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Per il clima una migliore rete di informazioni e previsioni

Keystone

Millecinquecento esperti, scienziati del clima e alti rappresentanti governativi sono attesi a Ginevra nel quadro della terza Conferenza mondiale sul clima. Obiettivo: promuovere il sistema globale di informazioni sul clima.

La Svizzera, che vanta una grande tradizione di ricerca, appoggia concretamente gli sforzi a livello nazionale e internazionale in favore dell’adattamento ai cambiamenti climatici.

Sostiene inoltre la creazione di un sistema globale per permettere a coloro che prendono decisioni a livello politico, nell’economia privata e all’interno di organizzazioni umanitarie, di accedere in tempi brevi alle informazioni e alle previsioni sul clima.

La Svizzera considera infatti che le informazioni sul clima siano uno strumento di centrale importanza per rafforzare le società, in particolare quelle dei Paesi in via di sviluppo, contro le ripercussioni socioeconomiche dei cambiamenti climatici.

Alla terza Conferenza mondiale sul clima dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) – a Ginevra dal 31 agosto al 4 settembre 2009 – la Svizzera sarà rappresentata dal presidente della Confederazione Hans-Rudolf Merz (capo della delegazione) e dal consigliere federale Moritz Leuenberger.

Pensando a Copenaghen

La terza conferenza sul clima WCC (WCC-3, World Climate Conference), promossa dall’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM), ha luogo a Ginevra dal 31 agosto al 4 settembre. Con la creazione del sistema Global Framework for Climate Services (GFCS) si intende migliorare la disponibilità delle informazioni e delle previsioni sul clima e infine, promuoverne l’integrazione nei processi decisionali.

Questo terzo incontro mondiale – ha fatto sapere il direttore dell’OMM Michel Jarraud – contribuisce pertanto agli sforzi compiuti nell’ambito della Convenzione delle Nazioni Unite sul clima e fornisce impulsi importanti ai negoziati che si terranno a Copenaghen a fine anno.

Nella capitale danese ci si aspetta che i governi raggiungano un accordo per la riduzione del biossido di carbonio, mentre le decisioni prese dalla WCC-3 rafforzeranno in maniera determinante la capacità delle società, soprattutto quelle dei Paesi in via di sviluppo, di adattarsi agli inevitabili effetti dei cambiamenti climatici.

“Nonostante gli aspri negoziati che si prospettano – osserva Jarraud – spero davvero che a Copenaghen si possa raggiungere un accordo sufficientemente ampio. In ogni caso se vogliamo cercare di limitare a due gradi l’aumento del riscaldamento globale in questo secolo, dobbiamo trovare delle misure di adattamento”.

Conoscenze tradizionali

Negli anni recenti le ricerche sui cambiamenti climatici hanno compiuto passi da gigante, ciononostante è necessario colmare ancora alcune lacune. E per completare le reti locali di monitoraggio del clima, come in Africa, serve ancora all’anno un miliardo di dollari.

Occorre inoltre tenere presente che i politici pensano e progettano in termini di cinque o dieci anni, mentre i ricercatori si muovono lungo previsioni e proiezioni sull’arco di 50 e persino 100 anni. “E’ quindi comprensibile e del tutto legittima – precisa Michel Jarraud – l’importanza di riconciliare in qualche modo queste due dimensioni temporali. Anche se i problemi legati ai cambiamenti climatici sono meglio capiti, le previsioni non sono ancora usate in modo ottimale”.

“Ben presto l’osservazione del passato non sarà più un buon strumento per il futuro”, aggiunge Jarraud alludendo ai modelli di previsioni concernenti l’ambiente, il turismo, la salute. I cambiamenti climatici incidono inevitabilmente anche sui modelli finora conosciuti sul calore, l’umidità e l’accesso all’acqua nel mondo intero.

Conseguenze in Svizzera

La Svizzera, come molti paesi industrializzati densamente popolati, è vulnerabile ai cambiamenti climatici. Andrei Götz, vicedirettore dell’Ufficio federale dell’ambiente, richiama l’attenzione sul seguente scenario: “immaginate lo scioglimento dei ghiacciai, la creazione di laghi e il pericolo di devastanti straripamenti”.

E non è finita qui. I cambiamenti climatici hanno un impatto anche sulle foreste. Un aumento medio della temperatura di tre gradi comporterà un radicale cambiamento del paesaggio svizzero, con le querce che domineranno su tutte le altre specie. “Tenete presente – ammonisce l’alto funzionario – che il 50 per cento delle foreste svizzere contribuisce a proteggere contro le frane e gli smottamenti di terreno”.

