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La miseria degli “ultimi” in concorso a Locarno

Pietro "è un po' il simbolo della nostra solitudine", afferma Daniele Gaglianone pardo.ch

Daniele Gaglianone porta a Locarno un lungometraggio sulla precarietà e la solitudine, sulla rabbia e la violenza. Realizzato in modo del tutto indipendente, "Pietro" è l'unico film italiano in corsa per il Pardo d'oro.

Lo sguardo di Pietro è come un pugno allo stomaco. Porta con sé tutto il dolore e la miseria di chi vive ai margini della società, costretto a fare un lavoro precario, a subire le angherie altrui. È uno sguardo che ti rimane dentro, anche una volta passati i titoli di coda.

Il protagonista del film di Gaglianone è un giovane come molti che per campare è costretto a distribuire volantini per le vie di Torino. All’apparenza un po’ idiota, Pietro è dotato di una sensibilità e di una dolcezza che lo predispongono a essere bersaglio perfetto di una cattiveria gratuita: i ricatti morali del fratello tossicodipendente, i soprusi degli spacciatori e lo sfruttamento del datore di lavoro.

«È una storia nata tre anni fa in un momento particolare della mia vita, di grande turbamento e delusione», racconta a swissinfo.ch un Daniele Gaglianone visibilmente emozionato. «Era un periodo in cui sembrava che tutto andasse per il verso sbagliato, in cui avevo la sensazione di non riuscire più a trovare uno spazio come regista nel panorama italiano. Allora mi è venuta l’idea di questo protagonista che – al pari di tanti – fa un lavoro effimero per eccellenza».

Storia di rabbia e solitudine

Daniele Gaglianone non è un volto nuovo al Festival di Locarno. Nel 1995, il regista marchigiano riceve una menzione speciale per il cortometraggio “L’orecchio ferito del piccolo comandante” e nel 2008 il suo documentario “Rata nece biti – la guerra non ci sarà” viene presentato nella sezione “Ici et Ailleurs”. È grazie a questo lavoro sulla Bosnia che Gaglianone riceve il Premio speciale della Giuria al Festival di Torino e il David di Donatello.

A due anni di distanza, Gaglianone torna a Locarno con un film sulla precarietà e la solitudine, sul malessere di una generazione da 1000 euro che fatica a trovare una risposta.

«Ho voluto raccontare la storia di un uomo semplice che cerca di sopravvivere in un mondo in cui la sua fragilità, la sua gentilezza non sembrano trovare spazio e che porta dentro di sé una violenza potenzialmente feroce», spiega il regista.

«In fondo Pietro è il simbolo della nostra solitudine. Ogni giorno fa chilometri e chilometri per consegnare volantini, attraversa spazi, ma fondamentalmente è solo. È una persona che per potersi esprimere almeno una volta con serenità, ingenuità e anche un pizzico di rabbia è costretto ad una reazione estremamente crudele».

E tu, da che parte stai?

Ambientata nei sobborghi torinesi, la pellicola è priva di riferimenti diretti all’attualità politica italiana eppure ha un’esplicita dimensione di denuncia sociale. «È un film figlio di una riflessione sui tempi che stiamo vivendo, di un oggettivo e indubbio scadimento della qualità delle relazioni umane nella società italiana, ma non solo».

«Sembra un paradosso, prosegue Gaglianone, ma in questa società individualista il primo a morire è l’individuo. C’è una specie di darwinismo sociale che porta a negare l’esistenza dell’altro, a chiudere gli occhi di fronte alla sua sofferenza».

Il lungometraggio ci presenta il mondo visto con gli occhi di Pietro, un mondo di violenza in cui per poter affermare il suo diritto a esistere è costretto a restituire la violenza subita e metabolizzata. «In molti sono convinti che la società sia divisa in due: vittime e carnefici. Ma dove lo mettiamo un personaggio come Pietro? E parlo da spettatore più che da regista. Fra i buoni o fra i cattivi? Non possiamo non essere con lui quando si scaglia contro tutti per recuperare la sua umanità, ma il modo in cui reagisce ci fa paura, ci spiazza. Il problema forse non è tanto cosa ne facciamo di Pietro, ma cosa ci siamo fatti per arrivare a questo punto…».

