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Le esportazioni svizzere alla ricerca di nuovi mercati

Per le aziende svizzere, l'Europa rimane ancora oggi il centro dell'innovazione e dello sviluppo tecnologico Keystone

Gli esportatori elvetici si stanno muovendo sempre più verso Est per diversificare i rischi e trovare nuovi consumatori. Questa tendenza non è dovuta soltanto alle nuove opportunità offerte da economie emergenti in rapida espansione, ma anche ai tassi di cambio sfavorevoli in Europa e negli Stati uniti.

Secondo i dati pubblicati in febbraio dall’Ufficio federale delle dogane, le esportazioni verso la Cina sono aumentate l’anno scorso del 19%, rispetto al 2010. In forte crescita anche diversi altri importanti mercati orientali per la Svizzera: Hong Kong +18%, India +15% e Russia +13%.

Mentre le esportazioni elvetiche verso i membri dell’Unione europea sono scese di alcuni punti negli ultimi anni, quelle verso i cosiddetti paesi Bric (Brasile, Russia, India e Cina) hanno registrato una progressione. Nel 2011 hanno raggiunto l’8,4% del totale del commercio estero di beni e servizi, contro il 7,6% l’anno precedente.

Questa tendenza è dovuta tra l’altro al rafforzamento del franco rispetto all’euro, che ha portato ad un indebolimento della domanda europea nei confronti dei prodotti svizzeri, diventati più cari. Le società elvetiche sono state costrette a tagliare i loro prezzi del 5,5% l’anno scorso per prevenire un nuovo calo delle ordinazioni.

L’handicap di una valuta forte

Il franco forte e il deterioramento della situazione economica in Europa non costituiscono però le sole ragioni che hanno spinto diverse aziende svizzere a rivolgersi verso Est. Tra queste la Baumot, un’impresa specializzata in filtri di scarico per veicoli, che 18 mesi fa ha messo piede per la prima volta nel mercato cinese.

La Baumot prevede di raggiungere entro pochi anni un terzo del suo fatturato in Cina: l’inquinamento rappresenta una delle sfide principali a cui deve far fronte il gigante asiatico, chiamato a ridurre drasticamente le emissioni di gas degli autoveicoli.

Per Marcus Hausser, direttore esecutivo dell’azienda elvetica, la Cina non va tuttavia considerata come un mercato in grado di risolvere tutti problemi degli esportatori svizzeri. “Il nostro più grande mercato rimane l’Europa, poiché è qui che si sviluppano tutti i trend tecnologici più importanti del nostro settore”, sottolinea Hausser.

“La Cina è grande ed è importante esserci”, aggiunge. “Ma le aziende che basano tutti i loro ricavi futuri sulla Cina rischiano di incorrere in gravi problemi nel caso in cui questo paese dovesse conoscere una flessione economica”.

La rapidità del recente apprezzamento del franco nei confronti dell’euro e del dollaro ha causato dei grattacapi agli esportatori svizzeri, rileva Hausser. Ma, a suo avviso, le aziende elvetiche sono abituate ad affrontare la concorrenza internazionale con l’handicap di una valuta nazionale forte. “Se l’unico vantaggio di un prodotto è quello di essere stato fabbricato in un paese con una valuta debole, allora è meglio fare un passo indietro e ripensare la propria strategia”, dichiara il direttore esecutivo della Baumot.

Grande potenziale

Anche la Hochdorf, una società con sede nel canton Lucerna, intravede un grande potenziale di espansione sul mercato cinese. L’azienda del settore alimentare, che fornisce prodotti lattiero-caseari e cereali per alimenti destinati all’infanzia, ritiene di poter offrire ai consumatori cinesi un’alternativa affidabile rispetto ai prodotti locali, la cui reputazione è stata intaccata dal recente scandalo della melammina, un composto che ha provocato gravi intossicazioni alimentari.

“Molte famiglie non si fidano più dei prodotti lattiero-caseari locali”, osserva Edith Koch, direttrice della Hochdorf responsabile della regione Asia. “I prodotti made in Svizzera godono invece di un’eccellente reputazione per l’alta qualità e per gli standard elevati di produzione”.

