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La torretta di Langenthal continua ad agitare gli animi

Un quadretto idilliaco di una cittadina normale. Ma il progetto di edificare un minareto ha infranto l’incanto. swissimage

Un anno fa gli elettori svizzeri hanno accettato l’iniziativa contro l’edificazione di nuovi minareti in Svizzera. Da allora, la cittadina di Langenthal è finita sotto i riflettori dei media internazionali a causa del contenzioso sul progetto di erezione di un minareto. Reportage.

Langenthal, nel canton Berna, è al centro dell’attenzione mediatica dal lontano 2006, quando la comunità islamica locale – che conta circa 130 membri di origine macedone, albanese e kosovara – ha inoltrato una domanda per la ristrutturazione di un locale e per la costruzione di un minareto di sei metri.

Dopo una prima autorizzazione, concessa dalle autorità cittadine, sono seguiti ricorsi, un nuovo progetto e altre opposizioni.

Da quando, dodici mesi fa, l’elettorato elvetico è stato chiamato a esprimersi sull’iniziativa contro l’edificazione di minareti in Svizzera, il dibattito si è inasprito ulteriormente e il contenzioso giuridico ha polarizzato l’opinione pubblica nazionale.

Pubblicità indesiderata

Il sindaco Thomas Rufener non è molto felice di questo bailamme mediatico. Egli reputa Langenthal né peggiore né migliore di altre città elvetiche. «Presenta caratteristiche positive e altre negative. Può essere ritenuta un campione rappresentativo della Svizzera. In occasione dell’iniziativa popolare, il voto degli elettori di Langenthal era perfettamente nella media svizzera».

Tuttavia, diversi partiti vogliono sfruttare a proprio vantaggio la pubblicità che l’esito scaturito dalle urne ha suscitato. Da allora, anche i mezzi di comunicazione hanno affibbiato a Langenthal un’immagine conservatrice e anti-islamica. Un accostamento contro il quale il sindaco Rufener si batte. «Molti media internazionali improvvisamente si interessano a Langenthal e associano la città alle polemiche sui minareti, anche se la questione di fondo non ha nulla a che fare con Langenthal».

Monumento commemorativo

L’oggetto della contesa sorgerebbe in periferia, in un quartiere industriale. Di notte, la casa in cui si incontra la comunità musulmana locale non assomiglia per nulla a un luogo di preghiera, ma sembra piuttosto una palestra di paese.

A meno di cento metri di distanza, in una delle nuove e moderne sale dell’albergo Parkhotel, il comitato d’azione “Stopp Minarett” presenta il modello del monumento commemorativo che dovrebbe essere eretto vicino a una strada trafficata della città.

Il modello di ferro raffigura un cavatappi rovesciato. L’idea del comitato è di ricordare ai credenti non musulmani che nei Paesi islamici verrebbero perseguitati a causa del loro credo. In questo contesto viene ricordato il recente attacco terroristico avvenuto in una chiesa a Bagdad.

Durante l’incontro interviene anche un parlamentare dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) Walter Wobmann che parla dell’«arroganza delle istanze cantonali». Wobmann fa riferimento alla decisione del cantone di Berna che nel mese di settembre ha confermato l’autorizzazione di costruire il minareto di Langenthal.

Da perseguiti a terroristi

La comunità islamica locale si compone specialmente di macedoni albanesi, rifugiatisi in Svizzera negli anni Novanta. Nel Paese d’accoglienza, dopo aver sofferto a causa del terrorismo nell’ex Jugoslavia, vengono ora considerati a loro volta dei terroristi arabi, afferma il portavoce della comunità Mutalip Karaademi.

«Nella ex Jugoslavia non c’era la libertà religiosa. L’iman doveva essere comunista. Durante la guerra balcanica la situazione è peggiorata ulteriormente per i musulmani. E quando abbiamo raggiunto la Svizzera, un Paese democratico, siamo diventati di nuovo un bersaglio della propaganda politica», racconta Karaademi.

