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La tecnologia che nasce dalla caverna

Il massiccio del Gonzen, nel canton San Gallo, nasconde una fitta rete di cunicoli Keystone

Un fabbricante svizzero di microchip ha scelto un'ubicazione insolita per costruire il suo centro di produzione: il ventre della montagna. In futuro altre fabbriche potrebbero sorgere nella roccia.

L’idea di sfruttare il cuore della montagna non è nuova. L’hanno avuta le industrie minerarie, i militari e, in tempi più recenti, le banche e le società assicurative, che hanno trasformato vecchi bunker per riporre oggetti di valore e informazioni sensibili.

Nessuno in Svizzera aveva però pensato di scavare una grotta per costruirci una fabbrica. Un impianto alto quanto una palazzina di sei piani e lungo un centinaio di metri.

A stupire il mondo della nanotecnologia – e dell’imprenditoria in generale – è stata una ditta sangallese, la Espros Photonics Corporation (epc), che ha deciso di produrre i suoi microchips all’interno del massiccio del Gonzen, presso Sargans nella valle del Reno.

«Un mio amico mi ha chiesto: perché non costruisci una fabbrica nella montagna?», ha raccontato alla Televisione svizzera di lingua italiana Beat de Coi, presidente del consiglio di amministrazione di epc. «Non l’ha mai fatto nessuno, gli ho risposto. Ma poi mi ha mostrato i vantaggi, anche economici».

Una grotta per risparmiare

«Le possibilità e i vantaggi offerti dalla fabbrica nella montagna hanno posto tutte le altre opzioni in secondo piano», spiega Beat de Coi.

Nella montagna, il livello delle oscillazioni sismiche è dieci volte inferiore ai valori rilevati in altri siti all’esterno. Una caratteristica fondamentale, poiché la produzione di microchips necessita condizioni di massima stabilità.

L’imprenditore elvetico ha così evitato di spendere milioni per la costruzione di speciali fondamenta, del tetto e delle pareti. Inoltre non ha dovuto acquistare un terreno, merce sempre più rara (e quindi costosa) nella piccola e popolata Svizzera.

La grotta offre poi il vantaggio di ridurre i costi energetici, grazie ad una temperatura costante dodici mesi all’anno. Ma non è tutto. La roccia estratta dalla montagna (circa 100’000 metri cubi di materiale) può essere venduta come ghiaia.

Il costo del progetto nella montagna (150 milioni di franchi) è di 7 milioni inferiore a quello di un centro di produzione all’esterno, constata Beat de Coi.

Nei buchi dei Romani

Per scavare nella montagna, la ditta sangallese ha dovuto richiedere l’autorizzazione del canton San Gallo e del comune di Sargans. «L’impresa responsabile della perforazione ha poi acquistato la concessione», aggiunge Erich Zoller, sindaco di Sargans.

«Dal Gonzen – ci spiega Zoller – si estraevano minerali di ferro già in epoca romana. Il massiccio montano è noto anche per la fortezza costruita dall’esercito svizzero dopo la Prima guerra mondiale».

Il progetto dell’epc non ha incontrato particolari resistenze: l’entrata della caverna si trova in effetti in una zona industriale. «Abbiamo però dovuto trovare un accordo sul risarcimento che spetta ai proprietari dei terreni in superficie», puntualizza Erich Zoller.

In Svizzera sono molteplici gli esempi di sfruttamento delle cavità della montagna o del sottosuolo. «Ci sono poligoni di tiro sotterranei, alberghi, c’è il CERN di Ginevra… Ma un centro di produzione penso che sia una novità in Svizzera, forse addirittura nel mondo».

Il parere di Zoller è condiviso anche da Christoph Rüegg, ingegnere presso la Amberg Engineering, la ditta responsabile dello scavo a Gonzen. «A mia conoscenza si tratta del primo progetto in Svizzera per ciò che riguarda la produzione industriale».

Futuro nella caverna?

«Le caverne sono un’applicazione relativamente nuova, con un grande potenziale per gli stabilimenti industriali», ritiene Rüegg.

La realizzazione di impianti in caverne, scrive la Amberg, può rappresentare la soluzione ottimale: le strutture sotterranee necessitano di meno terreno, hanno un minor impatto sul paesaggio, suscitano meno opposizioni ed offrono condizioni ambientali uniformi e livelli elevati di protezione.

Secondo Christoph Rüegg, «la tendenza a costruire nella roccia è in crescita. Si è ad esempio discusso di realizzare impianti sotterranei per la produzione di biogas».

Non basta tuttavia scegliere un terreno qualsiasi e iniziare a scavare. «Innanzitutto si deve considerare il piano regolatore. In secondo luogo va analizzata la qualità della roccia», sottolinea l’ingegnere.

Per accedere alla caverna bisogna inoltre costruire una strada, rammenta il sindaco Zoller. «A Gonzen non è stato un problema, siccome si tratta di una zona industriale. In altre regioni ci possono invece essere delle aree protette: difficile realizzare un progetto con questi presupposti».

Nell’attesa che i microchip vengano prodotti a pieno regime (2012), nella caverna del Gonzen si inizierà a… fare sport. Parte della grotta verrà infatti adibita a palestra, la prima sala da ginnastica nella roccia della Svizzera.

Luigi Jorio, swissinfo.ch

Buona parte degli spazi realizzati nelle montagne svizzere è opera dell’esercito. Col tempo, numerosi rifugi militari sono stati adibiti ad altri usi.

Alcune strutture fortificate sono state cedute per scopi culturali ad associazioni per la tutela del patrimonio artistico svizzero. Altre sono state riconvertite da privati in cantine o stanze da gioco per bambini.

Non mancano gli esempi singolari: sul San Gottardo, una fortezza militare è stata trasformata in albergo e centro dei congressi.

Sempre nel massiccio del Gottardo, la società Swiss Data Safe ha risistemato un vecchio bunker per custodire valori e banche dati elettroniche.

Lo Svalbard International Seed Vault (Deposito internazionale per i semi di Svalbard) è un caveau in cemento armato costruito in una montagna dell’isola di Svalbard, in Norvegia.

Inaugurata nel 2008, la più grande banca genetica di semi del mondo è in grado di resistere a disastri ambientali, cambiamenti climatici, guerre nucleari o asteroidi caduti dal cielo.

Lo spesso strato di roccia e ghiaccio garantisce un raffreddamento naturale che impedisce ai semi di germogliare.

Nel deposito internazionale sono custoditi anche circa 2 milioni di semi forniti dalla Stazione federale di ricerche agronomiche di Changins, nel canton Vaud.

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