proprio quella di andare oltre questi momenti di scoramento.

swissinfo.ch: Il progetto si chiama Storie di frontiera. Che cosa spera di imparare da questo periplo lungo i confini?

J.H.: Devo dire che sono affascinato dalle frontiere europee in generale e da come sono state contese e poi disegnate attraverso lotte secolari, tumulti e imposizioni da parte di principi o imperatori. Ma la Svizzera ha avuto confini relativamente stabili per lungo tempo, secondo gli standard europei.

Per raggiungere il Mont Dolent sono passato attraverso quattro regioni linguistiche: ho iniziato con il tedesco, poi il romancio, in seguito l’italiano – per la maggior parte del percorso – per poi finire con il francese. Questo è solo un assaggio delle differenze culturali.

swissinfo.ch: Quando avrà compiuto il suo giro, sarà stanco della Svizzera?

J.H.: Me lo chieda alla fine! Penso che alte cime e crinali non mi mancheranno per un po’.

L’alpinista e scrittore americano John Harlin ha ripreso la sua avventura il 4 ottobre, dopo un incidente di montagna che lo scorso mese di luglio lo ha costretto a casa con due piedi rotti.

Il percorso condurrà Harlin in cima a montagne alte 4’000 metri, lo obbligherà a navigare su fiumi come il Reno, a superare sentieri impervi. L’alpinista, oltre a scalare, dovrà pedalare, usare il kayak e camminare per completare il suo periplo.

Per seguire il confine montuoso della Svizzera, John Harlin deve salire e scendere verticalmente circa 220’000 metri. E’ l’equivalente di andare su e giù dall’ Everest – dal mare alla vetta – 12 volte.

Punto più basso: il confine sul Lago Maggiore (193m)

Punto più alto: la cima della Punta Dufour (4,634 m).

John Harlin III è nato nel 1956 ed è cresciuto in Germania e a Leysin, in Svizzera. Dopo la morte di suo padre, John Harlin II,  che nel 1966 ha cercato di essere il primo a scalare la via diretta sulla parete nord dell’Eiger, la famiglia si trafserisce negli Stati Uniti.

Anni dopo, nel 2005, il figlio torna in Svizzera per onorarne la memoria portando a termine proprio quella scalata: dalla vicenda sono stati tratti un libro e un film IMAX.

Traduzione di Françoise Gehring

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