Prospettive svizzere in 10 lingue

«L’imam deve sicuramente padroneggiare la lingua ufficiale della sua città»

«Il ruolo delle moschee è quello di fare appello alla ragione, di garantire la coesione sociale e di chiamare i fedeli a dare il buon esempio nella società». Keystone

Un recente sondaggio d’opinione ha rivelato che due terzi degli svizzeri si rifiutano di riconoscere l’islam come religione ufficiale al pari del cristianesimo e del giudaismo. Ai musulmani in Svizzera sono chiesti maggiori sforzi d’integrazione.

Questi risultati interpellano soprattutto gli imam, vista l’importanza del loro ruolo nella vita della comunità e li incitano a impegnarsi attivamente nel processo d’integrazione e di lotta contro l’estremismo religioso. Ma a quali condizioni devono adempiere per svolgere meglio il loro ruolo? swissinfo.ch ha intervistato a proposito l’imam di La Chaux-de-Fonds, Nourredine Ferjani.

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Porte aperte in casa di Allah

Questo contenuto è stato pubblicato al Gestita da un’associazione turco-islamica, la moschea Kevser a Ostermundigen, nei pressi di Berna, accoglie musulmani provenienti da diversi paesi, che si ritrovano regolarmente per la preghiera. Nel 2010, l’associazione ha aperto le porte della casa di Allah a tutte le persone interessate per una visita alla moschea.

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swissinfo.ch: Pensa che gli imam in Svizzera debbano fare le loro preghiere e dare i loro corsi nelle moschee in una delle lingue nazionali svizzere?

Nourredine Ferjani: Personalmente mi riferisco al versetto coranico in cui si dice: «Non abbiamo inviato alcun messaggero se non nella lingua della sua comunità» e questo nel senso che il messaggero – quando c’è una comunità – deve parlare nella lingua di questa comunità. Oggi siamo a Neuchâtel e a La Chaux-de-Fonds, la lingua ufficiale è il francese e allora parlo questa lingua coi miei concittadini e i miei correligionari. Certo, i testi religiosi di riferimento sono scritti in arabo, è logico che una parte delle spiegazioni avvengano in questa lingua, ma gran parte del discorso indirizzato ai fedeli dev’essere in francese perché chi sta attorno a me non capisce l’arabo.

swissinfo.ch: Ma che succede se l’imam non conosce bene il contesto sociale, legale, culturale del paese in cui vive e non padroneggia le lingue nazionali? Può svolgere il suo ruolo di imam?

N. F.: Rispondo un’altra volta con lo stesso versetto, ma nel senso che la lingua di qui non vuol dire solo la lingua parlata e pronunciata, ma tutto un sistema di pensiero, di filosofia, di cultura… che ingloba tutti gli aspetti sociali. Per svolgere con successo il suo ruolo, l’imam deve sicuramente padroneggiare la lingua ufficiale della città dove vive, del suo cantone, deve formarsi e informarsi su tutti gli aspetti e su tutti i livelli sociali per capire quel che accade attorno a lui e nel suo ambiente. Solo in tal caso sarà in grado di proporre delle soluzioni ai suoi fedeli. L’imam deve per esempio studiare la storia del cantone, deve informarsi sulle leggi in vigore,… perché tutto questo lo aiuterà a trasmettere un messaggio conforme al contesto in cui vive. È vero per tutte le religioni, ci sono principi e valori fissi, ma questi valori sono anche condivisi in larga misura con la società e con le altre tradizioni religiose. Nell’islam per esempio ci sono dei valori immutabili, ma le opinioni giuridiche cambiano a seconda dei tempi e dei luoghi grazie a ciò che i sapienti chiamano «il silenzio qualificato».

swissinfo.ch: Per un imam attivo in Svizzera è possibile oggi acquisire queste conoscenze e queste competenze?

N. F.: Non è un compito facile. Si può pretendere quel che si vuole da un imam salariato e con un lavoro fisso, ma per un imam che assume la sua funzione su base volontaria – ciò che accade nel 90% dei casi – è quasi impossibile. Questi imam devono fare anche altro per guadarsi da vivere. Il giorno in cui gli imam diventeranno dei dipendenti con salario garantito, allora si potrà parlare di esigenze. Oggi il minimo rimane la conoscenza di una lingua nazionale.

swissinfo.ch: Oggi si parla molto dell’importanza degli imam nel processo di deradicalizzazione di alcuni giovani musulmani. Ricevete aiuti e sostegno sufficienti da parte delle autorità per condurre questa lotta e contribuire alla pace sociale?

I giornalisti ci chiedono perché dei giovani si radicalizzano, ma noi l’abbiamo detto e ripetuto: la stragrande maggioranza dei casi non ha nulla a che fare con le moschee.

