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No a un’iniziativa “dirigista, costosa e poco mirata alle esigenze”

Redazione Swissinfo

L'iniziativa "Più abitazioni a prezzi accessibili", in votazione il 9 febbraio, non è consona né alle esigenze economiche né a quelle ecologiche, afferma il consigliere nazionale Fabio Regazzi. Secondo il popolare democratico, comporterebbe costi elevati a carico del ceto medio.

Il 9 febbraio 2020 saremo chiamati a votare l’iniziativa popolare federale “Più abitazioni a prezzi accessibili”. Meritevole negli intenti, ma rigida nelle soluzioni, quest’iniziativa è un vero e proprio boomerang per la proprietà immobiliare.

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La prima domanda che dobbiamo porci è se abbiamo effettivamente bisogno in Svizzera di fissare al 10% – un aumento di almeno tre volte rispetto ad oggi – la quota degli alloggi di pubblica utilità. Un paese federalista come il nostro che accoglie realtà, usi e costumi diversi ha sempre sofferto di fronte a soglie, percentuali, tetti massimi e anche minimi, imposti dall’alto e uniformi per tutto il territorio nazionale.

Questa quota del 10% si tradurrà inevitabilmente in un pesante intervento statale, che come per ogni misura burocratica avrà come prima conseguenza l’aumento di costi aggiuntivi stimati a 120 milioni di franchi all’anno. Siccome ogni intervento pubblico deve essere finanziato, il conto verrà ovviamente presentato alla classe media.

Effetti negativi sull’economia e sui risanamenti energetici

Fabio Regazzi a mezzo busto
Avvocato e notaio, Fabio Regazzi ha ceduto il suo studio legale nel 2000 per prendere le redini dell’azienda di famiglia. L’imprenditore 57enne presiede l’Associazione delle Industrie Ticinesi, è membro del comitato direttivo dell’Unione svizzera degli imprenditori ed è attualmente candidato alla presidenza dell’Unione svizzera delle arti e mestieri. Il popolare democratico siede in Consiglio nazionale dal 2011. Fermo oppositore dell’iniziativa popolare “Più abitazioni a prezzi accessibili”, è copresidente del comitato che la combatte. Keystone / Gaetan Bally

Ma vi è di più: l’iniziativa introduce il diritto di prelazione automaticamente concesso a Cantoni e Comuni in caso di vendita di fondi appartenenti alla Confederazione o ad aziende a lei vicina, una misura avulsa dalla nostra realtà economica. Fosse già in vigore, avrebbe ad esempio pesantemente condizionato la riqualifica del sedime su cui sorgono le Officine di Bellinzona, imponendo quote e contenuti abitativi a basso reddito, anziché progetti di riqualifica che rispondono alle esigenze della popolazione ma anche dell’economia.

Infine, dal punto di vista ambientale, l’iniziativa disincentiva i risanamenti energetici delle abitazioni. Le ristrutturazioni sono uno strumento importante per adeguare gli edifici a nuovi standard e risparmiare energia. Importanti alla base della decisione di ristrutturazione sono pertanto i costi di investimento raffrontati ai potenziali risparmi e alle sovvenzioni pubbliche previsti in caso di ristrutturazioni volte ad aumentare il risparmio energetico.

Una ristrutturazione di questo tipo è esosa. Il divieto imposto dall’iniziativa di aumentare gli affitti dopo la ristrutturazione ha quindi l’effetto, in singoli casi, o di effettuare ristrutturazioni meno efficienti per l’ambiente, o che i proprietari rinuncino a sovvenzioni e ribaltino interamente i costi di ristrutturazione sugli inquilini.

L’alternativa del controprogetto indiretto

Il Consiglio federale e le Camere federali raccomandano quindi a Popolo e Cantoni di respingere l’iniziativa popolare federale “Più abitazioni a prezzi accessibili”. È previsto un controprogetto indiretto, che si applicherebbe solo se l’iniziativa venisse respinta. Quest’ultimo stanzia ulteriori 250 milioni di franchi da spalmarsi sui prossimi 10 anni, per incentivare la costruzione di alloggi di utilità pubblica senza introdurre soglie minime, ma rispondendo a domande e a decisioni basate sulla reale necessità.

Per tutti questi motivi vi invito a votare NO a quest’iniziativa dirigista, costosa e poco mirata alle esigenze della popolazione il prossimo 9 febbraio.

Le opinioni espresse in questo articolo sono quelle dell’autore. Non si tratta di una presa di posizione di swissinfo.ch.​​​​

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