“Disponiamo così di buone prospettive di accedere ancora maggiormente al mercato cinese”, aggiunge Edith Koch. Entrata in questo mercato nel 2009, l’azienda alimentare riesce già oggi a smerciare un terzo di alcuni suoi prodotti in Cina.

Principale mercato

Il forte aumento delle esportazioni svizzere verso la Cina e il resto dell’Asia è però legato soprattutto alla massiccia crescita delle vendite di orologi in questa regione. L’Asia non è ancora una metà che interessa tutti gli esportatori svizzeri, i quali rimangono piuttosto posizionati sul mercato europeo.

Per quanto riguarda l’Europa, l’anno scorso le esportazioni svizzere hanno subito un notevole calo soprattutto nei paesi confrontati alla crisi del debito, come la Grecia e il Portogallo, ma anche in alcune economie più forti, come la Gran Bretagna e i Paesi Bassi.

Il commercio di beni e servizi ha invece registrato anche nel 2011 un nuovo aumento del 6% verso la Germania. Circa la metà della crescita complessiva realizzata l’anno scorso dalle esportazioni svizzere – più 4 miliardi di franchi – è stata assorbita dal mercato tedesco.

Le sorti di molte aziende elvetiche rimangono fortemente legate al successo del principale partner economico della Svizzera – le esportazioni tedesche hanno raggiunto un nuovo record nel 2011, superando per la prima volta 1 bilione di euro (circa 1,2 bilioni di franchi). Le imprese svizzere hanno contribuito a questo nuovo boom del commercio estero della Germania, fornendo numerose componenti ai prodotti tedeschi di esportazione.

Diversificazione

Anche gli Stati uniti continuano a sostenere positivamente le esportazioni elvetiche. L’anno scorso le forniture verso il secondo più importante mercato per la Svizzera hanno registrato una aumento del 2,4%.

Patrick Djizmedjian, collaboratore dell’Osec, l’agenzia incaricata dalla Confederazione di aiutare le imprese svizzere a penetrare nei mercati esteri, sottolinea l’importanza della diversificazione dei partner economici. Secondo l’esperto, le aziende elvetiche devono distanziarsi un poco dai mercati tradizionali, senza tuttavia voltare loro completamente le spalle.
 
“Limitare la propria dipendenza dalle zone euro e dollaro rientra in una sana strategia aziendale. Nell’Asia Sud-Orientale vi sono 600 milioni di consumatori, un potenziale di espansione importante per le aziende svizzere che devono però elaborare delle strategie di esportazione sul medio-lungo termine”, dichiara Djizmedjian. “Se l’80% delle esportazioni di un’azienda vanno verso la zona euro, è difficile cambiare in pochi mesi la propria strategia per accedere ai mercati dei paesi emergenti”.

Le esportazioni svizzere sono aumentate del 2,1% nel 2011, raggiungendo un valore di 197,6 miliardi di franchi. Nonostante questa crescita, si situano ancora di 9 miliardi al di sotto del record raggiunto nel 2008.

L’espansione del commercio estero è stata trainata soprattutto dall’orologeria (+19,3%).

Hanno registrato un’evoluzione positiva anche le vendite all’estero di prodotti dell’industria dei metalli (+2,2%), delle macchine e dell’elettronica (+1,2%), nonché degli alimentari e dei generi voluttuari (+0,6%).

Per quanto riguarda i mercati, le forniture all’Unione europea sono in lieve calo dello 0,7%, nonostante il sostegno all’export elvetico giunto dalla Germania, che ha accresciuto gli acquisti di prodotti svizzeri del 5,5%

In forte crescita le esportazioni verso la Cina, +19,2%, e Hong Kong, +18,8%, mentre quelle verso il Giappone hanno segnato un calo dello 0,4%. Le vendite verso gli Stati Uniti sono aumentate del 2,4%.

Da notare che, per compensare il continuo apprezzamento del franco, le imprese di esportazione hanno fatto concessioni sui prezzi dei beni venduti all’estero, scesi lo scorso anno in media del 5,5%, ossia la maggiore contrazione mai registrata.

Le importazioni hanno segnato invece il passo nel 2011, fissandosi a 173,7 miliardi di franchi (-0,1%). La bilancia commerciale si è così chiusa con un’eccedenza di 23,8 miliardi di franchi (+22,4%).

Traduzione di Armando Mombelli

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