In ogni caso, fino al Tribunale federale

Langenthal è ancor lontana dalla soluzione di questo contenzioso, sostiene Daniel Kettiger, il legale della comunità islamica locale. Era chiaro fin dall’inizio, afferma Kettinger, che i contrari all’edificazione del minareto avrebbero trascinato la contesa giuridica fino al Tribunale federale (Corte suprema).

Kettiger è comunque convinto che il divieto di costruire nuovi minareti non può durare nel tempo. «La parola fine sarà scritta dalla Corte di giustizia europea».

Questa opinione non viene naturalmente condivisa dal parlamentare dell’Unione democratica di centro. Walter Wobmann sostiene che la Corte di giustizia europea deve «rispettare il chiaro voto popolare di uno Stato sovrano».

Se il divieto di edificare minareti venisse giudicato contrario al diritto di libertà di religione, allora anche il corano dovrebbe essere sottoposto al giudizio di un tribunale. «Anche lapidazione, matrimoni forzati e percosse contro le donne e i bambini dovrebbero essere condannati», illustra Wobmann ai simpatizzanti accorsi.

Gli affari, prima di tutto

Nel frattempo, in una sala attigua a quella occupata dal comitato “Stopp Minarett”, gli imprenditori italiani e inglesi vengono serviti da personale di origine asiatica. Il minareto o il monumento commemorativo di Langenthal a loro non interessa.

Si parla invece di Lantal Textiles, Creation Baumann e naturalmente di Ammann Group, l’azienda del neoeletto consigliere federale Johann Schneider-Ammann. Gli interessi economici hanno il sopravvento sulle questioni di politica locale.

E nemmeno le manifestazioni dei contrari all’edificazione del minareto di Langenthal sembrano disturbare gli industriali che hanno scelto la cittadina bernese per fare i loro affari.

«Gli imprenditori – confida una collaboratrice straniera del Parkhotel – sono nostri ospiti soltanto durante i giorni lavorativi. Le dimostrazioni si svolgono invece nei fine settimana. Così, gli impresari rimangono parzialmente allo scuro di ciò che avviene qui».

2006, la comunità islamica di Langenthal inoltra una richiesta di costruzione per ristrutturare il suo locale e per l’erezione di un minareto di sei metri, senza altoparlante.

2006, la popolazione locale inoltra ricorso con 3500 firme. La città di Langenthal autorizza la costruzione.

2007, le autorità cantonali approvano il ricorso inoltrato dal comitato „Minarett Stopp“. L’autorizzazione della città viene ritirata.

giugno 2009, la città di Langenthal approva il progetto rivisto, che non contempla più l’ampliamento del locale.

settembre 2010, il canton Berna conferma l’autorizzazione di costruire il minareto visto che le autorità cittadine avevano rilasciato il permesso prima della votazione sui minareti.

ottobre 2010, il comitato inoltra un nuovo ricorso contro il permesso di costruzione presso il tribunale amministrativo cantonale.

Nella Confederazione vivono circa 350’000 musulmani (stime del 2008). Il loro numero è raddoppiato tra il 1990 e il 2000 e circa il 10% dei musulmani possiede la cittadinanza svizzera.

Nel 2000 (ultimo censimento) rappresentavano il 4,3% della popolazione svizzera. Si tratta della principale comunità religiosa del paese dopo i cattolici e i protestanti.

Il 56% dei musulmani che vivono nella Confederazione proviene dai Balcani (soprattutto albanesi e bosniaci), il 20% dalla Turchia, il 4% dal Maghreb, il 3% dal Libano e il 15% dall’Africa nera.

In Svizzera esistono quattro moschee dotate di un minareto (Zurigo, Ginevra, Winterthur e Wangen bei Olten) e circa 180 luoghi di preghiera islamici, situati prevalentemente all’interno di centri culturali.

(traduzione dal tedesco, Luca Beti)

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