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Rinasce a Tunisi il rifugio ginevrino degli oppositori di Ben Ali

Mohamed Ben Henda intende riaprire la libreria Al-Diwan a Tunisi. Benjamin Keller

L’ex libreria araba Al-Diwan di Ginevra ha accolto diverse personalità della rivoluzione dei gelsomini. Oggi sta per rinascere a Tunisi. Il suo proprietario, Mohamed Ben Henda, intende così contribuire al rilancio della cultura nel suo paese d’origine.

Un container blu con tonnellate di libri sta per essere caricato su un semi-rimorchio. Con qualche foto pubblicata su Facebook, accompagnata da un messaggio toccante, il 20 novembre il militante tunisino Mohamed Ben Henda ha chiuso definitivamente il sipario sulla libreria araba Al-Diwan di Ginevra. Un nuovo capitolo sta invece per aprirsi in Tunisia per questo spazio che ha svolto un ruolo fondamentale nella vita e nella lotta degli esuli magrebini durante il regime di Ben Ali.

La storia di Al-Diwan è indissociabile da quella di Mohamed Ben Henda. Il tunisino, 53 anni, ne ha ripreso le redini poco dopo il suo arrivo nella città di Calvino agli inizi degli anni Novanta.

“Ho lasciato la Tunisia nel 1992 quando la morsa di Ben Ali cominciava a stringersi”, racconta seduto in un caffè della capitale. Un caffè che è un po’ il suo “feudo”, malgrado sia cresciuto a Jemmel, una città del Sahel.

Mohamed Ben Henda è arrivato a Tunisi per accogliere i suoi libri partiti dal porto di Marsiglia la vigilia del nostro incontro.

Prima di emigrare in Svizzera, Mohamed Ben Henda era attivo “culturalmente e politicamente” in Tunisia: culturalmente in seno a club e associazioni; politicamente attraverso il suo impegno nel partito dei Patrioti democratici. Un movimento bandito da Ben Ali e diretto dal leader di sinistra e “compagno” Chokri Belaïd, fino al suo assassinio nel febbraio 2013. In Tunisia Mohamed Ben Henda conduceva anche azioni sindacali che gli sono valse il licenziamento dalla carica di insegnante.

“Tutti passavano di là!”

È stato l’amore a portare Mohamed Ben Henda a Ginevra. Il suo volto? Quello di una giovane ticinese, con la quale è tuttora sposato. Nel quartiere dei Pâquis scopre una “piccola libreria che propone letteratura sul mondo arabo, in arabo e in francese”. Simpatizza coi proprietari, il libanese Joseph Yammouni e il tunisino Fawzi Mellah, due intellettuali. Assunto dapprima come gerente, finisce per riprenderne le redini.

Grazie a un prestito della Banca alternativa svizzera, Mohamed Ben Henda trasloca alla Rue des Pâquis 4 bis e trasforma la libreria in qualcosa di più di un semplice commercio di libri. Organizza esposizioni, conferenze e dibattiti; ospita incontri con militanti dei diritti umani; assiste gli attivisti che vengono a Ginevra per perorare le loro cause davanti alle organizzazioni delle Nazioni Unite. Ben presto la libreria diventa il quartier generale dei progressisti tunisini a Ginevra. “Tutti passavano di là!”.

Diverse figure emblematiche della rivoluzione hanno varcato quella porta: Chokri Belaïd, Hamma Hammami, della coalizione di sinistra Fronte popolare, Mustapha Ben Jaafar, che diverrà presidente dell’Assemblea costituente, e il futuro capo di Stato Moncef Marzouki. “Non ho però mai voluto allearmi con gli islamisti (anch’essi parte dell’opposizione sotto Ben Ali, ndr). Era la linea rossa da non superare”.

Mohamed Ben Henda ricorda anche una lunga discussione con l’ex segretario generale dell’Unione generale tunisina del lavoro (UGTT), Abdessalem Jerad, nel tentativo di convincerlo a democratizzare l’organizzazione. Allora “l’ala militante” era infatti soffocata da quella “burocratica”, più vicina al potere. Abdessalem Jerad dà il via libera a un congresso straordinario, tenutosi a Djerba nel 2002, che marcherà una svolta per l’organizzazione sindacale, co-vincitrice del premio Nobel per la pace 2015 per il suo ruolo nella transizione democratica del paese.

Lotta attiva contro Ben Ali

“Mi ricordo ancora quando finiti i corsi all’università correvo in bicicletta alla libreria, anche solo per parlare arabo”, racconta Anis Mansouri. “Attivista culturale” tunisino, Mansouri è emigrato a Ginevra nel 2000, ha fondato assieme a Mohamed Ben Henda l’Associazione dei tunisini e delle tunisine in Svizzera e attualmente coordina la sezione svizzera del Fronte popolare.

