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Antisemitismo: gli ebrei in Svizzera sono preoccupati

La comunità ebraica rappresenta lo 0,2% della popolazione svizzera. imago stock&people

La comunità ebraica in Svizzera denuncia un aumento delle espressioni di antisemitismo e si dice preoccupata. Alcuni suoi rappresentanti chiedono maggiore solidarietà da parte del governo, che intende prendere sul serio la loro domanda. 

«Oggi, gli attacchi antisemiti sono particolarmente esacerbati. È da qualche tempo che viviamo male queste minacce nei confronti delle comunità ebree. È una situazione causata dall’antisionismo, usato per veicolare l’antisemitismo. Ciò non significa che chi è antisionista sia anche antisemita». Così si esprime Anne Weill-Lévy, avvocata e membro attivo della comunità israelita di Losanna. La giurista tenta di comprendere lo spaventoso ritorno dell’antisemitismo in Europa. 

«Questa amalgama tra cittadini di confessione ebrea e la politica del governo israeliano s’è rafforzata negli ultimi anni, come testimonia il fenomeno Dieudonné e le macchinazioni de suo accolito Alain Soral», continua Anne Weill-Lévy. «Che Dieudonné possa cantare Shoananas e che questo faccia ridere il suo pubblico… beh, questo mi ha fatto molto riflettere. È preoccupante che a settanta anni dalla Shoah, nel momento in cui stanno morendo gli ultimi testimoni e sopravvissuti, questo genocidio si trasformi per certuni in un dettaglio storico, come lo ha definito l’ex presidente del Fronte nazionale Jean-Marie Le Pen». 

Appello di Netanyahu: le reazioni in Svizzera

Dopo la recente ondata di attacchi contro gli ebrei in Europa, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha invitato a più riprese le comunità israelite a fare ritorno in patria, in Israele. Un appello che ha sollevato accese discussioni in Europa. Ecco alcune reazioni che l’invito a suscitato in Svizzera: 

Sabine Simkhovitch-Dreyfus, vicepresidente della Federazione svizzera delle comunità israelite: «In primo luogo, gli ebrei sono in patria in Svizzera. Noi ci auguriamo di vivere in piena sicurezza qui. In nessun modo vogliamo essere obbligati a partire.Non ci aspettiamo alcuna reazione dalle autorità elvetiche alle dichiarazioni di Netanyahu. Tuttavia, ci farebbe piacere sentire delle rassicurazioni da parte delle autorità svizzere quando si verificano degli atti gravi di antisemitismo». 

Martine Brunschwig Graf, presidente della Commissione federale contro il razzismo: «Credo che questa dichiarazione non contribuisca a calmare il dibattito o a migliorare la situazione». 

Pierre Hazan, giornalista, scrittore, professore: «Questa dichiarazione è puramente ideologica, lontana dalla realtà. L’estate scorsa, una parte della popolazione israeliana ha vissuto nei rifugi durante i combattimenti con Hamas a Gaza. Il conflitto israelo-palestinese fa scorrere continuamente del sangue. Non c’è alcun processo di pace in questo momento. Quelle persone che vogliono emigrare per motivi religiosi, lo facciano. Non è certo una risposta all’antisemitismo in Europa». 

Anne Weill-Lévy, membro della comunità israelita di Losanna: «Oggi, Israele è l’unico Stato in cui gli ebrei si sentono a casa da un punto di vista religioso, anche se non si sentono necessariamente integrati dal punto di vista sociale e da quello politico. C’è il sionismo, Israele e il suo governo; sono tre cose diverse. Per esempio, io sono sionista, ma sono in disaccordo con la politica dell’attuale governo israeliano. Di fatto, c’è una grande emigrazione europea, in particolare francese, ma anche svizzera. È un’evoluzione che noto nella generazione dei miei figli ventenni. Un elevato numero di persone è partito alla volta di Israele per motivi religiosi. Non è tanto semplice ed è anche caro trovare in Svizzera dei prodotti che rispettino le regole alimentari della religione ebraica».

