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Monteverdi, la nostra “Testa Rossa”

Tutti i modelli Monteverdi sono esposti nel museo di Binningen swissinfo.ch

Coupé, limousine, cabriolet e Formula 1. I modelli della celebre marca svizzera sono conservati nel vecchio atelier di produzione di Basilea, ora diventato un museo.

Un salto nel passato per rileggere una delle più belle pagine della storia dell’automobile.

Ma dove sono finite le automobili che erano esposte al numero 20 della Oberwilerstrasse di Binningen, nella periferia basilese?

Il loro posto in vetrina è ora occupato da biciclette. Sempre di mezzi di trasporto si tratta, ma dalla due route alla prestigiosa Monteverdi, c’è un abisso. “Abbiamo cambiato opinione, oggi bisogna essere sportivi ed ecologici”, afferma sorridendo Paul Berger, responsabile della collezione Monteverdi.

Scherzi a parte, i veicoli della casa automobilistica svizzera sono gelosamente conservati. Negli spazi dell’ex atelier di produzione sono oggi esposti i modelli che hanno portato il nome svizzero in tutto il mondo, al fianco di Ferrari e Lamborghini.

“Rolls Royce, Maserati, Mercedes, Ferrari… all’epoca c’erano circa 170 automobili. Dopo la morte di Peter Monteverdi, abbiamo venduto le marche straniere per poter finanziare il museo”, racconta Berger.

Quella di Binningen – precisa Berger – rimane comunque la più grande collezione di automobili in Svizzera. In nessun’altra parte del mondo si possono ammirare così tanti modelli Monteverdi come nel museo basilese, inaugurato nel 1985.

La grande passione per i circuiti

La storia di Monteverdi comincia negli anni ‘50. A soli 17 anni, questo figlio di un emigrato italiano costruisce infatti la sua prima automobile, recuperando i resti di una vecchia Fiat accidentata.

Dopo la morte del padre, Peter Monteverdi prende le redini dell’allora garage di riparazioni. La sua fama di specialista di macchine sportive si propaga rapidamente, fino ad arrivare alle orecchie di Enzo Ferrari, che gli propone la rappresentanza della celebre “Testa Rossa”.

La passione di Monteverdi è però orientata verso i circuiti e nel 1961 costruisce la prima automobile svizzera di Formula 1. Dopo aver partecipato a numerose gare internazionali al volante dei propri modelli, la sua carriera di pilota si interrompe nello stesso anno, con uno spettacolare incidente ad Hockenheim in Germania.

Berger non vuole ritornare su quel periodo difficile: “La scelta di lanciarsi sul mercato della Formula 1 si è rivelata un grosso sbaglio. È una storia lunga, che preferisco non discutere. Diciamo che abbiamo voltato pagina”.

Regina del deserto

La pagina, Monteverdi la volta concentrandosi nella costruzione di modelli Gran Turismo. Il trionfo giunge così con la Hai 450 SS, una macchina dalla potenza e velocità incredibili per quell’epoca. “Non c’è stato un giornale che non ne abbia parlato”, ricorda il responsabile della collezione nonché stretto collaboratore di Monteverdi.

La crisi petrolifera del 1973 porta un duro colpo alle ambizioni di Monteverdi, che si riconverte nei fuoristrada. Praticamente in una sola notte crea i modelli Sahara e Safari, la serie più azzeccata, sia dal punto di vista finanziario che del prestigio.

Dall’Australia all’America, passando dal Medio Oriente, le Monteverdi erano vendute in tutto il mondo. “Quella è stata un’epoca formidabile”, afferma Berger, con una luccicante nostalgia negli occhi.

La ditta svizzera è sempre stata molto discreta nel parlare dei suoi clienti. Certo è, che molti personaggi famosi hanno ceduto al fascino Monteverdi. “Non voglio fare nomi, ma posso affermare che re, principi e potenti del Golfo Persico erano sulla nostra lista, compresi quelli che sono stati scacciati dagli Americani…”, confida Berger.

Un grande ritorno?

Anche le più belle storie hanno tuttavia una fine. In seguito all’introduzione di leggi e regolamentazioni più severe – come per esempio l’obbligo dei crash test o le norme anti inquinamento – la ditta Monteverdi è costretta, per motivi finanziari, a chiudere i battenti della sua fabbrica nel 1982.

“È stata una scelta molto sofferta, ma credo sia stata la miglior cosa da fare. Meglio ritirarsi quando si è ancora sulla cresta dell’onda, piuttosto che scomparire lentamente nell’oblio”, dichiara Berger.

Il nome Monteverdi non cade assolutamente nel dimenticatoio. Il suo design è tutt’ora utilizzato da altre marche automobilistiche, nonché nel campo dell’orologeria e dell’industria navale.

E chissà che forse la Monteverdi non ritorni a rombare come ai bei tempi.
Berger lascia uno spiraglio aperto: “Che cosa abbiamo oggi? Solo Ferrari, Ferrari e ancora Ferrari. Molta gente ricca vorrebbe uscire dagli “standard” e possedere una Monteverdi. Devo riflettere su cosa possiamo fare in futuro…”.

swissinfo, Luigi Jorio, Binningen

Figlio di un emigrato italiano, Peter Monteverdi nasce il 7 giugno 1934 a Binningen, nella periferia di Basilea.

I primi modelli che costruisce sono destinati al mondo della Formula 1, la sua grande passione.

A differenza dei grandi disegnatori dell’epoca, Monteverdi si concentra sui modelli coupé, limousine e cabriolet.

Tra le creazioni più particolari troviamo la Military 230 M, commissionata dall’esercito svizzero alla fine degli anni ’70, e la Antiterror, una jeep con sirena e vetri anti proiettile progettata per polizia, diplomatici e personalità famose.

Dopo aver trascorso gli ultimi anni della sua vita come allevatore di dromedari in Marocco, Peter Monteverdi muore il 4 giugno 1998.

3’000 le Monteverdi costruite in 30 anni.
Esposte 70 automobili e oltre 9’000 modelli in scala ridotta.
850’000 franchi l’auto più cara, la Hai F1.

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