In base agli scenari futuri la Svizzera dovrà fare i conti con maggiori inondazioni e intense precipitazioni, con lo scioglimento del permafrost, che ridurrà la stabilità delle montagne. Il nostro paese farà del resto anche i conti con estati sempre più senza piogge e la siccità inciderà sulle foreste, l’agricoltura, i fiumi e la navigazione sui laghi.

Insomma, ce n’è abbastanza per sottolineare quanto sia importante fornire alla scienza e ai politici strumenti supplementari per sorvegliare i cambiamenti climatici e per sviluppare nuovi indicatori.

Un contributo internazionale

Nel contesto internazionale, la Svizzera non mancherà di garantire il proprio contributo nella lotta per proteggere il clima, tanto più che la conferenza di Ginevra – come ha sottolineato l’esperto svizzero José Romero – non è solo una questione tra meteorologi e scienziati.

La Svizzera, infatti, considera che le informazioni sul clima siano uno strumento di centrale importanza per rafforzare le società, in particolare quelle dei Paesi in via di sviluppo, contro le ripercussioni socioeconomiche dei cambiamenti climatici.

L’obiettivo a medio termine è inoltre quello di creare il Global Framework for Climate Services e di integrarlo nell’OMM. L’attuazione di questa proposta rafforzerà non per ultimo la sede di Ginevra quale punto di coordinamento per futuri sforzi compiuti in relazione alla diffusione di informazioni climatiche.

L’incontro di Ginevra serve anche a preparare l’appuntamento danese, dove si terrà la prossima Conferenza sul clima promossa dalle Nazioni Unite e che dovrà andare oltre i risultati ottenuti a Bali nel 2007. A Copenaghen dovrebbe essere approvato un nuovo regime climatico per il periodo dopo il 2012.

Simon Bradley con le agenzie
(traduzione a adattamento dall’inglese Françoise Gehring)

In Svizzera la legge sul CO2 è alla base della politica climatica e regola tutte le misure fino al 2012. Pertanto deve essere ulteriormente sviluppata per il periodo a partire dal 2013. La scorsa settimana il Consiglio federale ha dunque sottoposto al Parlamento il relativo messaggio.

Questo disegno di revisione della legge sul CO2 è considerato un controprogetto indiretto all’iniziativa popolare federale “Per un clima sano”.

La legge sul CO2 in vigore fino al 2012 impegna il Consiglio federale a proporre per tempo al Parlamento degli obiettivi più ampi di riduzione dei gas serra a partire dal 2013.

Le misure proposte sono state ideate in modo da permettere di realizzare entro il 2020 l’obiettivo di riduzione del 20 per cento rispetto al 1990.

Dato che ai Paesi industrializzati si chiedono sforzi maggiori per stabilizzare a un livello non pericoloso le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera, la Svizzera è disposta ad aumentare l’obiettivo di riduzione entro il 2020 al 30 per cento rispetto al 1990.

Ciò dipende tuttavia dall’andamento della Conferenza dalle Nazioni Unite sul clima prevista a Copenhagen nel dicembre 2009 (v. scheda 2). Nel suo messaggio, il Consiglio federale illustra la strategia con la quale intende realizzare detto obiettivo.

Nel 1992, la comunità internazionale ha adottato la Convenzione sul clima, seguita nel 1997 dal Protocollo di Kyoto.

La politica climatica nel quadro dell’ONU è stata ulteriormente concretizzata nel 1997 con l’adozione del Protocollo di Kyoto. Il Protocollo fissa gli obiettivi di riduzione da raggiungere entro il periodo 2008-2012.

Con la ratifica della Convenzione sul clima (1993) e del Protocollo di Kyoto (2003), la Svizzera si è impegnata a favore di una protezione climatica coordinata a livello internazionale.

La Svizzera persegue una doppia strategia: da un lato, intende ridurre le emissioni di gas nocivi per il clima; da un altro, deve adattarsi ai cambiamenti climatici già in corso.

Il Protocollo di Kyoto stabilisce che, nel periodo 2008-2012, gli Stati industrializzati come la Svizzera riducano le loro emissioni dell’8 per cento rispetto al 1990. Il trattato si riferisce al diossido di carbonio (CO2), il principale inquinante, e ad altri cinque cosiddetti gas a effetto serra

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