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Il complicato futuro dei caschi blu

Samuel Schmid
Una delle principali missioni di pace dei Caschi blu è in corso da anni in Mali, che figura tra i paesi africani martoriati da un conflitto interno. Keystone / Monika Flueckiger

La pace e la sicurezza internazionale sono la ragion d'essere delle Nazioni unite, che cercano di preservarle in ogni parte del mondo. I membri dell’ONU sono però sempre più riluttanti a finanziare operazioni di mantenimento della pace o a pagare i contributi promessi.

Che si tratti del suo bilancio ordinario o di quello destinato alle operazioni di mantenimento della paceCollegamento esterno, l’organizzazione internazionale deve affrontare da anni gravi problemi di finanziamento che impediscono l’esecuzione dei mandati affidatigli dagli Stati membri.

Caschi blu in Mali

“Il governo chiede una maggiore presenza delle forze di Minusma nelle regioni centrali del Mali”, ha dichiarato lo scorso 12 giugno il ministro degli esteri maliano Tiébilé Dramé. Il Consiglio di sicurezza dell’ONUCollegamento esterno dovrebbe decidere prossimamente in merito al rinnovo del mandato di Minusma (circa 15’000 militari e poliziotti), che scade a fine giugno.

Dal 2015 nel Mali centrale imperversa il gruppo jihadista del predicatore Amadou Koufa, che recluta le sue forze principalmente tra l’etnia dei Fulani, tradizionalmente pastori. Da allora si sono moltiplicati gli scontri tra questa etnia e le rivali Bambara e Dogon, che praticano prevalentemente l’agricoltura e che hanno creato dei gruppi di autodifesa.

Alla fine del 2018, il bilancio per il mantenimento della pace era in arretrato di 1,4 miliardi di dollari. Un buco che è era ben lontano dall’essere riempito. L’argomento è attualmente all’esame della Quinta commissioneCollegamento esterno, che si occupa a New York delle questioni amministrative e di bilancio delle Nazioni unite. 

In tale ambito, la Commissione ha sottolineato che diverse missioni di mantenimento della pace si trovano di fronte a notevoli problemi di liquidità. Per evitare di interromperle, il segretario generale delle Nazioni unite ha indicato che sono stati sospesi i pagamenti a paesi che forniscono truppe e agenti di polizia.

Il sangue del Sud, i soldi del Nord

Oltre il 90% di questi paesi appartengono a Africa, Asia e America latina, mentre i paesi che versano i contributi sono principalmente paesi occidentali.

“Le responsabilità sono distribuite in modo disomogeneo tra il Sud globale, che fornisce la maggior parte delle truppe, e il Nord, che finanzia le missioni decise dalla cerchia ristretta dei membri del Consiglio di sicurezza”, conferma Lucile MaertensCollegamento esterno, docente assistente di relazioni internazionali all’Università di Losanna. 

Dal 2010, secondo il settimanale Jeune Afrique, le cinque missioni più letali sono state condotte in Africa. La missione MinusmaCollegamento esterno, in Mali, è stata la più colpita con 153 perdite umane dal 2013.

Caschi blu
La stragrande maggioranza dei membri dei Caschi blu provengono dai paesi dell’emisfero Sud. Keystone / Karel Prinsloo

Crisi in Mali

“Creata in seguito ad una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’aprile 2013, Minusma, il cui mandato si concentra sulla sicurezza e la protezione dei civili, non riesce ancora a porre fine all’insicurezza che dilaga nel Mali centrale”, ha indicato Jeune Afrique in un articolo del 6 giugno scorso. Una costatazione confermata tre giorni dopo nel modo più sinistro con un nuovo massacro, sempre nel centro del Mali. Un gruppo armato ha ucciso 34 abitanti del villaggio Dogon di Sobanou-Kou, compresi 24 bambini, secondo Bamako.

Per Lucile Maertens, le difficoltà di Minusma sollevano una domanda fondamentale: come possono coesistere missioni di pace e azioni belliche? “In questo teatro di operazioni, gli attori di pace – i Caschi blu – si affiancano agli attori di guerra [l’esercito francese e la forza congiunta del G5 Sahel, ndr], coinvolti in azioni di antiterrorismo. La linea di demarcazione tra questi due mandati è poco nitida”.

Dal punto di vista giuridico, le operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni unite possono essere condotte solo con l’approvazione delle parti in conflitto. “Ma chi rappresenta gli interessi delle popolazioni locali in uno Stato con un governo instabile?”, s’interroga Lucile Maertens.

Truppe francesi
Soldati francesi durante un’operazione in Mali. Keystone / Nic Bothma

Questa difficoltà si riscontra nella maggior parte dei conflitti armati, in particolare nel continente africano, dove sono in corso 7 delle 14 operazioni di pace dell’ONU.

I difetti di un sistema

Da qui l’osservazione della ricercatrice: “Spesso sono i paesi meno attrezzati per sostenere il peso politico di una missione di pace che la attuano, senza avere alcun controllo sul bilancio e sul mandato”.

Una situazione che Ma Zhaoxu, rappresentante permanente della Cina presso le Nazioni unite, ha evidenziato il mese scorso a New York. “La comunità internazionale deve prestare attenzione alle reali esigenze dei paesi che forniscono le truppe, in particolare dei paesi in via di sviluppo. Deve rafforzare la costruzione di capacità nel mantenimento della pace e garantire la disponibilità delle risorse per questi paesi”.

Contributo svizzero

Come ogni membro dell’ONU, la Svizzera ha versato un contributoCollegamento esterno obbligatorio di 77,4 milioni di franchi al budget per il mantenimento della pace nel 2018.

Berna fornisce inoltre degli agenti. Attualmente sono 28, distribuiti in varie operazioni nel Sahara occidentale, Mali, Repubblica democratica del Congo, Sudan meridionale, India, Pakistan e Medio Oriente, secondo i dati dell’ONU.

L’ascesa della Cina

Un’opinione che ha il suo peso: la Cina è l’unica grande potenza che paga (2° contributore) e l’undicesimo maggiore fornitore di truppe alle operazioni guidate dai Caschi blu. Questo, mentre il primo contributore – gli Stati Uniti – sono in ritardo di diverse centinaia di milioni di dollari nei pagamenti destinati a coprire le spese dei Caschi blu.

La scorsa estate, tuttavia, l’Assemblea generale delle Nazioni unite ha tagliato dell’1,47% il bilancio per le operazioni di pace nel periodo luglio 2018-giugno 2019, portandolo a 6,7 miliardi di dollari. Questa diminuzione ha toccato le missioni nel Sudan meridionale, nella Repubblica democratica del Congo, nella Repubblica Centrafricana e in Mali.

La decisione era stata accolta positivamente dall’ambasciatrice statunitense presso l’ONU, Nikki Haley: “Il nuovo budget dell’ONU per il mantenimento della pace prevede una riduzione responsabile della spesa. Il mondo ha bisogno di un’ONU disciplinata, efficace, responsabile e orientata ai risultati”.

Sulle orme della Società delle Nazioni?

Lucile Maertens esprime i suoi dubbi: “L’ONU rimane indispensabile come unica arena universale per la promozione della pace e della sicurezza internazionale. Ma dispone ancora di risorse sufficienti per intervenire in situazioni di conflitto? Ha ancora le risorse simboliche, il capitale politico, la legittimità per farlo, quando cresce la sfiducia nel multilateralismo”?

Da parte sua, l’ONU osserva che il bilancio destinato alle forze di pace rappresenta meno dell’1% della spesa militare mondiale, stimata a 1’800 miliardi di dollari nel 2018.

Traduzione di Armando Mombelli

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