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Kölliken, storia di una discarica

Jean-Louis Tardent, direttore della discarica di Kölliken swissinfo.ch

In novembre iniziano i lavori di scavo nella discarica di Kölliken. Saranno rimosse e smaltite tonnellate e tonnellate di rifiuti pericolosi depositati a cavallo tra gli anni settanta e ottanta.

Con il risanamento totale della zona contaminata, Kölliken passa da tragico esempio di trattamento sconsiderato dei rifiuti chimici a opera pionieristica per la protezione dell’ambiente.

Kölliken è una catastrofe ecologica fatta di gas maleodoranti, di colori, polveri e sostanze i cui nomi non promettono niente di rassicurante: cloruro di ammonio, fenoli, idrocarburi clorati, ma anche batterie, filtri, scorie provenienti dall’incenerimento dei rifiuti. Il tutto buttato un po’ a casaccio in una vecchia cava d’argilla con la convinzione che non sarebbe successo niente, che non c’erano pericoli per la falda freatica, per l’ecosistema, per le persone che avevano una casa a pochi passi dalla discarica.

Ma Kölliken è anche la storia di una presa di coscienza sfociata in disposizioni di legge più severe e nel progetto di risanamento più vasto e costoso della storia svizzera. Per arrivarci, ci sono voluti quasi trent’anni. La discarica è rimasta aperta dal 1978 al 1985, nonostante odori pestilenziali avessero cominciato a rendere la vita difficile agli abitanti di Kölliken già dopo poche settimane. Al momento della chiusura c’era ancora chi pensava che sarebbe bastato ricoprire i materiali depositati per rimettere tutto a posto. Ma i veleni non si sono fatti dimenticare.

In un primo tempo si è cercato di mettere in sicurezza la discarica costruendo un depuratore per le acque e bruciando i gas che si formavano al suo interno. Una protezione costruita a monte ha ridotto la quantità d’acqua che entra nella discarica, mentre a valle sono stati realizzati 129 punti di drenaggio per raccogliere l’acqua contaminata da pompare nel depuratore. Poi nel 2004 la decisione: impossibile pensare di sorvegliare in eterno la zona, tanto vale ricominciare da capo, portar via tutto il materiale contaminato e smaltirlo in modo appropriato.

Un cambio di mentalità

«Per essere sinceri, ci si è sempre domandati se non fosse il caso di svuotare la cava», racconta a swissinfo Jean-Louis Tardent, il chimico che dal 1987 amministra la discarica. «Il problema è che in Svizzera non ci sono impianti di smaltimento adeguati e fino a pochi anni fa le autorità federali competenti non autorizzavano l’esportazione di rifiuti speciali».

Verso la fine degli anni novanta, le disposizioni in materia di esportazione di rifiuti sono state allentate e il progetto di risanamento totale ha preso nuovo slancio.

A Kölliken, che abbiamo visitato a fine ottobre, ora è quasi tutto pronto per l’atto finale. «In novembre cominciamo con gli scavi», conferma Tardent. Dopo un’attenta analisi, il materiale recuperato dalla vecchia cava d’argilla sarà indirizzato verso la destinazione più appropriata. «Esporteremo il 50-60% del materiale», precisa il direttore della discarica. Mete principali la Francia e la Germania che dispongono d’impianti speciali e di discariche sotterranee adatte al deposito di quei rifiuti che non possono essere del tutto neutralizzati.

Un progetto dei superlativi

Per l’estensione della zona contaminata, Kölliken viene spesso definita il più grande peccato ecologico del secolo scorso. Jean-Louis Tardent non è del tutto d’accordo: «Sono stati commessi “peccati” dalle conseguenze ben più gravi. Al mondo ci sono centinaia di siti contaminati ben più pericolosi di questo. Kölliken, in fondo, è sempre rimasto un problema locale. Un problema, però, la cui soluzione è estremamenta cara: è l’area da risanare più ampia della Svizzera e costa cifre mai spese prima, quasi mezzo miliardo di franchi per il solo risanamento».

I padiglioni costruiti sopra la vecchia cava coprono una superficie di quattro ettari, quasi cinque campi da calcio. E il volume da svuotare corrisponde a 180 piscine olimpiche. Per facilitare il lavoro delle scavatrici, il tetto – che nel punto più largo arriva a 170 metri – non è sorretto da pilastri ma è appeso ad imponenti archi bianchi. Si tratta della più grande costruzione di questo tipo in Europa e ha già fatto scuola. La stessa ditta tedesca che ha costruito i padiglioni di Kölliken costruirà anche quelli necessari per il risanamento di un altro dei 4’000 siti svizzeri contaminati: la discarica chimica di Bonfol, nel canton Giura.

All’interno dei padiglioni, che presentano una pressione atmosferica inferiore a quella esterna per evitare accidentali fuoriuscite di cattivi odori o gas pericolosi, gli operai dovranno lavorare al riparo di cabine isolate o indossando abiti in stile astronauta, con tanto di bombole d’ossigeno personali.

Quando i lavori saranno terminati, tra il 2012 e il 2015, Jean-Louis Tardent sarà già in pensione. Ma andarsene prima di scrivere la parola fine non gli dispiace troppo. «L’inizio dei lavori di risanamento è stato un passo decisivo. Me ne andrò tranquillo». Tranquillo e con i complimenti delle associazioni ambientaliste. Greenpeace, da sempre in prima linea contro i rifiuti chimici, ha più volte lodato il lavoro pionieristico svolto a Kölliken. «Di solito questi sono temi tabù», commenta Tardent. «Noi invece abbiamo scelto la strada della trasparenza e della comunicazione, col risultato di essere citati ad esempio e di avere la popolazione dalla nostra parte».

swissinfo, Doris Lucini, Kölliken

La discarica di Kölliken è stata aperta con l’obiettivo di porre fine allo smaltimento illegale e decentrale di rifiuti speciali (tra le altre cose: veleni, vernici, scorie). Il luogo e le modalità scelte si sono però rivelate sbagliate e Kölliken si è trasformato nel più grande sito contaminato della Svizzera.

In totale sono state depositate 350’000 tonnellate di rifiuti. Per un metro cubo di materiale il consorzio SMDK, gestore della discarica, ha incassato dai 35 ai 45 franchi. Il risanamento costerà più di 2000 franchi per metro cubo, quasi 70 volte più del prezzo riscosso.

Per il risanamento saranno spesi 445 milioni di franchi. Se si considerano anche i costi precedenti (costruzione e messa in sicurezza della discarica) e quelli che seguiranno (ricoltivazione e monitoraggio dell’area) si arriva ad un totale di 700 milioni.

La Confederazione contribuisce alle spese con 120 milioni di franchi attinti al fondo per i siti contaminati. Il resto è carico del consorzio SMDK di cui fanno parte i cantoni Argovia e Zurigo, la città di Zurigo e l’industria chimiche basilese (BCI). Più del 90% delle spese saranno coperte da fondi pubblici; la parte della BCI è dell’8% circa.

1978: una cava d’argilla esausta viene trasformata in discarica per rifiuti speciali; già dopo le prime settimane la popolazione di Kölliken è confrontata con emissioni maleodoranti.

1985: chiusura della discarica.

1986: cominciano i lavori per mettere in sicurezza la falda freatica.

2003: si decide il risanamento completo della discarica attraverso la rimozione dei rifiuti depositati.

Novembre 2007: cominciano i lavori di scavo.

2013: data prevista per la conclusione dei lavori.

2015: fine della fase di rinaturazione.

Almeno fino al 2020: monitoraggio della qualità dell’acqua e del terreno.

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