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L’inizio di un’era glaciale tra Berna e Bruxelles?

La decisione svizzera darà un po' di lavoro nei prossimi tempi anche alla responsabile delle relazioni estere dell'UE Catherine Ashton Keystone

Le reazioni di scontento si sono moltiplicate in seno all'Unione europea (UE) il giorno dopo l'accettazione da parte del popolo svizzero dell’iniziativa "contro l'immigrazione di massa". Bruxelles non sembra però per il momento voler utilizzare la mano pesante.

“Chiaramente, questo voto non è destinato a favorire il previsto inizio dei negoziati per un accordo istituzionale tra la Svizzera e l’UE”, ha dichiarato la portavoce della Commissione europea, Pia Ahrenkilde.

Gli ambasciatori dei Ventotto avrebbero dovuto dare luce verde questo giovedì al lancio dei negoziati. Non se ne farà nulla? Il Servizio di azione esterna dell’Unione preferirebbe aspettare dapprima dei chiarimenti da parte del governo svizzero sulle ragioni e le conseguenze del voto di domenica.

Una cosa è certa in questo contesto: l’Unione passerà immediatamente al contrattacco, se Berna dovesse annunciare di non essere più in grado di firmare il protocollo che sancisce l’estensione dell’accordo sulla libera circolazione delle persone alla Croazia, a partire dal 1 luglio.

Grande posta in gioco

Innanzitutto, si può prevedere, che Bruxelles sospenderà i colloqui in corso sull’integrazione degli svizzeri nei nuovi programmi di ricerca e di formazione nell’UE. Inoltre bloccherà probabilmente il dossier istituzionale. La conclusione di un accordo in questo settore è un prerequisito per lo sviluppo futuro delle relazioni tra la Svizzera e i Ventotto. Se questo dossier è bloccato, non sono più possibili trattative sugli altri temi importanti, quali la partecipazione della Svizzera al mercato europeo dell’elettricità.

“La libera circolazione delle persone è un valore sacro per l’UE “, ha sottolineato Pia Ahrenkilde. Rimettendo in discussione questo valore, gli svizzeri costringono il club comunitario a “prendere in esame le conseguenze di questa decisione per l’insieme delle relazioni con la Svizzera”.

Entrato in vigore gradualmente dal 2002, l’accordo sulla libera circolazione delle persone tra la Svizzera e l’UE figura tra i punti fondamentali del primo pacchetto di trattati bilaterali.

Questo accordo garantisce ai cittadini svizzeri e a quelli dell’UE il diritto di lavorare e risiedere in ognuno dei paesi firmatari.

Il popolo svizzero si è già espresso tre volte su questioni relative alla libera circolazione delle persone. Nel maggio 2000, gli accordi bilaterali I sono stati approvati da una chiara maggioranza di cittadini.

Nel 2005, il popolo elvetico ha accettato di estendere gli accordi ai 10 paesi che hanno aderito nel 2004 all’UE.

Nel 2009 è stata accettata anche l’estensione dell’accordo ai due nuovi membri dell’UE, la Romania e la Bulgaria.

I rapporti tra la Svizzera e l’UE sono regolati da una ventina di accordi bilaterali e da un centinaio di altri trattati.

In caso di disdetta di un accordo, tutto il pacchetto di trattati bilaterali rischia di cadere.

L’ombra della “clausola ghigliottina”, che unisce inseparabilmente i sette accordi conclusi nel 1999 da Berna e Bruxelles, aleggia già sul dibattito, anche se nessuno evoca apertamente l’evento che potrebbe far scattare questo meccanismo: la denuncia da parte dell’Unione dell’accordo sulla libera circolazione delle persone con la Svizzera.

“La palla è nel campo della Svizzera”, ha affermato la portavoce della Commissione europea. “Il governo svizzero deve decidere come intende concretizzare l’esito della votazione. In seguito, l’Unione esaminerà le implicazioni di queste misure sulle relazioni Svizzera-UE e reagirà di conseguenza” , ha indicato il presidente della delegazione del Parlamento europeo per le relazioni con la Svizzera, Pat the Cope Gallagher .

Contingenti non ammissibili per l‘UE

Una cosa è certa: per l’Unione, “sono completamente esclusi dei contingenti che limiterebbero la libera circolazione delle persone”, sottolinea un esperto, secondo il quale l’Ue “non ha ancora identificato il margine di manovra di cui dispone ora il governo svizzero”.

Per alcuni è inutile farsi delle illusioni. Il risultato del voto di domenica “ci costringerà probabilmente a rivedere il pacchetto di accordi che erano stati adottati nel 1999″, ha dichiarato il ministro francese per gli Affari europei, Thierry Repentin, al suo arrivo a Bruxelles, dove ha partecipato ad una riunione dei ministri degli esteri dei Ventotto. Sarebbe pure minacciato l’accordo che integra la Svizzera nello spazio Schengen.

Non siamo ancora giunti così lontano: in teoria, il governo svizzero dispone di un periodo di tre anni per tradurre l’esito della votazione nel diritto nazionale. “Vi è ancora tempo”, ha detto il ministro degli Esteri britannico William Hague .

In buona compagnia

Nel frattempo, non mancano però anche alcune voci critiche. Il ministro degli esteri del Lussemburgo Jean Asselborn ha attaccato il leader dell’Unione democratica di centro Christoph Blocher, uno dei principali promotori dell’iniziativa accettata domenica dal popolo svizzero.”Non si può svendere la libera circolazione delle persone, quando si ha un accesso privilegiato al mercato europeo”, ha dichiarato Asselborn.

“Christoph Blocher ha forse molti soldi, ma anche una vista corta”, ha aggiunto il ministro lussemburghese, sottolineando che il risultato della votazione in Svizzera è stato applaudito dai leader della destra dura europea, tra cui la francese Marine Le Pen e l’olandese Geert Wilders.

Blocher “è in buona compagnia” all’interno del club dei populisti europei, nel quale Jean Asselborn non ha incluso l’ex primo ministro francese François Fillon. Quest’ultimo ha tuttavia considerato “perfettamente naturale “che la Svizzera voglia regolare l’apertura delle frontiere ai lavoratori stranieri, tenendo conto della sua capacità di integrarli. Secondo Fillon, questo modello dovrebbe essere ripreso dall’UE.

Traduzione di Armando Mombelli

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