Fondatori del partito Vérité et Réconciliation, Dieudonné e Soral incarnano l’unione tra un anticolonialismo dissoluto e l’estrema destra. Una miscela esplosiva capace di sedurre un certo numero di giovani, anche in Svizzera francese, dove Vérité et Réconciliation ha aperto una sezione. 

La distruzione della cittadinanza 

Giornalista, scrittore e professore associato presso l’Università di Neuchâtel, Pierre Hazan descrive l’ambito internazionale in cui prospera l’antisemitismo e le sue nuove espressioni: «Le strutture nazionali sviluppatesi durante il 19° e il 20° secolo si stanno sgretolando. È questa la ragione primaria, cui possiamo aggiungere la perdita di punti di riferimento. Oggi, il sentimento di appartenenza nazionale (la cittadinanza) è soppiantato dalle nuove ideologie». 

Pierre Hazan indica i luoghi, dove l’antisemitismo trova terreno fertile: «Il separatismo ucraino, l’implosione della Libia, l’emergere dello Stato Islamico in Iraq e in Siria mostrano come i Paesi, soprattutto quelli fragili, abbiano enormi difficoltà a far valere la loro autorità». 

E non è tutto: «Anche nei Paesi con una lunga tradizione statale, come in Europa, si nota un indebolimento del ruolo dello Stato e della cittadinanza. E se a tutto ciò aggiungiamo l’opinione che l’Europa si trova su una parabola discendente, che non è più portatrice di un’ideologia forte, che i suoi rapporti si sono indeboliti, che l’ascensore sociale è quasi fermo, tutto questo crea un vuoto che viene colmato con la negazione delle proprie radici identitarie e con il populismo, fautore dell’esclusione». 

A ricordare questa deriva ci pensano i numerosi europei, tra cui anche degli svizzeri, che lasciano il vecchio continente per unirsi ai combattenti dello Stato Islamico. Al loro ritorno, questi giovani minacciano e attaccano quelli che considerano ormai i loro nemici: le persone che difendono la libertà di espressione e gli ebrei. 

Gli ebrei, dei comodi capri espiatori 

«Oggi non si sa più che cos’è la Shoah, che cosa significa genocidio, l’uccisione di un gruppo il cui unico errore è di essere nato», ricorda Anne Weill-Lévy. «Il capro espiatorio ebraico sopravvive nei secoli. È a portata di mano con un ventaglio di giustificazioni che si ripresentano costantemente. È più facile prendersela con gli ebrei che con altri gruppi. Non si corrono dei rischi a prendersela con gli ebrei, anche perché i pregiudizi nei riguardi del loro grande influsso e della loro onnipresenza sono infondati». 

Come altri ebrei svizzeri, anche Anne Weill-Lévy è stata testimone di un certo lassismo nei confronti del razzismo negli ultimi anni. Ecco un esempio: «L’anno scorso quando nella caffetteria del parlamento vodese un deputato mi ha detto che, alla luce di ciò che sta succedendo in Israele, era giustificato chiedersi se l’uomo con i baffetti (Hitler, ndr.) non avesse fatto bene a concludere il suo piano, mi è mancata letteralmente la terra sotto i piedi». 

Atti antisemiti violenti in Svizzera 

Un recente studio ha permesso di tracciare i contorni dell’antisemitismo in Svizzera. Su mandato del Servizio per la lotta al razzismo, l’istituto di ricerca gfs.bern ha elaborato uno strumento per monitorare la coabitazione in Svizzera e recensire le opinioni razziste e discriminatorie della popolazione tra il 2010 e il 2014. 

«Il valore indicizzato delle opinioni negative sugli ebrei è rimasto invariato […]. Gli atteggiamenti sistematicamente antisemiti sono stabilmente attestati su un valore di circa il 10 per cento», si legge nel rapporto. Lo studio non soddisfa completamente Johanne Gurfinkiel, segretario generale del Coordinamento intercomunitario contro l’antisemitismo e la diffamazione (CICAD), con sede a Ginevra. 

«Questa ricerca tenta di analizzare il risentimento antisemita. Non si interessa però degli atti e degli scritti pieni di odio nei confronti degli ebrei. Inoltre manca un elemento: l’antigiudaismo che si esprime in questo momento nell’attualità internazionale, ossia l’antisionismo», evidenzia Gurfinkiel. 

