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La fotografia dei “vecchi” immigrati italiani

Immigrati italiani a Briga, in Vallese, nel 1956 RDB

Decine di migliaia di italiani hanno deciso di invecchiare in Svizzera. Nella Giornata internazionale dei migranti del 18 dicembre, swissinfo si sofferma sulla vita da pensionati dei primi lavoratori stranieri immigrati nella Confederazione dopo il 1950.

“Anche gli italiani invecchiano”, titolava un articolo apparso qualche anno fa sul settimanale di critica sociale Area. Nulla di anormale, ci mancherebbe. A sorprendere all’epoca è stata la constatazione che gli anziani sono molti non soltanto nella Penisola, ma pure in Svizzera.

Un terzo dei lavoratori (uomini e donne) emigrati nei cantoni elvetici nella seconda metà del Novecento – quando il paese necessitava di manodopera supplementare per nutrire un’economia in espansione – è tornato a casa al momento della pensione. Spagnoli e portoghesi, anch’essi migrati in massa, hanno invece optato per il rientro in misura maggiore.

«Ci sono diversi fattori che spiegano questa differenza», ci dice Rosita Fibbi del Forum svizzero per lo studio della migrazione e della popolazione (FSM). «Con l’adesione all’Unione europea la Spagna ha vissuto un periodo di sviluppo economico, ciò che ha favorito il ritorno degli espatriati prima dell’età di pensionamento».

«Va poi detto che la relazione col paese di origine era molto diversa», aggiunge. «Gli spagnoli manifestavano molta più fiducia degli italiani nelle strutture pubbliche o nello Stato».

Fotografia dei pensionati

L’invecchiamento e la sedentarizzazione della comunità italiana in Svizzera non sono una novità. Già in passato, inchieste circoscritte e puntuali hanno messo in evidenza questa realtà. Non è però mai stata effettuata un’analisi dettagliata su come vivono i “vecchi” di una delle comunità straniere più importanti della Svizzera.

Per colmare la lacuna, l’FSM ha ripescato le cifre dell’ultimo censimento della popolazione. Nonostante i dati siano stati raccolti già da qualche anno (2000), sottolinea l’istituto di ricerca, si può offrire un’immagine precisa della condizione sociale, economica ed abitativa dei 140mila italiani con più di 50 anni.

Dallo studio pubblicato nel 2008 su richiesta dei Comites (Comitato degli italiani residenti all’estero) di Vaud e Friburgo, emergono differenze significative tra le tre principali regioni linguistiche.

Gli italiani che risiedono in Ticino e nei Grigioni – rileva Rosita Fibbi, coautrice dell’indagine – sono più qualificati dei connazionali che abitano in altre zone. Rispetto alla Svizzera tedesca, sono anche proporzionalmente più numerosi ad acquisire la cittadinanza elvetica.

Più lavoro che scuola

La maggior parte degli italiani over 50 risiede nella Svizzera tedesca (73’000 persone), soprattutto nelle città o nelle periferie urbane. Nelle aree italofone e romance sono 25mila, nella Svizzera romanda circa 40mila.

L’80% degli anziani non si è mai naturalizzato. Il motivo: prima del 1991, spiegano i ricercatori, l’effetto congiunto delle norme italiane e svizzere sulle naturalizzazioni comportava la perdita della cittadinanza in caso dell’ottenimento del passaporto rossocrociato per naturalizzazione ordinaria.

Nel campo della formazione, la maggior parte degli italiani anziani possiede un livello scolastico di tipo secondario (scuola dell’obbligo di otto anni), rileva l’FSM. Un dato che non sorprende, visto che nel periodo di forte afflusso, tra il 1950 e metà anni ’70, la Svizzera necessitava principalmente di manodopera poco qualificata.

Se non brillano per conoscenze, gli italiani ultracinquantenni si distinguono invece per la loro propensione al lavoro: due terzi degli italiani tra i 60 e i 64 anni – «una proporzione elevata» secondo l’FSM – svolge ancora un’attività lavorativa.

Riposo in Ticino

Tra i 2’400 italiani che vivono in un’unità abitativa collettiva (strutture per anziani, istituzioni sanitarie, residenze per lavoratori, alberghi) oltre la metà (53%) soggiorna in una casa di riposo. Una presenza piuttosto contenuta, se paragonata a quella degli svizzeri, puntualizza lo studio.

Due fattori spiegano la differenza: nel momento del bisogno (malattia, perdita d’indipendenza) gli italiani posso contare, più degli svizzeri, del sostegno della rete famigliare; inoltre, una proporzione cospicua di anziani è comunque rientrata in patria al momento della pensione o della perdita di autonomia.

La presenza di anziani ultrasettantacinquenni nelle case di riposo varia poi a seconda dall’area linguistica: la proporzione è più alta in Ticino, mentre è limitata nella Svizzera tedesca.

Gli italiani che hanno messo radici nei cantoni germanofoni, osservano gli autori dello studio, sono probabilmente più restii ad accedere agli istituti locali. «Andare in una casa di riposo di Zurigo – spiega Rosita Fibbi – è come varcare una barriera linguistica e culturale: il tedesco non è più una lingua diversa solamente nel quotidiano, ma pure nell’intimità».

Non è da escludere, puntualizza l’FSM, che agli italiani anziani già presenti in Svizzera si aggiungano anche le persone provenienti dalla fascia di confine. Una sorta di “libera circolazione” dei pensionati – se si pensa anche agli svizzeri che in passato si sono ritirati in Spagna – che in seguito all’invecchiamento demografico generale potrebbe anche, chissà, finire tra le priorità politiche di futuri governi.

swissinfo, Luigi Jorio

Nel 2000, le Nazioni Unite hanno designato il 18 dicembre la Giornata internazionale dei migranti.

La data non è stata scelta a caso: il 18 dicembre 1990, l’Assemblea generale dell’ONU ha infatti adottato la Convenzione Internazionale per la tutela dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie.

Il trattato elenca da una parte i diritti dei migranti, mentre dall’altra propone l’adozione di misure per limitare i movimenti clandestini. Finora è stato ratificato da una trentina di Stati, essenzialmente paesi d’origine delle migrazioni (Messico, Filippine o Sri Lanka).

Nonostante la maggior parte dei migranti nel mondo risieda nel Nord America o in Europa, la Convenzione non è stata ratificata da nessun paese occidentale, Svizzera compresa.

Circa 30 milioni di italiani sono emigrati all’estero a partire dal 1800.

L’inizio dell’immigrazione italiana in Svizzera è collegato allo sviluppo della rete ferroviaria nella seconda metà del XIX secolo. Dopo la Seconda guerra mondiale, oltre agli operai, sono giunte anche molte persone attive nel settore alberghiero e della ristorazione.

Nel 1970 vivevano 500’000 cittadini italiani sul territorio svizzero.

Con la recessione del 1973-74 oltre 200’000 immigrati hanno lasciato il paese.

Gli italiani costituiscono, dopo i serbo-montenegrini, la comunità straniera più grande della Svizzera (circa 300’000 persone).

Per facilitare la loro integrazione anche a livello di strutture di assistenza, in alcune case di cura della Svizzera tedesca sono stati creati degli appositi “reparti mediterranei“, dove il personale parla italiano.

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