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L’accordo cade, la vertenza fiscale rimane

L'intesa firmata da Eveline Widmer-Schlumpf e dal ministro delle finanze Wolfgang Schäuble è definitivamente sfumata. Keystone

Dopo il definitivo rifiuto della convenzione sull'imposizione alla fonte con la Svizzera, il governo tedesco è chiamato a riprendere le trattative con Berna per (ri)negoziare un accordo equo. La controversia fiscale tra i due paesi rimane aperta.

Le lunghe discussioni alla commissione di conciliazione non sono bastate mercoledì sera per convincere i rappresentanti dell’opposizione rosso-verde tedesca, maggioritari nel Bundesrat (camera alta del parlamento), a rinunciare alla loro opposizione all’accordo con la Svizzera.

La commissione delle due camere del parlamento tedesco ha quindi deciso di rinunciare alla ratifica dell’accordo fiscale tra Berna e Berlino firmato nell’agosto 2011.

Secondo le agenzie di stampa, i socialdemocratici dell’SPD, i Verdi e la stessa commissione di conciliazione hanno adottato una dichiarazione in cui invitano il governo tedesco a riprendere le trattative per giungere a «un accordo fiscale equo» con la Svizzera.

Potrebbe però trascorrere parecchio tempo prima che la Svizzera si rimetta al tavolo dei negoziati, stando a quanto affermato mercoledì sera dalla presidente della Confederazione Eveline Widmer-Schlumpf. «Siamo dei paesi vicini e quindi tentiamo di trovare delle soluzioni», ha detto, sottolineando che l’anno prossimo non sarà comunque avviata alcuna nuova trattativa.

L’SPD e i Verdi criticano da mesi l’accordo firmato dal ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble (CDU) e da Eveline Widmer-Schlumpf, giudicandolo ingiusto. In particolare, deplorano l’introduzione di un’imposta liberatoria (compresa tra il 21 e il 41%) sui patrimoni depositati in Svizzera, che ai loro occhi consentirebbe agli evasori tedeschi di regolarizzare troppo facilmente la loro situazione.

Una fiscalità che divide

L’accordo fiscale era stato accolto dal Bundestag, la camera del popolo, in cui la coalizione di governo formata dai democristiani CDU/CSU detiene la maggioranza. A fine novembre era al contrario stato bocciato dai rappresentanti dell’opposizione SPD-Verdi al Bundesrat, la camera dei Länder.

Il governo aveva così riposto le sue ultime speranze nella commissione di conciliazione. Composto da 16 membri di ogni camera, l’organo di mediazione si riunisce per tentare di appianare le divergenze in parlamento.

Oltre all’accordo con Berna, vi sono altre questioni fiscali sulle quali le opinioni di governo ed opposizione divergono. Tra queste l’imposizione fiscale dei redditi medi tramite una riduzione della “progressione a freddo” delle aliquote e gli incentivi fiscali per il risanamento degli edifici. Le due parti si accusano a vicenda di bloccare qualsiasi passo avanti.

Guerra alle banche

A poco meno di un anno dalle elezioni tedesche (previste nel settembre 2013), la campagna elettorale è lanciata. E a un solo mese dalle elezioni regionali in Bassa Sassonia, l’opposizione non vuole più concedere alcuna vittoria alla coalizione governativa.

I socialdemocratici e il loro candidato alla cancelleria Peer Steinbrück hanno impostato la loro campagna sul concetto di “giustizia”, annunciando guerra alle banche e ai mercati finanziari. Con il rifiuto dell’accordo fiscale con la Svizzera, l’SPD si posiziona così dalla parte dei cittadini con redditi piccoli e medi. Persone sottoposte a un’elevata imposizione fiscale, che non hanno alcuna comprensione per chi invece si sottrae al fisco.

Un nuovo accordo fiscale con la Svizzera potrebbe essere discusso dopo le elezioni tedesche, stima l’SPD. L’intesa dovrà tuttavia essere profondamente rinegoziata, ha affermato Thomas Oppermann, presidente del gruppo socialdemocratico al Bundestag, poco prima delle discussioni alla commissione di conciliazione.

Misure più severe

Per scovare gli evasori, gli inquirenti tedeschi continueranno dunque ad acquistare CD contenenti dati bancari rubati. Stando a un CD acquistato dal Land tedesco Nord Reno-Westfalia, i cittadini tedeschi avrebbero depositato nella sola banca elvetica UBS quasi tre miliardi di euro.

Dal canto loro, le banche svizzere tentano di prevenire ogni danno di immagine e di reputazione causato da questi CD. Già dopo la bocciatura dell’accordo al Bundesrat, i rappresentanti degli istituti elvetici avevano annunciato l’applicazione di misure più severe nei confronti dei presunti evasori, ad esempio la chiusura dei loro conti.

Da entrambi i lati della frontiera, politici e banchieri chiedono una regolamentazione a livello europeo, piuttosto che l’adozione di una moltitudine di accordi bilaterali.

Il governo svizzero non ha espresso giudizi sulla decisione tedesca, rammaricandosi però dell’esito negativo della procedura di conciliazione.

«Deploriamo che la Germania non ratifichi l’accordo sull’imposta alla fonte. Questo rifiuto non consente di porre fine alla poco soddisfacente situazione attuale» che comporta «scoperte casuali dei delitti fiscali sulla base di CD ottenuti in modo illegale e l’assistenza amministrativa su richiesta secondo lo standard internazionale», ha dichiarato la presidente della Confederazione Eveline Widmer-Schlumpf.

Secondo l’Associazione svizzera dei banchieri (ASB), l’accordo non è stato accettato «soprattutto per ragioni di politica all’interno della Germania». Il Bundesrat tedesco, si legge in un comunicato, si è lasciato sfuggire un’importante occasione per adottare una soluzione «duratura, ottimale ed equa per tutte le parti».

La piazza finanziaria svizzera proseguirà con fermezza il suo riposizionamento, acquisendo e gestendo in futuro soltanto patrimoni fiscalmente conformi, aggiunge l’ASB.

Per la maggior parte della stampa svizzera, il rifiuto tedesco affossa il modello svizzero d’imposizione alla fonte.

Traduzione dal tedesco di Luigi Jorio

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