Il CICAD per la Svizzera romanda e la Federazione svizzera delle comunità israelite (FSCI) per la Svizzera tedesca vogliono quindi pubblicare prossimamente il loro rapporto annuale che includerà anche gli atti antisemiti. Visto che lo studio dell’istituto gfs.bern e il rapporto annuale sugli atti antisemiti sono complementari, la vicepresidente della FSCI ci svela alcuni elementi del suo rapporto. 

«L’anno scorso abbiamo registrato un aumento considerevole delle manifestazioni antisemite che – soprattutto – si esprimono in maniera sempre più aggressiva, per strada o nelle reti sociali», dice Sabine Simkhovitch-Dreyfus.

La matrice di tutti i razzismi

In un’intervista rilasciata alla rivista francese Telerama, la psicanalista Elisabeth Rudinesco ricorda la storia: «Diciamo che l’antisemitismo va di pari passo con il razzismo – anche se lo precede storicamente. La parola «antisemitismo» fa la sua comparsa in Germania negli anni Settanta del 18° secolo. È l’odio nei confronti degli ebrei, considerati una razza, quando il concetto precedente di antigiudaismo, era unicamente religioso. L’antisemitismo è la matrice di tutti i razzismi».

«Questo aumento è quasi sempre legato al conflitto in Medio-Oriente – in questo caso, l’offensiva dell’esercito israeliano contro la striscia di Gaza dell’anno scorso – come abbiamo notato anche in passato», spiega la vicepresidente della FSCI. «Ora le manifestazioni sono più visibili e molto più aggressive. Abbiamo costatato inviti a pestare gli zurighesi di confessione ebrea, dichiarazioni che auguravano la morte ai giudei, invocazioni allo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti, ecc. Queste manifestazioni sono molto più radicali rispetto al passato. È una costatazione condivisa con la CICAD». 

Prima reazione del governo 

A lungo silenzioso, mercoledì il governo svizzero ha espresso preoccupazione per la recrudescenza della discriminazione religiosa. Sulle onde della Radiotelelevisione svizzera di lingua francese (RTS), Alain Berset, ministro incaricato degli affari religiosi ha illustrato il punto di vista del governo: “Viviamo in un paese in cui la coesione sociale è molto importante, e questo significa in particolare la tolleranza e il rispetto per le differenze religiose”. 

Menzionando gli attentati di Parigi e Copenaghen, il ministro ha aggiunto: “Gli atti di antisemitismo o di islamofobia dovrebbe essere l’occasione per ribadire che le persone di origine ebraica sono qui a casa loro e che la loro sicurezza deve essere garantita”. Un riferimento al ripetuto invito lanciato dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ai membri delle comunità ebraiche in Europa di trasferirsi in Israele. 

Herbert Winter, presidente della FSCI ha accolto positivamente la dichiarazione di Alain Berset: “Per la prima volta, è stato detto esplicitamente che il governo prende sul serio la situazione dell’antisemitismo, e che, dopo gli eventi di Parigi e Copenaghen, prende sul serio anche le esigenze di sicurezza della comunità ebraica”. 

Parlando alla radio pubblica svizzero-tedesca (SRF), Winter ha chiesto alle autorità federali e cantonali di riconsiderare la situazione della sicurezza delle istituzioni ebraiche. Una domanda avanzata questa settimana anche nel corso di un incontro con il ministro della difesa Ueli Maurer. Il presidente della FSCI ha inoltre sollecitato una dichiarazione ufficiale del Consiglio federale sulla questione dell’antisemitismo. 

Una richiesta formulata anche dal parlamentare ginevrino Manuel Tornare parlamentare: “Ci vogliono parole chiare di sostegno verso la comunità ebraica, come è stato fatto finora da diversi capi di governo europei. È solo un simbolo, ma un simbolo necessario in questo momento”. Il deputato socialista intende interpellare la settimana prossima il governo a questo proposito. 

Traduzione di Luca Beti

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