Indipendente, nonostante tutto

“Pietro” è un film che costringe a guardarsi dentro, a riflettere sulla natura della condizione umana, sull’urgenza di dire e fare qualcosa. In concorso per il Pardo d’oro al Festival di Locarno, il lungometraggio di Gaglianone è stato realizzato in modo del tutto indipendente, grazie anche al supporto di Gianluca Arcopinto che in Italia è ormai diventato un punto di riferimento per il cinema “impegnato”.

«Non voglio fare polemiche, ma adesso sono quasi contento che la Rai abbia rifiutato “Pietro” perché è stato più giusto che nascesse così com’è nato, senza ingerenze esterne. In un certo senso rappresenta una risposta a chi mi ha sbattuto la porta in faccia, ripetendomi che non avrei dovuto girare film così radicali».

Il personaggio di Pietro è interpretato in modo magistrale da un Pietro Casella alla prima esperienza cinematografica, in un ruolo assai complesso per la sua drammaticità e umanità. Assieme a Francesco Lattarulo (il fratello Francis) e Fabrizio Nicastro (lo spacciatore Nikki), Pietro Casella forma da diversi anni un trio di cabarettisti. «I personaggi sono nati con loro e ho scritto la sceneggiatura avendo in mente le loro fisionomie, il modo in cui si muovono e si esprimono», ci spiega Gaglianone.

Girato in soli 12 giorni, con un budget ridotto all’osso, “Pietro” è la dimostrazione che in Italia è ancora possibile fare cinema indipendente. «Per ridurre i costi al minimo, abbiamo lavorato sui personaggi per diversi mesi prima delle riprese. Ed eravamo così “preparati” che il primo giorno abbiamo girato una sequenza di nove minuti… Allora Arcopinto mi ha detto che ero pronto per fare televisione… per una televisione che in fondo non esiste…».

Stefania Summermatter, Locarno, swissinfo.ch

La selezione 2010 offre ampio spazio anche alla produzione italiana, con il lungometraggio “Pietro” di Daniele Gagianone in lizza per il Pardo d’oro.

Con il film “Uomini contro”, Piazza Grande offre un tributo al regista e sceneggiatore Francesco Rosi, uno dei padri del film-inchiesta.

Il Festival rende omaggio anche all’attore e regista fiorentino Corso Salani, deceduto in giugno. Il pubblico potrà rivedere “Gli occhi stanchi” (1995) e due episodi inediti de “I casi della vita”, il documentario-fiction al quale stava lavorando

Fuori concorso è presentato il film del siciliano Franco Maresto, “Io sono Tony Scott. La storia del più grande clarinettista del Jazz”.

Nella sezione Pardi di domani, il Festival propone il cortometraggio “Diarchia” di Ferdinando Cito Filomarino (Concorso internazionale) e “Armandino e il MADRE” di Valeria Golino (Corti d’autore).

Nato ad Ancona nel 1966, si laurea in Storia e critica del cinema all’Università di Torino.

Negli anni Novanta realizza diversi cortometraggi di fiction e documentari per l’Archivio nazionale cinematografico della resistenza, col quale collabora.

Nel 1998 collabora alla sceneggiatura e lavora come assistente alla regia per il film “Così ridevamo” di Gianni Amelio, Leone d’oro alla Mostra di Venezia.

Esordisce nel lungometraggio nel 2000 con “I nostri anni”, selezionato alla Quinzaine des realisateurs del Festival di Cannes 2001.

Nel 2004 il suo secondo lungometraggio “Nemmeno il destino” partecipa nella sezione Giornate degli autori alla Mostra di Venezia e l’anno seguente vince il Tiger Award all’International film festival di Rotterdam.

Gaglianone non è un nome nuovo a Locarno. Nel 1995, il suo cortometraggio “L’occhio ferito del piccolo comandante” riceve una menzione speciale, e nel 2008 il documentario “Rata nece biti – la guerra non ci sarà” viene presentato nella sezione “Ici et Ailleurs”.

Con questa pellicola, Gaglianone riceve il Premio speciale della Giuria al Torino Film Festival, nella sezione documentari italiani, e nel 2009 il David di Donatello.

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