I due si sono incontrati per la prima volta a una manifestazione. “Vidi Mohamed con uno striscione che denunciava apertamente Ben Ali. E fui preso da una grande emozione davanti a cotanto coraggio. Perché nel 2000 in Tunisia c’era poco da ridere…”.

Al-Diwan ha contribuito al processo che ha portato alla rivoluzione tunisina del 14 gennaio 2011? “Senza alcun dubbio, risponde Anis Manouri. Ha fatto da eco a tutti i combattimenti che si svolgevano in Tunisia, ma non solo. Abbiamo lanciato iniziative, coordinato la lotta coi nostri amici in Francia o altrove. Personalmente, è proprio da questa libreria che ho condotto la mia battaglia per recuperare il passaporto che mi era stato confiscato. E non vi dico il numero di infiltrati! Ne ho scovati diversi. La gente aveva paura di metter piede nella libreria, designata dal potere come un luogo di sovversivi”.

L’amico Jean Ziegler

Il centro non riveste un ruolo particolare solo per i tunisini. “Era un rifugio per quasi tutte le forze progressiste del Medio oriente e del Maghreb arabo-berbero, s’entusiasma Anis Mansouri. Parallelamente alle attività politiche, c’era una vasta offerta culturale, con concerti, dibattiti per la promozione della letteratura e altro ancora”.

“Al-Diwan ha fatto un lavoro davvero magnifico, si complimenta dal canto suo il sociologo svizzero Jean Ziegler, amico di Mohamed Ben Henda. Era un centro di pensiero, discussioni e dignità, con l’aggiunta dell’ospitalità tunisina… il tè era eccellente!”.

Un duro colpo

L’affitto troppo alto, contrasti coi proprietari, un cantiere senza fine nel quartiere dei Pâquis obbligano Mohamed Ben Henda a chiudere bottega nel 2007.

Con Anis Mansouri e altri amici crea una cooperativa e cerca di installare la libreria Al-Diwan in spazi alternativi. Senza successo. “Abbiamo chiesto alla città un locale sovvenzionato, ma abbiamo ricevuto soltanto delle promesse”, nota Mohamed Ben Henda. “Ogni volta che passo dai Pâquis, vicino alla libreria che oggi è diventata un negozio di vestiti, mi viene la pelle d’oca”, afferma dal canto suo Anis Mansouri, impiegato come educatore sociale a Ginevra.

Piuttosto di lasciar dormire i libri in un deposito, Mohamed Ben Henda decide di rilanciare l’esperienza Al-Diwan a Tunisi, sotto forma di un caffè-libreria. “La cultura è tornata a vivere dopo il 14 gennaio 2011 (data della fuga di Ben Ali, ndr). I cittadini cominciano ad interessarsi della cosa pubblica. Ci sono molte questioni da dibattere: la laicità, il terrorismo, la religione”.

Mohamed Ben Henda è attualmente alla ricerca di finanziamenti e di un luogo dove installare la libreria. Nell’attesa i libri saranno conservati nella sua casa a Jemmel e le copertine dei suoi 10mila titoli – provenienti da tutto il mondo arabo – saranno digitalizzate per creare una banca dati.

Sostenere l’Islam illuminista

Parallelamente, l’instancabile militante intende lanciarsi nell’editoria, e più particolarmente nella traduzione di libri arabi. “Attualmente il 99% delle opere tradotte hanno una tonalità fondamentalista e sono finanziate dai petrodollari. Per le altre correnti come il mutazilismo (considerato come l’Islam illuminista, ndr) non c’è spazio. E poi ci si stupisce dello sviluppo del terrorismo. Voglio dare la possibilità alla gente di scegliere cosa leggere”.

Anis Mansouri ha accolto con sentimenti ambivalenti la partenza di Al-Diwan dall’altra parte del Mediterraneo. “Mi fa male al cuore che Ginevra abbia perso per sempre questo spazio. D’altra parte, però, sono anche felice perché in Tunisia Al-Diwan potrà contribuire a combattere la cultura della morte che viene distillata dagli oscurantisti (i tunisini sono i più numerosi ad essersi uniti a Daech, ndr). Si tratta di una lotta essenzialmente educativa e culturale. La nostra relazione coi libri è stata sgretolata sotto Ben Ali e questo è una grave perdita per le nuove generazioni. Penso che la libreria possa contribuire a migliorare la situazione, perché Mohamed possiede un vero e proprio tesoro”.

Traduzione dal francese, Stefania Summermatter

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