N. F.: La mia esperienza e la realtà sul terreno mostrano che gli imam e anche la maggioranza delle organizzazioni musulmane fanno degli sforzi per prevenire la radicalizzazione dei giovani, ma non si vedono altrettanti sforzi dall’altra parte. Certo, i giornalisti vengono a chiederci che cosa facciamo, ma come sempre tendono a riassumere e non guardano al fenomeno nella sua totalità e non tengono conto di tutti i fattori. Ci chiedono perché dei giovani si radicalizzano, ma noi l’abbiamo detto e ripetuto: la stragrande maggioranza dei casi non ha nulla a che fare con le moschee. La radicalizzazione avviene quasi al 99% fuori dalle moschee, perché questi giovani sanno che nelle moschee sarebbero confrontati con un discorso che invita alla tolleranza e all’integrazione. Gli imam fanno il loro lavoro da anni, al pari della maggioranza delle organizzazioni musulmane, tuttavia i media non smettono di criticarci e ci prendono di mira a causa di un fenomeno a cui né il governo svizzero né governi di altri paesi hanno finora trovato una soluzione. Le autorità parlano continuamente di progetti, di idee, ma sul terreno non si vede niente. Per quel che so, siamo i soli a lavorare davvero su questo tema.

swissinfo.ch: Che ne pensa di una legge che obbligherebbe gli imam in Svizzera a pregare e a dare i corsi nelle moschee solo in una lingua nazionale?

N. F.: Questioni del genere non possono essere risolte con un’imposizione unilaterale. E poi: si vuole proibire ai musulmani ciò che non si vieta alle altre comunità? Se così fosse, il divieto sarebbe una misura discriminatoria che acuirebbe le fratture. Si vieteranno per esempio anche il latino o il greco o il portoghese nelle chiese? Io preferisco parlare di sensibilizzazione piuttosto che di obbligo o costrizione. Per non parlare dell’assenza di risorse, soprattutto finanziarie, perché l’apprendimento delle lingue costa molti soldi.

swissinfo.ch: Di recente è stato versato molto inchiostro su alcuni episodi avvenuti in moschee di Ginevra, Basilea, Winterthur, dove secondo alcuni media gli imam avrebbero avuto un ruolo nella radicalizzazione di qualche giovane o nella partenza di volontari verso le zone di guerra. Qual è la sua reazione a questi episodi?

N. F.: Naturalmente la mia prima reazione è quella di verificare ciò che è vero e ciò che è falso nelle ricostruzioni proposte dai media. In secondo luogo, il ruolo delle moschee è quello di fare appello alla ragione, di garantire la coesione sociale e di chiamare i fedeli a dare il buon esempio nella società. Non c’è studioso musulmano di fiducia che esprima opinioni giuridiche in favore della violenza e dell’odio o che non condanni il terrorismo. Allora se si rivelerà vero che l’imam di Winterthur ha esortato i fedeli a uccidere i musulmani non praticanti, ciò vuol dire che questo imam non ha capito la sua propria religione. L’incitamento all’odio è da condannare senza riserve.

swissinfo.ch: Tutti gli specialisti sono d’accordo sul fatto che bisogna realizzare un programma di formazione per gli imam in Svizzera. A suo avviso, quale soluzione è possibile?

N. F.: Penso che questo obiettivo, anche se lodevole, richiederà molto tempo per essere raggiunto. Già la creazione del centro «Svizzera, islam e società» all’università di Friburgo è stata avversata da un’iniziativa popolare lanciata dall’UDC locale. Penso che sia una buona cosa formare degli imam in Svizzera, ma ci vuole un programma credibile, degli insegnanti qualificati e soprattutto un budget sufficiente e una volontà sincera di portarlo a compimento. Il fatto per esempio di creare una cattedra di studi islamici in un’università può rappresentare un grande passo avanti, ma a condizione che questo insegnamento sia oggettivo, vale a dire che non denigri e non distorca la religione musulmana.

Secondo le ultime stime, il numero di musulmani che vivono in Svizzera è di circa 400-450mila persone, vale a dire più o meno il 4,5% della popolazione.

La grande maggioranza dei musulmani in Svizzera è di origine europea, soprattutto turca, albanese, kosvara e bosniaca. I musulmani di origine svizzera rappresentano l’11% della comunità islamica in Svizzera.

Nel corso degli ultimi due decenni il numero di centri islamici, di associazioni comunitarie e di negozi che vendono cibi halal è aumentato considerevolmente. Oggi si contano oltre 250 centri islamici in Svizzera.

Traduzione dal francese, Andrea Tognina

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